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venerdì 13 gennaio 2012





Documento unitario contro la Fiat. E ora il contratto nazionale



Si è concluso senza rotture il direttivo nazionale della Cgil che ieri ha discusso il caso Fiat. Il documento finale è stato votato da tutti, con la sola opposizione di Giorgio Cremaschi e di altri due dirigenti. Come si era capito alla vigilia del direttivo, non sono state messe in campo le ipotesi più oltransiste che chiedevano un giudizio negativo sulla battaglia della Fiom in difesa dei diritti e della dignità dei lavoratori della multinazionale, ormai più americana che italiana. Nessuna sconfitta della Fiom, dunque, e nessuna richiesta formalizzata di aggiungere la firma di Landini - o magari della Camusso - al contratto aziendale modello Pomigliano esteso a tutti i dipendenti del gruppo. Al contrario, una battaglia che continua per la riconquista del contratto nazionale, cancellato da un accordo separato, e per il ripristino della democrazia nelle fabbriche: diritto di voto dei lavoratori, certificazione delle rappresentanze e fine delle discriminazioni ai danni della Fiom, il sindacato più rappresentativo a cui è negata l'agibilità sindacale e i cui militanti vengono esclusi dalle assunzioni alla «nuova» società nata a Pomigliano.
È un risultato che la Fiom porta all'incasso ed è la testimonianza del fatto che la maggioranza congressuale della Cgil non è stata ridotta al pensiero unico. Ci sono categorie e importanti regionali e camere del lavoro che non avrebbero votato a favore di un documento che avesse deciso il «commissariamento» di fatto dei metalmeccanici. Ciò detto, le differenze di analisi e di strategia restano tutte in campo: sul rapporto con Cisl e Uil da un lato, sul rapporto con la Confindustria dall'altro. Differenze presenti anche nei toni con cui si critica la politica del governo Monti. Per esempio, nel corso del direttivo non è stata accettata la proposta della minoranza («La Cgil che vogliamo») di votare un documento che chiedesse il ritiro della bozza sulle liberalizzazioni, in cui si sfonda la diga dell'art. 8 e si tenta di cancellare l'esito del referendum sull'acqua. Secondo la minoranza Cgil e la Fiom che ne è parte, non avrebbe senso andare a un confronto con il governo su quelle basi.
Un'altra differenza che resta e pesa riguarda l'accordo unitario del 28 giugno che secondo la Cgil rappresenta un argine all'attacco contro i contro i contratti nazionali e una ripresa del confronto unitario con Cisl e Uil. Per la minoranza, al contrario, è lo strumento con cui si è aperta la strada alla deroga ai contratti nazionali e, al tempo stesso, non ha interrotto la prassi degli accordi separati che si sono invece moltiplicati, da Fiat a Fincantieri.
Il documento votato dal direttivo assume la richiesta dei lavoratori Fiat di indire un referendum abrogativo del contratto (aziendale) che cancella il contratto (nazionale) e su cui sono state raccolte migliaia di firme tra i dipendenti. Marchionne però fa già sapere che di voti non vuole più saperne. Gli unici referendum accettabili sono quelli truccati decisi da lui.

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