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lunedì 18 aprile 2011

 La Fiom-Cgil ricorre contro l'uso delle newco Fiat
per superare il contratto nazionale e
contro l'antisindacalità dei comportamenti dell'azienda

Oggi la Fiom-Cgil nazionale ha depositato presso il Tribunale di Torino un ricorso per chiedere
che venga accertata la nullità e l'antisindacalità del comportamento della Fiat nella costituzione
della nuova  società (newco) Fabbrica Italia Pomigliano e dei suoi effetti sulle lavoratrici e i
lavoratori.
 

Il ricorso chiede
•  che sia accertata la nullità per violazione o frode del disposto dell’art. 2112 del codice civile 
delle intese contrattuali tra le Società in occasione del trasferimento di azienda e attività
produttiva, tra la Fiat group automobiles spa e la Fabbrica italiana Pomigliano spa;
 
•  che sia dichiarata la illegittima interruzione dei rapporti di lavoro dei dipendenti della prima
Società occupati presso lo stabilimento “Giambattista Vico” di Pomigliano, con conseguente
cessazione dell’applicabilità in loro favore della disciplina contrattuale collettiva in essere,
nonché l’accensione ex novo di rapporto lavorativo con la seconda società, non aderente a
Federmeccanica, firmataria di accordo sindacale del 7 febbraio 2011, non sottoscritto dalla
Fiom.
 
Dato   che   per   i   lavoratori   iscritti   alla   Fiom-Cgil   coinvolti   nella   vicenda   traslativa,  
l’illegittima  risoluzione dei rapporti comporta la cessazione di efficacia del Ccnl tuttora vigente, 
nonché dell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 (e dell'Accordo nazionale di 
categoria del 2 febbraio 1994  in merito alla costituzione delle Rsu) e, conseguentemente, 
per la Fiom-Cgil, ai sensi dello Statuto dei lavoratori, la perdita, all’interno dell’unità produttiva 
trasferita, non solo della possibilità di concorrere alla elezione della Rsu, ma anche quella di 
nominare le Rsa;
 
Il ricorso chiede anche
• che sia accertata la consumazione, da parte della Fiat, di un comportamento antisindacale
nei confronti della Fiom-Cgil, e che la Fiat sia condannata a cessare tale comportamento e a
rimuoverne gli effetti, con l’ordine di dare applicazione nello stabilimento a tutti i contratti e
accordi collettivi già vigenti e applicati in epoca precedente al trasferimento d'azienda.
 
La  Fiom-Cgil si era  presa l'impegno  con le  lavoratrici  e i  lavoratori,  da Pomigliano  
a Mirafiori, di ricorrere contro i comportamenti di Fiat anche nelle sedi di giustizia
per ristabilire il valore dei contratti nazionali, che non possono essere messi in discussione 
azienda per azienda, mettendo le lavoratrici e i lavoratori di ogni impresa gli uni contro gli altri, 
con la minaccia della soppressione dei posti di lavoro, scaricando sui lavoratori decisioni 
d'investimento che non appartengono loro. E ristabilendo, in questo modo, anche il rispetto 
delle leggi e delle libertà sindacali per tutti i lavoratori e tutti i sindacati.
L'azione legale è per noi integrativa e a sostegno dell’azione sindacale, mai sostitutiva della
stessa,   ed   è   per   questo   che   in   ogni   trattativa   del   gruppo   Fiat   abbiamo   
partecipato e parteciperemo con proposte e azioni tese a trovare possibili accordi – rispettosi 
del Contratto nazionale e delle normative di legge – e soluzioni nell’interesse delle lavoratrici, 
dei lavoratori e del paese.
Con questa azione legale respingiamo qualunque tentativo di esclusione della Fiom-Cgil, dei
suoi rappresentanti e delle tante e tanti lavoratrici e lavoratori che ci sostengono.

Roma, 18 aprile 2011

 

Thyssen sentenza storica, morire in fabbrica non è solo un “incidente”


Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, ha rilasciato oggi la seguente dichiarazione.

 
La sentenza che condanna a pene detentive pesanti i vertici della Thyssen Krupp per il terribile incidente che è costato la vita a sette operai a Torino è una sentenza storica. Innanzitutto voglio sottolineare che se si è arrivati ad essa è stato per il modo in cui sono state fatte le indagini: gli inquirenti hanno indagato non solo la dinamica dell’incidente mortale ma tutto ciò che era stato fatto – o non fatto – per evitarlo. Questa è la novità che noi ci auguriamo faccia scuola per i magistrati. Dire che c’è una responsabilità dell’azienda e delle istituzioni nel modo in cui si tutela la salute dei lavoratori e delle lavoratrici indica che fin dalla progettazione degli impianti la tutela e la salute debbono costituire un punto di cui tener conto. Nella sentenza inoltre, per quel che ho potuto leggere, sarà necessario approfondire, si parla anche di un taglio dei finanziamenti pubblici alle imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza; questo secondo me significa affermare che ci deve essere una responsabilità sociale dell’impresa e che la tutela della salute debba essere un elemento costitutivo del funzionamento dell’impresa.
Noi, la Fiom, ci eravamo costituiti parte civile e abbiamo lavorato in questa direzione, abbiamo attivato in questi anni anche un piano straordinario sulla formazione dei rappresentanti sindacali sulla sicurezza. Perché è indubbio che il modello di sviluppo che si è andato affermando in questi anni ha puntato molto sullo sfruttamento delle persone, sulla riduzione del lavoro ad una merce che poteva essere sostituita in qualsiasi momento.
Abbiamo lavorato sulla sicurezza mentre il tentativo del ministro Sacconi è stato quello di ridurre le sanzioni solo al piano pecuniario e non penale. Se fosse stato per questo governo oggi noi sulla Thyssen avremmo avuto al massimo una multa, non una condanna dell’amministratore delegato a 16 anni e rotti di carcere. È indubbio che questo dimostra che se una legge viene davvero interpretata dai magistrati nella sua essenza questo può produrre dei cambiamenti oggettivi, perché voglio far notare che in questi anni non sono calati i morti sul lavoro. Pochi giorni fa è morto un altro lavoratore nell’impianto petrolchimico e se guardiamo i dati globali non siamo in presenza di una diminuzione delle morti sul lavoro. I lavoratori muoiono come prima, anzi, di più, perché è enormemente aumentata la cassa integrazione ma le morti restano le stesse.
L’importanza della sentenza è dunque grandissima, anche nel senso di rimettere la questione sotto i riflettori e nell’affermare la responsabilità delle imprese sfatando ciò che si cercava di far passare, e cioè che gli incidenti sul lavoro accadono per la disattenzione dei lavoratori.
 
FIOM-CGIL NAZIONALE

Roma, 16 aprile 2011
COMUNICATO STAMPA
ThyssenKrupp. Fiom: “La sentenza di Torino costituisce uno spartiacque: condannato per omicidio volontario con dolo eventuale l’Amministratore delegato di un’azienda”

 
La Segreteria nazionale della Fiom-Cgil ha diffuso oggi il seguente comunicato.

 
“La sentenza della Corte d’appello del Tribunale di Torino, che ha condannato tutti gli imputati nel processo ai dirigenti della ThyssenKrupp, è un atto di giustizia non solo nei confronti dei sette lavoratori morti nel dicembre del 2007, ma anche nei confronti di tutti i lavoratori uccisi sul lavoro.”
“Si tratta di una sentenza spartiacque perché, per la prima volta, viene riconosciuto colpevole di omicidio volontario, con dolo eventuale, l’Amministratore delegato, e con lui tutti gli altri dirigenti, per la decisione di far ripartire la produzione in uno stabilimento ove le norme di sicurezza non erano di fatto esistenti e garantite.”
“La sentenza afferma che ci deve essere una responsabilità sociale delle imprese e che la vita, la salute e la sicurezza dei lavoratori sono un obbligo non derogabile anche a fronte di necessità e urgenze produttive.”
“Quella di Torino è una sentenza che potrà servire in tanti altri processi per omicidi sul lavoro, a cominciare dal processo nei confronti della Saras di Cagliari per la morte, due anni fa, di tre lavoratori metalmeccanici che erano impegnati nella manutenzione dell’impianto petrolchimico. Una tragedia a cui, purtroppo, si è aggiunta la morte di un altro lavoratore la scorsa settimana.”
“La Fiom auspicava questa sentenza e anche per questo ci siamo costituiti parte civile, come facciamo ogni qualvolta c’è un infortunio grave o l’omicidio di un lavoratore, perché pensiamo che solo così si possa rimettere in discussione quel modello produttivo che ha ridotto i lavoratori a merce e non più a persone con una testa e un corpo da difendere e da apprezzare.”
“Ci sembra grave e assurdo che ThyssenKrupp possa mettere in discussione la sua permanenza in Italia, quasi che gli investimenti nel nostro Paese siano possibili solo a condizione di non rispettare le norme e le leggi sulla salute e la sicurezza; norme che, peraltro, vengono rispettate in tutti i paesi europei, a partire dalla Germania.”
“La vera sfida va giocata sulla qualità dei processi e dei prodotti e sulla creazione di siti produttivi di eccellenza come quello ternano.”


 
Fiom-Cgil/Ufficio Stampa
 
Roma, 18 aprile 2011

Conferenza stampa di Maurizio Landini e Giorgio Airaudo. Roma, 16 aprile...