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venerdì 24 settembre 2010

Siemens:un accordo si aggira per l'Europa


Dino Greco
Ieri abbiamo dato grande e giustificato rilievo all'accordo stipulato dal sindacato tedesco, l'Ig Metal, con uno dei maggiori gruppi industriali al mondo, la Siemens AG, azienda che opera principalmente nei settori dell'automazione industriale, del trasporto ferroviario, dell'illuminazione, dell'energia, dell'informatica e dell'elettronica medicale. Un gruppo che vanta stabilimenti in 190 paesi del mondo, per oltre 400mila dipendenti e con un fatturato di quasi 80 miliardi di euro. L'accordo - come abbiamo spiegato sul giornale di ieri - prevede l'impossibilità di ricorrere a licenziamenti per riduzione di personale, in presenza di situazioni di crisi, senza che il sindacato conceda il suo nulla osta. Ecco dunque il primo punto di capitale importanza: la sovranità sull'occupazione, in Siemens, diventa materia condivisa, non più soggetta ad atti unilaterali dell'azienda, come quelli che nel 2008 la portarono a licenziare di botto 17mila lavoratori, più di 5mila in Germania.
Secondo punto: l'accordo è sì valido - ma non poteva essere altrimenti - per la sola Germania, ma è esteso anche alle "consociate", sicché i lavoratori che ne beneficeranno toccheranno il ragguardevole numero di 160mila. E' l'intero arcipelago del gruppo ad essere coinvolto. Le aziende controllate saranno tutte vincolate alla medesima normativa in materia di salvaguardia occupazionale. Ma cosa accadrà qualora una flessione produttiva, una crisi di mercato dovesse nuovamente generare eccedenze occupazionali, considerato che dopo i primi tre anni di sperimentazione, l'accordo non sarà più revocabile e varrà a tempo indeterminato, divenendo una sorta di cardine istituzionale delle relazioni industriali in quell'azienda?
Questo è il terzo punto di rilevanza strategica. Perchè l'intesa è molto chiara: si ricorrerà a soluzioni alternative alla risoluzione dei rapporti di lavoro, come la mobilità all'interno del gruppo e come la riduzione degli orari. Sì, proprio quell'intervento sul tempo di lavoro che padroni e governi nostrani hanno sempre osteggiato e tuttora considerano una sciagura, preferendo che il mondo del lavoro si divida fra un esercito di disoccupati involontari (scarsamente o per nulla assistiti) ed un'altra parte, ricattabile, impegnata per 60 ore settimanali.
L'accordo contempla poi un quarto impegno formale di Siemens, conseguenza diretta dei precedenti. Quello di non delocalizzare le produzioni all'estero: gli investimenti e gli insediamenti allocati dalla Siemens in terra straniera saranno dunque complementari e non sostitutivi rispetto a quelli operativi in Germania.