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lunedì 25 giugno 2012


La Fiom contro Ichino: "Non è con la libertà di licenziare che si aumenta l'occupazione"
Il Professor Ichino sa bene che con questa controriforma del Lavoro l’Italia si appresta a fare un salto indietro nel tempo per quanto riguarda i diritti dei lavoratori.
Negli anni in cui nella legislazione italiana si arrivò ad introdurre l’art. 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, nel parlamento i Deputati di allora si chiedevano per quale motivo per tanti anni non avevano dato alcuna risposta alla tutela della dignità umana, che anche la dottrina cattolica considerava principio e fondamento ontologico di ogni valore umano, in una visione dell’uomo che andava ricondotta a se stesso, liberandolo da ogni alienazione e sfruttamento.
In una fase drammatica quale quella che sta attraversando il paese ed i lavoratori, la riforma Fornero si propone invece di introdurre la libertà, di fatto, di licenziare anche senza giustificato motivo i lavoratori e riduce drasticamente fondamentali ammortizzatori sociali, come la mobilità, senza sostituirli con strumenti di pari livello per tutelare i lavoratori.
Sembra che il Professor Ichino racconti un mondo capovolto. Durante una drammatica crisi come si fa a pensare di poter favorire l’aumento dell’occupazione tagliando gli strumenti di sostegno al reddito e introducendo la libertà di licenziare?
Non è neanche vero che questa riforma ci allinea in materia di lavoro agli altri paesi in Europa.Sa bene il Professor Ichino che le tutele, i diritti, le retribuzioni e lo stato sociale che ha un lavoratore tedesco, ma anche francese, sono completamente più favorevoli rispetto a quelli di un lavoratore italiano.
Il problema oggi è aprire una seria discussione sulla politica industriale, su cosa e come si produce, sul come si tutelano le aziende in difficoltà, come si creano nuovi posti di lavoro e si aumenta il reddito di chi lavora, ma probabilmente è più facile continuare a raccontare, come da 20 anni a questa parte, che riducendo i diritti, introducendo flessibilità, precarietà e potendo liberamente licenziare chi lavora porta il paese al progresso.
Siamo aperti a qualsiasi confronto di merito sulla materia, nel frattempo sarebbe bene che i parlamentari si fermassero e non si assumessero la responsabilità storica di equiparare di nuovo il lavoro a una merce, perché questo segnerebbe una regressione sociale e un decadimento dell’intero paese.