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giovedì 12 agosto 2010


La RSU FIOM CNH 
  Augura BUONE FERIE a tutti i lavoratori dello stab. di Jesi

Le pubblicazioni riprenderanno il 23 agosto

Il repellente servilismo filopadronale di Raffaele Bonanni

 La decisione con la quale il giudice del lavoro di Melfi ha reintegrato i tre lavoratori che la Fiat aveva cacciato per avere organizzato uno sciopero è un atto di giustizia di grande rilevanza per almeno due ragioni. In primo luogo perché spazza via l’equazione infamante in base alla quale Marchionne - col sostegno attivo di Emma Marcegaglia e Maurizio Sacconi, vale a dire della Confindustria e del Governo - ha cercato di assimilare una lotta sindacale ad un atto di sabotaggio. Non sarà sfuggito il sincronismo con cui la Fiat - che non fa mai nulla a caso - aveva assunto analoghi provvedimenti a carico di lavoratori di Termoli e di Mirafiori, nell’intento di scoraggiare sul nascere qualsiasi manifestazione di dissenso in qualsivoglia forma espressa. C’è ora da augurarsi che anche gli altri ricorsi presentati dalla Fiom siano premiati da analogo successo e che la martellante azione antisindacale scatenata dall’azienda di corso Marconi continui a trovare un contrasto efficace, almeno nelle sentenze che la magistratura pronuncia nel nome del popolo italiano, visto che non è concesso riporre speranze in un’opposizione parlamentare sino a ieri sedotta dai giochi di prestigio dell’amministratore delegato della Fiat.
Il secondo motivo di soddisfazione riguarda il fatto che lo statuto dei lavoratori, la più importante delle leggi sul lavoro, una delle poche sopravvissute alla devastante controriforma politica di questi anni, continua a produrre la sua efficacia e corrobora gli sforzi impegnati dai lavoratori per impedirne la manomissione ed estenderne il campo d’applicazione.
Chi invece mastica amaro per l’esito giudiziario di questa vicenda è Raffaele Bonanni, il quale va spiegando ai quattro venti che sì, la Fiat ha forse sbagliato, ma soltanto perché ha voluto replicare con eccesso di zelo all’estremismo conflittuale della Fiom, vera responsabile del clima che sta avvelenando i rapporti sociali in Italia. Dunque, secondo questo sedicente sindacalista, i lavoratori che a Melfi scioperarono - si badi, unitariamente - per contrastare l’intensificazione unilaterale dei ritmi di lavoro imposta dall’azienda mentre altri lavoratori della medesima erano collocati in cassa integrazione, stavano compiendo un gesto estremistico, causa vera e sostanziale della reazione un po’ esagerata, ma in fondo comprensibile, del padrone. Ecco una manifestazione di repellente servilismo che i lavoratori, anche quelli iscritti alla Cisl, sapranno ben valutare.

UNA BOCCATA D'OSSIGENO

Loris Campetti
 Il comportamento della Fiat di Sergio Marchionne è antisindacale. A dirlo non è più soltanto la Fiom, con noi del manifesto e pochi altri nello scenario politico e, ahinoi, sindacale italiano, ottenebrato dalla subalternità a un'idea del progresso e del mercato che per farsi strada ha bisogno di cancellare leggi, diritti e Costituzione. Il giudice del lavoro di Potenza ha annullato i tre licenziamenti fatti dalla Fiat a Melfi, condannando l'azienda per il suo comportamento antisindacale nei confronti della Fiom e ordinando l'immediato reintegro di un operaio e due delegati. È una vittoria di straordinaria importanza per i lavoratori e per la Fiom che ha intentato causa, ma è anche una boccata d'ossigeno per la nostra sanguinante democrazia perché ribadisce che in Italia il diritto di sciopero è tutelato per legge, e condanna chi tenta di impedirlo con il ricatto e la repressione. È una sentenza tanto più importante in quanto alla prepotenza della Fiat, che pretende di dettare ordini a operai, sindacati e Confindustria, si affianca un'azione governativa tesa a demolire la Costituzione formale e quella materiale del paese.
I tre operai erano accusati dagli uomini di Marchionne di aver bloccato un carrello automatizzato nel corso di uno sciopero, impedendo così ad altri operai più «virtuosi» di lavorare. Sono volate parole grosse, fino all'accusa insensata di sabotaggio della produzione fatta propria da qualche solerte ministro, dalla cupola di Confindustria e persino da dirigenti sindacali di massimo livello. Ora costoro dovrebbero chiedere scusa agli operai reintegrati dal giudice.
O forse accuseranno quel giudice di essere un comunista, o un sabotatore? Siamo al paradosso che a essere considerati illegali non sono coloro che violano le leggi, ma chi ne pretende il rispetto. Chi non accetta lo scambio tra diritti e lavoro e per questo sciopera è vilipeso dai vertici della Fim e della Uilm, persino nel commento alla sentenza di ieri, di essere almeno corresponsabile della Fiat, in base alla teoria degli opposti estremismi. Infine c'è chi, persino nello schieramento democratico, condanna il ricorso alla magistratura per conflitti sul lavoro e teorizza, in sintonia con il governo, l'esclusività del confronto tra le parti senza impicci e terzi incomodi. Cioè senza leggi e giudici tra i piedi. Dovremmo chiederci cosa ne è, oggi, delle forze democratiche se l'unica tutela dei lavoratori dev'essere cercata in magistratura. Melfi oggi è in festa, per la seconda volta. La prima vittoria contro la prepotenza padronale gli operai lucani - e la solita Fiom «estremista» - l'avevano conquistata sul campo qualche anno fa con una lotta durata 21 giorni. La seconda è arrivata dalla legge e dalla Costituzione. Teniamoci cara l'una e l'altra, e teniamoci cari gli operai.