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martedì 27 novembre 2012

POMIGLIANO NON ERA UNA ECCEZIONE


L'ennesimo Accordo separato sulla Produttività (la Cgil ha detto No) frmato dalla Cisl e dalla Uil conferma l'attacco fnale al contratto nazionale e l'estensione del modello Marchionne all'intero mondo del lavoro. Mediante l'utilizzo delle deroghe e del ricatto occupazionale sarà infatti possibile in sede aziendale elargire meno salario, aumentare a propria discrezione l'orario di lavoro, demansionare le qualifche e utilizzare la videosorveglianza. Tramonta così l'idea solidaristica del contratto nazionale dove tutti i lavoratori di una stessa categoria dovevano avere lo stesso salario e le stesse condizioni contrattuali. Così dicono si creeranno tanti posti di lavoro. La verità è che tutto questo serve solo a dividere i lavoratori e a renderli più deboli contrattualmente.

A smantellare i diritti sono oramai da anni sempre gli stessi. La Confndustria che segue la via tracciata da Marchionne, il governo Monti che toglie ai poveri per dare ai ricchi; e come sempre la Cisl e la Uil. Quelli del “pomigliano è un eccezione”, gli stessi che a forza di accordi separati hanno azzerato 40 anni di conquiste operaie, oltre ad essersi resi complici di un vero e proprio disegno autoritario, che esclude sistematicamente da ogni loro scelta coloro che dovrebbero rappresentare: le lavoratrici e i lavoratori.

È la stessa idea che porta Fim e Uilm proprio in questi giorni a discutere con Fiat del rinnovo contrattuale, senza che nessun lavoratore ne sappia nulla, senza aver ricevuto alcun mandato, e in modo tale da negare a chi lavora di votare gli accordi che li riguardano. L'unica cosa che sappiamo è che l' Azienda ha già dichiarato che non intende elargire un solo euro ai lavoratori. Privati del contratto nazionale e senza Premio di Risultato, ci chiediamo come nei prossimi anni possano aumentare le buste paga dei lavoratori della FIAT. Questa è la domanda che dovremmo tutti rivolgere alla nostra RSA aziendalista. Perchè fno ad oggi la svendita dei nostri diritti fatta dalla Fim e dalla Uilm, l'unica cosa che ha fatto aumentare in Fiat, è la Cassa Integrazione per i lavoratori e i dividendi per gli azionisti.

La Rsu della FIOM CGIL chiede alla RSA di stabilimento di indire assemblee retribuite in merito al CCSL FIAT e al Patto sulla Produttività che hanno da poco sottoscritto. Tra l'altro manca solo un mese alla fne dell'anno e i lavoratori non hanno nessuna intenzione di regalare alla Fiat le ore di Assemblea rimaste.

L'attacco al contratto nazionale prefgura così meno diritti e meno salario per tutti, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la rappresaglia su chi non è d'accordo. Per questo la Fiom il giorno 5 Dicembre prossimo ha proclamato 8 ore di sciopero generale con manifestazioni a carattere regionale in tutto il Paese per difendere la democrazia, i diritti, il salario, l'occupazione e per chiedere un nuovo modello di sviluppo.

Quel giorno nel primo mattino effettueremo un presidio ai cancelli della fabbrica a cui vi chiediamo di partecipare numerosi, così poi da andare tutti insieme alla manifestazione regionale ad Ancona dove uno dei nostri delegati interverrà dal palco.

p.s. Oltre a ringraziare gli oltre 400 lavoratori Fiat che hanno frmato ai cancelli per i referendum sul lavoro, invitiamo chi non lo avesse ancora fatto, a farlo nel prossimo banchetto che sistemeremo la prossima settimana prima dello sciopero.

Jesi, 27 Novembre 2012 La Rsu della Fiom Cgil

giovedì 22 novembre 2012

PRODUTTIVITA': UN IMBROGLIO REAZIONARIO


Giorgio Cremaschi
Il patto sulla produttività rappresenta un concentrato delle ideologie reazionarie e della programmata iniquità che è alla base della agenda Monti.
La tesi di fondo che l'ispira è un brutale imbroglio di classe.
La produttività italiana ha toccato il massimo negli anni 70, quando il potere dei lavoratori nelle imprese e nel mercato del lavoro era al massimo. Da allora è sempre declinata, fino a crollare quando il sistema economico è stato strangolato dai vincoli dell'euro e del liberismo europeo.
In tutti questi anni il salario ha solo perso posizioni, sia rispetto ai profitti sia nel confronto con gli altri paesi Ocse. Un operaio italiano in un anno lavora due mesi in più del suo equivalente tedesco, eppure la produttività della Germania è ai vertici.
Allora perché in Italia si fa un accordo che chiede a chi lavora ancora più orario in cambio di ancor meno salario? (...)
Per la stessa ragione per la quale Monti vanta oggi il più feroce sistema pensionistico europeo, la massima flessibilità del lavoro i più brutali tagli alla scuola pubblica e allo stato sociale, e allo stesso tempo proclama che questo è solo l'inizio e pretende che i suoi successori di centrosinistra continuino sulla stessa strada.
Perché c'é un metodo in questa follia. Se l'Italia deve sottostare ai drastici vincoli dei patti di stabilità europea, delle banche e della finanza, della moneta unica, dei governi conservatori, se il sistema delle imprese vuole incrementare i margini di profitto nonostante la crisi, allora è chiaro che l'unica leva che rimane , l'unica reale flessibilità è quella che viene dal supersfruttamento del lavoro.
Il patto sulla produttività estende ovunque il sistema Marchionne: i pochi che ancora lavorano devono accettare di farlo ai prezzi del mercato globale, altro che contratti e diritti.
Tutto questo non ha nulla a che fare con la difesa dell'occupazione ma solo con quella dei profitti. Anzi la disoccupazione di massa è indispensabile per costringere i lavoratori a piegarsi al supersfruttamento . La disoccupazione deve restare e crescere, altrimenti il modello non funziona.
A tale fine il governo mette a disposizione la riduzione delle tasse solo per il salario flessibile. Mentre alla maggioranza dei lavoratori viene calata la paga, una minoranza può mantenere il potere d'acquisto se lavora di più in una azienda che va bene, e solo questa minoranza avrà meno tasse sulla busta paga. Questo mentre non si trovano più i fondi per la cassa integrazione o per l'indennità di disoccupazione.
Questo non è solo un accordo sindacale è un progetto di selezione sociale. Ed è la vera risposta alla crisi di Monti e degli interessi di classe che rappresenta. Interessi che impongono una svalutazione sociale del lavoro sempre più brutale, visto che quella che dura da trent'anni non è stata sufficiente.
Questo modello sociale reazionario si appoggia su un sistema corporativo di caste e interessi burocratici organizzati. Tutto il sistema delle imprese, comprese naturalmente le cooperative e le piccole aziende strettamente legate a partito democratico, ha sottoscritto con entusiasmo il testo. Tra i sindacati, i firmatari sono tutti coloro che hanno già sottoscritto le stesse condizioni alla Fiat, ricevendone in cambio la facoltà di sopravvivere protetti dal padrone.
La Cgil finora non ha aderito all'accordo, ma annaspando in un mare di contraddizioni e incertezze.
Il patto sulla produttività è in pochi anni il terzo accordo interconfederale che devasta il contratto nazionale e tutto il potere di contrattazione del lavoro. Il primo nel gennaio 2009 non è stato sottoscritto dalla Cgil. Il secondo, in pura continuità con il precedente, il 28 giugno del 2011 è invece stato firmato dalla stessa Cgil, che anzi con la Fiom oggi ne rivendica la piena applicazione. Ora il patto sulla produttività scioglie ai danni dei lavoratori alcune formule ambigue dell'accordo precedente, demolendo definitivamente il contratto nazionale.
Ma firmare una volta sì e una no  non costruisce un'alternativa al cedimento, a maggior ragione poi quando i principali contratti nazionali  già dispensano un'orgia di flessibilità e solo nei metalmeccanici la contrattazione è separata.
Il no della Cgil è dunque di fronte al solito bivio ove da tempo si dividono tutte le posizioni critiche verso il liberismo. Si fa sul serio, oppure si testimonia il dissenso e poi ci si adatta alle nuove schiavitù ricercando il male minore?
Il bivio dei contratti è lo stesso della politica.
Il centrosinistra ha già deciso di far finta di superare Monti, mentre sottoscrive tutte gli impegni assunti dall'attuale governo. La Cgil seguirà la stessa strada, cedendo con adeguata fermezza alla cancellazione di ogni solidarietà contrattuale tra i lavoratori?
Se non si vuole seguire un copione già recitato tante volte, non basta non firmare l'accordo. Se non si è d'accordo con il patto sulla produttività, bisogna combatterlo, disobbedire alle sue regole, scontrarsi con chi invece le accetta.
O si sta, anche solo passivamente, con Monti, la sua politica , i suoi accordi, o si sta contro di essi e contro chi li sostiene, in mezzo ci sono solo impotenza e ipocrisia.


domenica 18 novembre 2012

RESISTERE


giovedì 15 novembre 2012

martedì 13 novembre 2012


“IN ITALIA E IN EUROPA CONTRO
MONTI E LA TROIKA
CONTRATTO DIRITTI DEMOCRAZIA
MAI DOMI RESISTENZA STORICA”

Nello sciopero di 4 ore proclamato dalla Cgil mercoledì prossimo la Fiom starà all'interno della manifestazione con le sue parole d'ordine (dietro un mega striscione che porterà le parole sopra) per esprimere il nostro No a politiche europee che utilizzano la crisi per smantellare i diritti dei lavoratori (art.18) e lo stato sociale (pensioni), e che scaricano tutti i costi della crisi sui più deboli per salvare invece finanza e banche. Quando dentro le fabbriche come allo stesso modo nella società, non sono più gli uomini e le donne a contare, ma gli spread e i profitti degli azionisti, significa che ad essere messa in discussione è la stessa democrazia oltre che la condizione di vita di milioni di persone.
L'altro elemento importante è che pur nelle differenze è stato possibile per la prima volta riunifcare in questa giornata di lotta importantissima le ragioni delle lavoratrici, dei lavoratori e dei cittadini di tutta Europa; di quella Europa che pensa che è ora di cambiare, e di mettere in campo un'alternativa a chi alle nostre vite preferisce i cambi delle Borse.
          
MERCOLEDI' 14 NOVEMBRE 2012
SCIOPERO DI 4 ORE

Alle ore 9.00 davanti allo stabilimento avremo un pullman che ci porterà alla manifestazione in Ancona. Invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del nostro stabilimento a partecipare numerosi.

Lo sciopero sarà nelle ultime 4 ore di ogni turno lavorativo ad eccezione del turno centrale che sciopererà dalle 9 alle 12.30 e dalle 15.45 alle 16.15 (per quelli che hanno la mensa alle ore 13, lo sciopero sarà dalle 9 alle 13)



Jesi, 13 Novembre 2012                  La Rsu della Fiom Cgil

martedì 6 novembre 2012

LA RETROMARCIA


COMUNICATO SINDACALE

A proposito delle scelte fatte dall’Azienda riguardo la gestione di un’officina,
notiamo che il Responsabile di produzione di quest’ultima manifesta poca
gratificazione verso le Maestranze e ha comportamenti da despota.

Secondo uno studio autorevole dell’Università di Stoccolma, tali comportamenti
portano ai Dipendenti ripercussioni sulla produttività, qualità e salute, soprattutto
se a comportarsi così è una persona non idonea a dirigere   il futuro del nostro
Stabilimento.

Affermiamo tutto ciò perché abbiamo la prova provata dei suoi comportamenti:

Alza la voce a sproposito o di proposito contro tutti, attribuisce ad un altro primo
livello le colpe dei suoi fallimenti, pur di fare i numeri affida macchine di piccola
revisione appaltandole a caro prezzo a ditte esterne.

Le macchine si mandano in grossa revisione solo quando hanno almeno quattro
ore di rilavorazione  e  ci  domandiamo  perché non si formino più persone
qualificate per le attività di recupero e l’assemblaggio lungo le Linee così che si
aumenti la qualità del prodotto finale.

La qualità, ovviamente si fa in Linea, se si spostano le persone delle linee alla
revisione non tenendo conto del loro fabbisogno si abbassa lo standard
qualitativo in modo irreversibile!!!

Infine ricordiamo a lui e ai suoi “compagni di merende” che le operazioni che
sono previste a ciclo non possono essere affidate alle ditte esterne… ci troviamo
con un’altra fabbrica all’interno dello Stabilimento!

Chiediamo a gran voce che questa persona si faccia da parte per il bene
dello Stabilimento, essendo responsabile del prodotto finale !!!

Jesi, 30/10/2012                                                                        la RSA Fim-Uilm

LA RETROMARCIA!
Questo comunicato è stato messo e tolto nel giro di poche ore dalla Fim e dalla Uilm. L’Azienda non avrebbe gradito quanto diceva ! Come sempre, siamo alle comiche ! E pensare, che per una volta avevano scritto qualcosa di sensato !

Jesi, 6 Novembre 2012                                     La Rsu della Fiom Cgil

lunedì 5 novembre 2012

FIRMA PER I REFERENDUM - BANCHETTI DAVANTI ALLA FABBRICA


7 e 8 Novembre davanti la fabbrica
Informiamo le lavoratrici e i lavoratori della Cnh Jesi che i delegati della FIOM- CGIL nei giorni di mercoledì e giovedì prossimi, saranno davanti ai cancelli per raccogliere le frme necessarie per i referendum abrogativi in merito all' articolo 8 del decreto legge 138/2011: quello che priva i lavoratori del contratto nazionale e attraverso il ricatto dà la possibilità alle imprese di poter derogare su tutto mangiando salario e diritti.
Il secondo quesito riguarda invece le modifche apportate all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300 del 1970) che con quattro soldi permette alle Aziende di poter licenziare come meglio credono. Il governo Monti ha infatti cancellato la norma che imponeva il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa o senza giustifcato motivo, a fronte di una sentenza del giudice favorevole al lavoratore stesso.

Insomma i provvedimenti del governo Berlusconi come quello di Monti poi, cancellano 40 anni di conquiste e diritti fondamentali per le lavoratrici e i lavoratori italiani.

L'articolo 8 assieme alla manomissione dell'art.18 prefgura rapporti sociali e sindacali autoritari dentro e fuori i luoghi di lavoro, oltre a non aver nulla a che fare con il rilancio dell'economia italiana. Senza diritti e senza lavoro, quello che rimane è soltanto la vergognosa rappresaglia che la Fiat ha messo in campo questi giorni a Pomigliano, o il ricorso ai licenziamenti individuali senza giusta causa. Sono già decine infatti i casi di licenziamento fra Asti, Torino e Ancona.

La Fiom-Cgil pensa che la raccolta di firme in difesa del mondo del lavoro sia importante non solo per non accettare la cancellazione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche per rilanciare il lavoro, con e per la democrazia, unifcando le forze per lo stesso scopo comune: IL LAVORO E I DIRITTI.

E’ per questo che la R.s.u Fiom-Cgil Cnh di Jesi sarà presente per la raccolta firme con banchetti di fronte ai cancelli Cnh di Jesi nei giorni:

7 e 8 novembre,dalle 11.30 alle 17.30
NON FAR MANCARE IL TUO APPOGGIO!

Jesi,06/11/2012                                          La RSU Fiom-Cgil Cnh

sabato 3 novembre 2012

IL VERO VOLTO DELLA FIAT


Fiat di Pomigliano, il ricatto di Marchionne. Petizione anti Fiom voluta dall’azienda

I lavoratori dello stabilimento campano raccontano la strategia dell'azienda per emarginare i 145 reintegrati. "Io, non iscritto al sindacato, sarei il lavoratore modello. Ma ora basta, è terrorismo psicologico"

Fiat di Pomigliano, il ricatto di Marchionne. Petizione anti Fiom voluta dall’azienda
Li incontriamo in una mattina resa tranquilla dal ponte dei morti. Pomigliano è in fibrillazione intorno al cimitero, c’è traffico, anche in città, ma meno del solito. L’auto della polizia locale incrociata in centro è lo specchio delle contraddizioni italiane: una bella Audi A3, 2000 Tdi, niente a che vedere con la produzione Fiat. Poco più avanti, nel deposito del Comune si infila anche una Smart, con tanto di insegna sulla fiancata. La Fiat non abita qui.

video di Andrea Postiglione
GLI OPERAI si siedono e cominciano a parlare. Parlano di getto: “Io dovrei essere l’operaio modello di Marchionne – spiega Filippo – nessun iscrizione al sindacato, ho sempre lavorato tranquillamente, ma con quello che succede ora non si può scherzare”. Quello “che succede” è la petizione circolata in fabbrica la scorsa settimana e con la quale gli operai si dicevano preoccupati per il fatto che le 145 assunzioni ordinate dal Tribunale per sanare la discriminazione contro la Fiom potessero minacciare chi il posto ce l’ha. Un’iniziativa vissuta come una nuova guerra tra poveri. “Il team leader, il capo squadra mi ha detto ‘Firma, fai presto che ho da fare’, senza nemmeno farmi leggere. Ho firmato. Ma quando ho chiesto spiegazioni mi ha detto che mi avrebbe potuto cancellare e mettermi nella lista di quelli là”. Quelli là sono gli altri,quelli che non sono solidali con l’azienda, gli amici della Fiom. Sergio è più esplicito: “Il motivo per cui siamo qua è che abbiamo visto uno schifo”. La petizione è stata “fatta dall’azienda ma presentata come ispirata dagli operai”. Sergio racconta: “Un sindacalista mi ha spiegato tutto. All’inizio della settimana il direttore ha convocato i sindacati dicendo che occorreva fare qualcosa sulla vicenda delle riassunzioni”. A quel punto, spiega, si sono attivati “i capi, i team leader e i sindacati, in particolare la Fim Cisl: giovedì e venerdì scorsi alle 6 di mattina c’erano già dei sindacalisti in fabbrica, di solito arrivano alle otto, e facevano girare la petizione”.
“A me – continua Sergio – è stato detto chiaramente: ti consiglio di firmarla perché se non la firmi ti mettono in mobilità forzata. Ma io la penna non l’ho presa in mano”. E non ha paura? “Certo che ho paura di finire tra i 19 da sacrificare. Ma io faccio il mio lavoro e voglio essere giudicato solo per quello. Pensavo saremmo stati in pochi a firmare , e invece siamo arrivati a 600”. L’azienda, sentita dal Fatto, afferma di “non voler rispondere a dichiarazioni anonime”. Su richiesta di un commento, però, è secca: niente a che vedere con la petizione. La Fim è più sfumata, invita a non strumentalizzare la vicenda, parla di 1900 firme arrivate presso la sede nazionale e invita a riflettere su iniziative del genere.
Nel racconto c’è anche il clima dentro la fabbrica dove la vita non è facile, soprattutto dopo i ritmi imposti dal piano Fabbrica Italia. Le pause, soprattutto, sono una bestia nera, tre da 10 minuti in otto ore di lavoro: “Non c’è il tempo di parlare con il collega vicino, di bere da una bottiglietta dietro alla postazione, se siamo raffreddati non c’è tempo di prendere un fazzoletto dalla tasca. Abbiamo un minuto per fare una macchina: un minuto per fare l’operazione e subito dietro spunta l’altra macchina”. L’azienda si è mangiata il tempo: “Prima avevamo 30-40 secondi per tirare il fiato tra una macchina e l’altra”. Ora non ci sono più. “Quando ho firmato il contratto, spiega Sergio, il direttore mi ha detto che sono state tolte le sedie e i tavolini perché, tanto, con il nuovo sistema di lavoro non c’è bisogno di sedervi”. “Mi ha colpito la scena – aggiunge Filippo – di vedere alcune donne andare in bagno con in mano cracker, panini e frutta, per non perdere tempo”.
Accanto agli operai della Fip ci sono anche quelli in cassa integrazione, ancora dipendenti di Fiat group automobiles (Fga). Sono 2276 e aspettano. Con poca fiducia. “Io vivo con 760-780 euro di assegno di cassa integrazione – spiega Andrea – e meno male che mia moglie lavora”. Però ora deve sospendere il mutuo da 700 euro e le bollette si accumulano sul tavolo. Lui ha sempre votato Ds e poi Pd, “ma ora non voterò, la politica deve schierarsi”. Ma Marchionne dice che ha evitato il massacro sociale, che rispondete? “Che quando arriviamo a luglio 2013 e finisce la Cassa integrazione – dice Giacomo, assunto dal 2001 ma fuori dalla fabbrica – noi andremo tutti in mezzo a una strada, in mobilità.
A Marchionne domando: può confermare che nel 2013 noi saremo felici e contenti andando a lavorare e non ci troviamo invece a casa?”.
da Il Fatto Quotidiano del 3 novembre

giovedì 1 novembre 2012


Difendiamo, i 19+19

La decisione di Marchionne di sabotare la sentenza del tribunale che ha imposto la riassunzione dei 19 operai, iscritti alla Fiom, cacciati per rappresaglia, rappresenta un nuovo salto di qualità nell’assalto all’ordinamento democratico e costituzionale.
 Non solo quei 19 sono stati cacciati perché “politicamente sgraditi”, ma ora per farli rientrare, come ha stabilito il giudice, si decide di espellere altre 19 persone, in modo da contrapporre lavoratori a lavoratori, secondo una logica autoritaria ed estranea a quel principio uguaglianza e di riconoscimento della dignità del lavoro che segna spirito e lettera della Costituzione repubblicana ed antifascista.
 Il gesto di Marchionne non solo è odioso in sé, ma rappresenta una sfida esplicita perché chiede al governo, alla politica, al sindacato, all’Italia che a lui sia riconosciuto il diritto al mantenimento degli stabilimenti in Italia un cambio di un riconoscimento a ” fare come gli pare”, ad imporre un’altra legge dentro gli stabilimenti Fiat.
 Questo non può essere consentito a nessuno, perché significherebbe la fine dello stato di diritto e del principio di uguaglianza, perché l’esempio sarebbe contagioso, perché il lavoro diventerebbe una merce scorporata dai diritti essenziali, perché la Costituzione non può conoscere zone franche neppure negli stabilimenti di Fiat. Il governo, persino un governo amico di Marchionne, ha il dovere di far sentire la sua voce a tutela non solo delle sentenze, ma anche e soprattutto della dignità della persona.Sarà il caso che tutti quelli che, nei mesi scorsi, hanno voluto elevare il loro “Senza se e senza ma…” a favore di Marchionne, trovino oggi un briciolo di voce per far sentire il loro “Senza se è senza ma…”dalla parte dei 19 di Pomigliano, anzi dei 38, quelli che debbono rientrare e quelli che dovrebbero essere cacciati. Non si tratta di difendere solo i diritti della Fiom, e non sarebbe poca cosa, ma anche e soprattutto di difendere i diritti, presenti e futuri, di tutte e di tutti.
Jesi 1 novembre 2012                                                  La Rsu della Fiom-Cgil  

      

Fiat, Landini: ''E' un attacco alla democrazia e al diritto del lavoro'

   



 Operaio assunto: ''Vergogna, Fiat vuole guerra tra poveri'' ''Fiat sposta l'attenzione: a rischio migliaia di lavoratori''



Fiat, Sergio Marchionne e il metodo della rappresaglia

Di Marco Revelli
Vergogna. È la prima parola che viene alle labbra alla notizia che arriva da Pomigliano. La risposta di Sergio Marchionne alla sentenza della Corte d’Appello di Roma, che lo condannava per attività antisindacale e gli imponeva l’assunzione dei primi 19 operai Fiom discriminati – l’avvio della procedura di mobilità di altri 19, già assunti tra gli operai “fedeli ” – è quanto di peggio si possa immaginare.
Sa di vendetta. Anzi, di rappresaglia. L’untuoso comunicato con cui Fip – Fabbrica Italia Pomigliano – annuncia che «non può esimersi dall’eseguire quanto disposto dall’ordinanza e, non essendoci spazi per l’inserimento di ulteriori lavoratori, è costretta a predisporre nel rispetto dei tempi tecnici gli strumenti necessari per provvedere alla riduzione di altrettanti lavoratori operanti in azienda», ricorda i manifesti affissi ai muri da un esercito invasoreCome quelli che nel 1943 tentavano di aizzare la popolazione civile contro i partigiani. O che nelle strade di Algeri minacciavano i parenti dei combattenti per piegarne la resistenza. Allo stesso modo la Fiat-Chrysler punta a strumentalizzare la paura di chi il lavoro l’ha conservato con un gesto umiliante di sottomissione contro chi ha tenuto alta la testa allora, e oggi ha ottenuto soddisfazione in sede di giustizia. Ci sono dei limiti, nella lotta sociale. Anche in condizioni difficili di mercato. Si pensava che Sergio Marchionne li avesse superati due anni or sono, quando aveva tentato di premere il piede sul collo dei 4000 di Pomigliano per costringerli ad accettare sotto ricatto l’inaccettabile, in una prova di forza basata sull’umiliazione dell ’avversario. Si era trovato di fronte, allora, un 40% di orgoglio e di dignità. Ora si spinge più in là. Apre, al di là della questione sociale – che pur è dolorosissima – una questione morale portando all ’estremo la sfida. Giocando con la pelle dei più deboli con una forma di sadismo sociale difficile da immaginare. Ostentando la propria forza, non solo contro i lavoratori della Fiom, ma contro la giustizia italiana.
Rivelando, nel cuore tecnologico del gigante automobilistico che si presenta come il fronte avanzato della modernità, un livello di meschinità umana degno di una micro-comunità rurale rancorosa. Fin dalla scorsa settimana aveva incominciato a circolare in fabbrica una lettera, in forma di petizione, in cui si esprimeva preoccupazione per gli effetti della sentenza, si alludeva al rischio che i lavoratori già assunti potessero essere messi in cassa integrazione per far posto ai vincitori in Tribunale, si mostrava solidarietà con l’impresa… Erano i capi a spingerne la sottoscrizione, dicendo che chi non firma è pronto per la cassa integrazione e magari per la lista di mobilità, con la gente che firmava piangendo.
Umiliata per la seconda volta, dopo essere stata ingannata. Pare che nonostante questo più di 700 si siano rifiutati. Ma era solo un anticipo. Ora il tiro è stato alzato. Dalla paura si è passati ai fatti: 19 famiglie sono state prese in ostaggio, per la battaglia privata del Capo che aveva promesso, due anni fa, 4383 assunzioni in cambio della resa, e che si è fermato a meno della metà. A 2000, per dire che anche così sono ancora troppi, che non se ne può tollerare in fabbrica neanche uno di più. E che per ogni assunzione forzata dai giudici si procederà all’esecuzione di altrettanti ostaggi. Ora la partita non è più solo tra Marchionne e i suoi operai. È tra Fabbrica Italia e l’Italia reale, con le sue istituzioni, le sue Leggi e i suoi giudici. Questa volta, se il gioco riuscirà – se passerà anche questa estrema forma di luddismo padronale che manda in pezzi l’intera costruzione giuslavoristica e tutti i fondamenti etici della vita associata, se taceranno anche ora le forze politiche, il governo, gli opinion leader che vanno per la maggiore – allora davvero si dovrà concludere che le fabbriche sono diventate terra di nessuno. Brandelli di extraterritorialità aperti alle incursioni del primo predatore da corsa di passaggio.