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venerdì 25 giugno 2010

IL DOVERE DI SCIOPERO di Galapagos

Governo e stampa amica hanno definito quello di oggi uno sciopero «politico» o anche «ideologico»; nel migliore dei casi «inutile». Certo lo sciopero è politico, con l'obiettivo di riuscire a modificare la politica economica; ideologico, ma contro l'ideologia dominante che affossa i diritti, piegando anche la Costituzione. In ballo c'è anche Pomigliano: i diritti non sono ideologia, condizionano la vita delle persone: è in gioco la civiltà del lavoro (e le conquiste frutto di oltre un secolo di lotte) che si vuole ricondurre alle regole dei paesi sottosviluppati, nei quali, appunto, non ci sono diritti. In queste condizioni scioperare non è solo un diritto ma un dovere. Ma l'accusa più falsa è che sia inutile
I nuovi dati macroeconomici diffusi ieri dalla Confindustria, dall'Istat e dalle Corte dei conti lo dimostrano. Siamo fuori dalla recessione, testimonia il Centro studi Confindustria. Ma che ripresa è? In due anni il Pil è diminuito di circa il 6,5%. L'Italia ha fatto un balzo indietro - per quanto riguarda la ricchezza prodotta e distribuita, siamo tornati all'inizio del 2000, dice Bankitalia. La Confindustria sostiene che quest'anno il Pil crescerà dell'1,2% e nel 2011 dell'1,6%. Il totale dà come risultato un 3% scarso, meno della metà della ricchezza distrutta nel 2008/2009. La stessa Confindustria ci fa sapere che questa è una ripresa senza occupazione: negli ultimi due anni sono stati distrutti 528 mila posti di lavoro e altri saranno cancellati. Insomma, la disoccupazione sta aumentando e i senza lavoro, ha calcolato l'Istat per il primo trimestre dell'anno, sono quasi 2,3 milioni con un tasso di disoccupazione del 9,1%. E, come al solito, a perdere posti seguita a essere il Mezzogiorno.
La Corte dei conti teme che la manovra correttiva possa condurre a una minore crescita, a un Pil più esile. E, quindi, a minori entrate fiscali, costringendo il governo a nuove manovre correttive per tentare di non perdere la bussola dei conti pubblici. Se questi dati non bastassero per definire utile la protesta di oggi, ne aggungiamo un altro della Confindustria: l'evasione fiscale è pari a 124 miliardi di euro, una cifra che risulta cinque volte superiore alla manovra imposta da Tremonti e almeno il triplo dell'evasione in altri paesi sviluppati.
In Italia ci sono due questioni nazionali: l'evasione fiscale (dalla quale deriva anche un problema di equità nella distribuzione dei redditi, visto che c'è chi può evadere e chi no, cioè i lavortatori dipendenti) e il Mezzogiorno. Due problemi enormi che vanno risolti, ma dei quali non c'è traccia nella manovra di Tremonti. Che anzi sottrae risorse (i fondi Fas) alle aree che necessitirebbero di vedere accesciuto l'impegno finanziario per far decollare uno sviluppo che trainerebbe anche la crescita delle regioni ricche. L'anima della manovra tremontiana è tutta nel blocco delle retribuzioni del pubblico impiego, nel taglio dei fondi ai comuni e alle regioni (complessivamente quasi 13 miliardi di euro) e nel rinvio del pensionamento, per la chiusura delle finestre, che frutterà altri 6,5 miliardi. Ma che manovra è?