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mercoledì 17 agosto 2011


Manovra, Giorgio Airaudo
“Sarà la guerra dei deboli”
Il responsabile auto della Fiom sostiene che il governo abbia approfittato della crisi per inserire la possibilità di licenziare: "Faremo gli 'indignados' italiani. Non credo che la Camusso sapesse, ma gli altri sindacati sì"
Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom
“Su questa manovra diamo un giudizio articolato: in parte è iniqua. E in parte è sbagliata”. Sorride amarissimo Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom. Scherza con le coppie di giudizio dello slang sindacalese classico, solo per velare la rabbia che i dirigenti del sindacato metalmeccanico provano in queste ore: “La realtà che dobbiamo spiegare al Paese è ancora più drammatica. Questo governo ha approfittato di un provvedimento dettato dalla crisi per introdurre, di contrabbando, ma nemmeno troppo, la possibilità di licenziare”.

Scusi Airaudo perché parte da questo punto?
Perché le norme che Sacconi ha infilato nella finanziaria, quasi di soppiatto, non portano un solo euro nelle tasche dello Stato. Quindi la prima domanda da farsi è: perché finiscono nella manovra?

Perché?

Io credo che il governo voglia approfittare di un percorso che sul piano parlamentare potrebbe diventare blindato, per infilare un provvedimento a dir poco controverso, che in altro modo non sarebbe passato… 

E poi?
E poi c’è il primo trucco: siccome il dibattito è catalizzato sugli aspetti finanziari sperano che l’opinione pubblica sia distratta da questi temi. 

E voi che farete?
In primo luogo tutto quello che serve per ottenere l’effetto contrario. È ora che gli indignados italiani, quelli che lavorano e pagano sempre, facciano sentire la propria voce.

E da dove si comincia?
Maurizio Landini, chi parla e tutto il gruppo dirigente della Fiom, siamo convinti che la nostra organizzazione debba diventare il punto di riferimento della protesta, nel modo più antico e democratico che questo Paese conosce.

Ovvero?
Occuperemo in modo permanente, per tutti i giorni del dibattito parlamentare l’agorá. Ovvero le piazze che sono nelle immediate vicinanze del Parlamento…

Vi diranno che avete tentazioni golpiste? 
È esattamente il contrario: in un momento grave per la storia del Paese, democrazia vuol dire che deputati e senatori della Repubblica discutano con la voce dei cittadini nelle orecchie.

Qual è la cosa più grave che denunciate?
La crisi, di fatto, viene usata per cambiare i rapporti di forza nella società a sfavore di chi lavora.

Cosa accade in concreto?
Si aggira l’articolo 18 e si scardina il contratto inserendo nella finanziaria la possibilità di derogare le leggi vigenti.

Risultato?
Sarà la guerra ai più deboli. Immaginate un’azienda in crisi che dice ai suoi dipendenti: o chiudiamo, oppure ci date la possibilità di licenziare alcuni vostri colleghi.

L’accordo sindacale del 28 giugno, che la Cgil ha firmato, e che voi state combattendo rende più facile questo scenario?
Io credo che il combinato disposto sia micidiale: se si fa l’accordo a maggioranza semplice non bisogna nemmeno votarlo. E con quell’accordo si scardinano i diritti.

Dicono che la possibilità di licenziare migliorerà il mercato del lavoro.
Purtroppo la possibilità esisteva già e si chiama stato di crisi e mobilità. Adesso si può creare un meccanismo ancora più perverso: si può chiedere ai dipendenti di licenziare i loro compagni di lavoro. Magari dicendo “salviamo solo quelli di Belluno, o solo gli italiani”. Ma questo andrebbe contro il principio anti-discriminatorio che è nella Costituzione… Nessuno ti licenzia perché sei donna o perché sei terrone. Usano sempre “giustificati motivi” ma ti licenziano proprio perché sei donna, perché sei negro, perché sei terrone. Adesso sarà più facile.

Ma i licenziamenti collettivi c’erano anche ora.
Sì, ma non erano discriminatori. La differenza è che grazie ai contratti abbiamo potuto garantire i più deboli, accompagnare con gli ammortizzatori molti che sarebbero rimasti in mezzo a una strada. Adesso resterà solo la strada.

Cambia qualcosa per la Camusso?
Io credo che non lei, ma gli altri sindacati sapessero. Ma adesso che sappiamo tutti, cosa preparavano, la Cgil debba riflettere sulla pericolosità di questa trappola.

da Il Fatto Quotidiano del 17 agosto 2011

Manovra, Landini (Fiom): chiederemo ritiro norme sul lavoro

        
Roma, 16 ago. (Labitalia) - "Chiederemo esplicitamente che tuttta quella parte del decreto anticrisi, che insiste sui diritti dei lavoratori e sul contratto, sia ritirata perché si tratta di un provvedimento che di fatto cancella i contratti nazionali di lavoro e perché rende possibile a livello aziendale fare accordi che derogano dai contratti e addirittura anche dalle leggi". Così Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil, annuncia a LABITALIA le iniziative che il sindacato dei metalmeccanici intende portare avanti, per fermare, dice, "un tentativo furbesco del governo che è quello di usare questa crisi per colpire i diritti dei lavoratori". La richiesta della Fiom di cancellare l'estensione erga omnes della validità degli accordi aziendali sarà presentata, afferma Landini, "direttamente alle commissioni parlamentari e a tutte le forze politiche, perché non è mai successo nella storia di questo Paese, dal dopoguerra a oggi, che, con decreto, un governo proponga di cancellare il contratto e di cancellare lo Statuto dei diritti dei lavoratori, aprendo addirittura la possibilità di fare accordi aziendali che permettano alle imprese di licenziare". Ma per il segretario della Fiom c'è anche dell'altro. "Anche quest'idea di tentare di rendere retroattiva la validità degli accordi di Pomigliano e Mirafiori e cioè di accedere alle richieste della Fiat -spiega- è una novità negativa: è la prima volta che viene fatta appositamente una legge 'ad aziendam'. Un mese fa -ricorda- un tribunale di Torino ha condannato per comportamento antisindacale la Fiat e oggi, tranquillamente, un ministro, che dovrebbe essere un ministro di tutti e far rispettare le leggi, fa un provvedimento che rende validi accordi che invece hanno messo in discussione le libertà antisindacali". "Credo che lo sciopero generale sia necessario -dice il leader della Fiom, sull'ipotesi ventilata nei giorni scorsi da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil- ma non penso che sia sufficiente e, soprattutto, non può essere un semplice sciopero di testimonianza o di protesta. E' necessario da subito che si determini una mobilitazione dal basso come avvenuto anche con i recenti referendum e che si chieda al Parlamento di rispondere ai bisogni del Paese e non semplicemente ai bisogni di qualcuno". Landini ricorda che l'eventuale decisione di uno sciopero andrà presa in alcune sedi collegiali, prima tra tutte "la riunione del 23 agosto dei segretari, di tutte le categorie della Cgil, e di tutte le camere del lavoro, proprio per decidere cosa fare". Non solo. "Come Fiom nel mese di agosto dovremo conviocare il comitato centrale -aggiunge- mentre per il 31 agosto avevamo già programmato un incontro con tutti i movimenti, le associazioni e gli studenti e con tutti coloro che si sono impegnati per il cambiamento". Per Landini, è importante "mettere in campo azioni di mobilitazione dei lavoratori che preparino lo sciopero generale perché la discussione che il Parlamento nei prossimi giorni inizierà a fare deve essere accompagnata da una protesta e dalle proposte alternative che vengono dal Paese". Infine, sottolinea Landini: "E' inaccettabile che vengano cancellate le feste come il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno. Si tratta di una follia perché sono feste che danno identità e storia al nostro Paese". "Il 25 aprile -ricorda il leader delle tute blu della Cgil- è la data che ci permette di essere una democrazia, come non eravamo, e che permette anche a un governo come quello attuale di poter dire e fare quello che pensa. E il 1° maggio e il 2 giugno dimostrano che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, un'idea che qualcuno vuole cancellare". Più che la produttività, l'abolizione delle feste, dice Landini, "rischia di aumentare, a costo zero, l'orario di lavoro dei dipendenti"