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mercoledì 30 gennaio 2013

LA DISFATTA DEI SALARI, I SINDACATI E PETROLINI


di Giorgio Cremaschi

Ci sono notizie che durano il tempo di una breve del telegiornale, e poi vengono inghiottite dal bidone aspiratutto degli scandali e della campagna elettorale, mescolati tra loro.

L'ISTAT ci ha comunicato che la dinamica attuale dei salari è la peggiore degli ultimi trent'anni. Questo dato dovrebbe essere alla base  di ogni proposta che si fa per affrontare la crisi. Ma non è così. La caduta dei salari è diventata un dato di colore, fa parte dello spettacolo del dolore mostrato in televisione,   sul quale meditano e dissertano i candidati. Ma senza che si pronunci la frase semplice e brutale: aumentare la paga!(...)

Poco tempo fa il CNEL ha comunicato un altro dato su cui riflettere davvero. Negli anni 70 la produttività del lavoro in Italia è stata la più alta del mondo, poi è solo calata. Sì, proprio quando il lavoro aveva più salario e più diritti,"rendeva " di più!

Anche questa notizia è stata rapidamente metabolizzata e poi successivamente ignorata dal sistema politico informativo. Immaginiamo infatti come sia difficile collegarla alla precedente. La produttività e i salari calano assieme da trenta anni, ma non ci sarà un rapporto tra i due dati?

No, una seria analisi su tutto questo non la  si può fare, altrimenti bisognerebbe concludere che sono fallimentari  tutte, ma proprio tutte le politiche economiche e sociali tese ad agire sulla compressione del costo del lavoro. 

Insomma tutte le politiche del lavoro di tutti i governi degli ultimi trenta anni hanno concorso a determinare il disastro attuale. E  tutte le ricette in continuità con esse, flessibilità competitività blablabla, cioè quelle delle principali coalizioni che si contendono il governo del paese, sono inutili, sbagliate, dannose.

Ma tutto questo non avviene, anche perché mancano all'appello coloro che per funzione per primi dovrebbero sollevare scandalo ed indignazione per tutto questo. 

Il grande comico Petrolini una volta si trovò in teatro uno spettatore che  dalla galleria lo insultava.. Ad un certo punto interruppe la recita e si rivolse al disturbatore dicendo: io non ce l'ho con te, ma con chi ti sta vicino e non ti butta di sotto!

I grandi sindacati confederali hanno accompagnato con i loro accordi questi trenta anni di ritirata dei salari e del lavoro, a volte ottenendo come scambio vantaggi di  ruolo e potere. I lavoratori andavano indietro, ma il sindacato confederale andava avanti sul piano istituzionale. 

Il disastro dei salari ed il declino economico sono dunque anche figli delle politiche di moderazione rivendicativa, di concertazione e complicità, che hanno prevalso in questi ultimi trenta anni nel movimento sindacale. 

Grazie a queste politiche, per lungo tempo l'organizzazione del sindacato confederale non ha risentito del peggioramento delle condizioni del mondo del lavoro. Finché  Monti ha ufficialmente affermato che  si poteva fare a meno anche di quello scambio, il consenso sindacale non era più necessario, si potevano massacrare le pensioni senza accordo. Così dopo la ritirata del lavoro è cominciato il vero declino sindacale. 

Non è vero che i sindacati non servono, ma è vero che il sindacato che pensa di sopravvivere continuando ad accettare  le compatibilità e i vincoli economici degli ultimi trenta anni non serve più a niente. Neanche a se stesso.

lunedì 28 gennaio 2013

MEDICO COMPETENTE

Care compagne e cari compagni,  
tenuto conto delle tante osservazioni che ci giungono dagli Rls, riguardo comportamenti non sempre “corretti” da parte dei “medici competenti”, riteniamo utile segnalare una importante sentenza della Corte di Cassazione che ha sanzionato il medico competente inadempiente. La sentenza n.1856 della Corte di Cassazione esprime chiaramente il concetto che il medico competente non è il mero esecutore delle decisioni prese dal capo azienda o dal Rspp ma deve svolgere una propria funzione più amplia e autonoma. Il medico competente non deve basarsi, per attivare la sorveglianza sanitaria più adeguata, in relazione ai rischi a cui sono esposti i lavoratori, solo sulle informazioni del datore di lavoro ma agendo di propria iniziativa, raccogliere notizie e conoscenze sull’ambiente di lavoro, sulla postazione lavorativa, sulle caratteristiche delle mansioni svolte dai lavoratori. La Corte di Cassazione ricorda nella sentenza, che il dlgs 81/08 (Testo Unico), con l’art.25 amplia il ruolo del medico competente, ben oltre le attività previste dalla vecchia l..626/94, arrivando addirittura con il dlgs correttivo 106/09 a prevedere sanzioni penali per la violazione di questa maggiore responsabilità. Dunque gli Rls devono sempre pretendere che le caratteristiche della sorveglianza sanitaria e cioè la periodicità delle visite, le eventuali visite specialistiche ed esami clinici e radiologici necessari, siano sempre risultanze di una autonoma valutazione del medico e solo dopo che abbia visitato gli ambienti di lavoro, parlato con i lavoratori e si sia consultato con gli stessi Rls. Il medico competente, che non operasse in tal senso, deve essere immediatamente diffidato dagli Rls e se tale comportamento non venisse modificato, si deve chiedere all’azienda la rimozione dello stesso medico competente. A fronte della indisponibilità dell’azienda a procedere alla rimozione del medico, si deve inoltrare, a firma congiunta Rls e segretario territoriale Fiom, formale denuncia al responsabile del servizio di prevenzione della Asl, con la richiesta di intervento e di rimozione dello stesso medico. Ricordiamo inoltre che gli Rls devono esercitare il diritto di chiedere il telefono al medico competente, affinché sia sempre reperibile, il suo domicilio, per verificare che sia sempre nella possibilità di intervenire nella unità di produzione in breve tempo, nonché la sua specializzazione , che per obbligo di legge, può non può che essere in igiene del lavoro o medicina del lavoro. E’ fatto divieto assoluto di esercitare la funzione di medico competente con altre specializzazioni. Gli Rls devono inoltre richiedere al medico competente, gli atti che dimostrano che sono stati predisposti i libretti sanitari individuali di rischio per ciascun lavoratore, nonché ogni anno il registro degli infortuni e il documento che in forma anonima e collettiva descrive le eventuali inidoneità riscontrate alla mansione e le prescrizioni fatte. Sperando di avervi fornito utili informazioni, vi saluto cordialmente. 

Fiom Nazionale

martedì 15 gennaio 2013

IL VERO VOLTO DI FIAT E DEI SUOI SERVENTI....


IL NUOVO PIANO FABBRICA ITALIA DI FIAT: LICENZIAMENTI E CANCELLAZIONE DEI MINIMI SALARIALI. 
FIM, UILM, FISMIC, UGLM: ACCETTANO TUTTO.  
Il Piano Fabbrica Italia è scomparso, se mai c'è stato realmente, e con esso gli investimenti, il piano industriale, l'occupazione, il salario e le promesse di una vita in fabbrica meno pesante. La realtà è sotto gli occhi di tutti: chiusura di tre stabilimenti (Termini  Imerese, Irisbus, Cnh Imola), ore su ore di cassa integrazione alternati ad un aumento dei ritmi di lavoro, comando della prestazione senza nessuna negoziazione, aumento della insicurezza sul posto di lavoro, cancellazione della democrazia. 
Questo il bilancio ad oggi del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro nato, secondo alcuni, per essere una eccezione a Pomigliano d'Arco e diventato il contratto per tutti i lavoratori e le lavoratrici del gruppo. 
Cominciò con un ricatto “diritti in cambio di lavoro” ma la dimostrazione che era un ricatto è che a distanza di meno di tre anni 1.400 sono i lavoratori in cassa integrazione a zero ore dello stabilimento G. Vico a cui si aggiungono i circa 800 della Magneti Marelli di Napoli. Per circa 2200 lavoratori gli ammortizzatori sociali scadranno a luglio e per loro si concretizza il rischio concreto del licenziamento visto che nel verbale firmato dalla Direzione Aziendale con le organizzazioni  sindacali Fim, Uilm, Fismic e Uglm, sulla illegittima procedura di mobilità per 19 lavoratori si scrive: “le OO.SS. e le RSA, (…) in questa fase temporale  in base agli attuali livelli produttivi, riconoscono  l'oggettiva sussistenza delle eccedenze (...)” e ancora  “(…) in questo contesto di grave calo del mercato è emersa l'obiettiva impossibilità di ulteriori incrementi di organico di Fabbrica Italia Pomigliano”.  
Le parole “obiettiva” e ”oggettiva” sono state usate  nel testo dalle organizzazioni sindacali complici per liberare la Fiat da ogni responsabilità sui futuri esuberi a Pomigliano ma anche negli altri stabilimenti: cosa accadrà a Melfi dove è stato comunicato l'inizio di 24 mesi di cassa integrazione, Mirafiori, Cassino, Modena, e a tutti gli stabilimenti che producono cambi e motori come Termoli, Avellino o Foggia? E agli stabilimenti Marelli e a tutto l'indotto e alla componentistica?   
Le organizzazioni sindacali aderenti al CCSL stanno cancellando la possibilità di aprire un tavolo nazionale che ritorni ad occuparsi del futuro industriale e di prodotto e stanno aprendo la strada ai licenziamenti di massa. 
Infine la Fiat ha deciso che per chi è al lavoro non ci sarà il rinnovo del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro ma un “accordo ponte” che di deroga in deroga programma la riduzione dei minimi salariali (che incidono su indennità, straordinari, ferie, permessi, TFR, ecc.) in quanto, a quello che si legge, visto che di assemblee neanche l'ombra, sparirebbero gli aumenti sui minimi contrattuali sostituiti da un premio. Fiat parla di qualche decina di euro lordi, calcolato sulla base della presenza, questo significa che si sta istituendo un vero e proprio salario individuale differenziato da persona a persona.  
Abbiamo ascoltato il Presidente Monti sostenere la posizione della Fiat a Melfi e a poche settimane di distanza assistiamo ad un ridimensionamento produttivo.  
Aderire alle decisioni aziendali determina solo la cancellazione dei diritti e dei posti di lavoro, per questa ragione è urgente il Presidente del Consiglio convochi un tavolo negoziale nazionale e che le forze politiche candidate al Governo dicano quali sono le iniziative che prenderanno per la tutela dell'occupazione e il futuro industriale dell'automotive in Italia a partire dalla Fiat.  

                                                                                           Fiom-Cgil nazionale
Roma, 15 gennaio 2013

sabato 12 gennaio 2013

DIFESA DEL CONTRATTO NAZIONALE E UNA LEGGE PER LA RAPPRESENTANZA


Riccardo Chiari-DAL MANIFESTO

L'ASSEMBLEA DI CERVIA/ I METALMECCANICI E LE ELEZIONI

La Fiom continuerà a battersi in ogni fabbrica contro quel vero e proprio furto di democrazia che impedisce a lavoratrici e lavoratori di decidere sulle loro condizioni di lavoro. In risposta all'accordo separato firmato da Federmeccanica con Fim, Uilm e Fismic che di fatto abolisce il contratto nazionale, l'assemblea nazionale di Cervia dei metalmeccanici Cgil dà il via libera a una «carta rivendicativa», con una base comune di diritti su tutto il territorio e non derogabile dal secondo livello di contrattazione. Con l'obiettivo di impedire l'applicazione dell'accordo separato del 5 dicembre, giudicato illegittimo, non rappresentativo, non votato e tale da manomettere i più elementari diritti.
«Dobbiamo aprire una discussione di massa nei luoghi di lavoro - ha spiegato Maurizio Landini ai 552 delegati dell'assemblea - dobbiamo far votare fabbrica per fabbrica, chiedendo il consenso ai lavoratori, il mandato per aprire vertenze aziendali e territoriali, e rendere così inapplicabile quell'accordo attraverso un altro accordo che garantisce i diritti». Primo fra tutti quello di poter esprimere liberamente il proprio giudizio: non per caso dall'assemblea della Fiom è arrivato anche il via libera a una serie di iniziative territoriali da organizzare in questo periodo di campagna elettorale. Delle «giornate della democrazia», una ogni settimana, per chiedere alla politica cosa intenda fare sui temi cardine della democrazia e della rappresentanza sui luoghi di lavoro. Perché un fatto è certo: «Le leggi fatte in questi ultimi anni dal governo Berlusconi prima e dal governo Monti poi, dalla modifica dello Statuto dei lavoratori all'articolo 8, hanno messo in discussione il diritto al lavoro: le persone che noi rappresentiamo hanno registrato un peggioramento secco delle loro condizioni, e le disuguaglianze sono aumentate».Di qui la richiesta alle forze politiche considerate più sensibili ai temi del lavoro. Con una avvertenza: «Vogliamo un confronto alla pari. Auspico che non siano né Berlusconi né Monti a guidare il paese. Ma non basta questo a garantire che le cose vadano meglio. Qui serve una legge sulla rappresentanza per uscire dalla pratica degli accordi separati - osserva Landini - e interventi sulle pensioni dato che abbiamo l'età pensionabile più alta d'Europa e i giovani non entrano». Quanto alle politiche industriali, «è necessario un nuovo intervento pubblico nell'economia, su questo fronte stiamo pagando ritardi e errori anche dei governi di centrosinistra. Non si può dire che Obama e Hollande sono bravi quando difendono le loro aziende, e non dire che hanno fatto investimenti pubblici. Quando il 90% delle tasse in questo paese sono pagate dai lavoratori dipendenti, chiedere che una parte di queste risorse venga investita, combattendo in parallelo l'evasione fiscale, dovrebbe essere un tema cardine di una campagna elettorale».Nella «carta rivendicativa» c'è la richiesta di una riduzione degli orari di lavoro per evitare la cassa integrazione a zero ore - che finisce per colpire sempre gli stessi operai - e difendere tutta l'occupazione, anche quella precaria e in appalto. La richiesta va in direzione opposta all'accordo separato, nel quale è messo nero su bianco l'aumento dell'orario con il raddoppio dello straordinario obbligatorio. «La riduzione è possibile attraverso l'uso dei contratti di solidarietà e la cig ad ore - sottolinea il segretario generale della Fiom - che vanno incentivati. Se poi c'è la necessità di un maggior utilizzo dell'impianto siamo disposti a contrattare sugli orari ma collettivamente con le Rsu, non individualmente. Invece l'aumento dell'orario, previsto anche dall'accordo sulla produttività oltre che da questa disastrosa intesa separata, porta solo a ulteriori tagli». Sempre contro l'accordo separato c'è la rivendicazione di minimi salariali senza alcuna deroga e il pagamento dei primi tre giorni di malattia. Il documento presentato da Landini ha ottenuto il voto del 73% dell'assemblea, 384 delegati su 552. Contrari i 34 delegati della Rete 28 Aprile: «Questo documento - dice Sergio Bellavita - fa l'occhiolino al centro sinistra". Astenuti i 109 della minoranza «riformista», che di fatto chiedono di uscire dalla strada degli accordi separati.Foto: LA FIOM contro gli accordi separati e le deroghe. Via alle giornate 
per parlare ai candidati. Landini: «Basta con i furti di democrazia». E via libera anche alla «carta rivendicativa»http://www.fiom.cgil.it/