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sabato 1 gennaio 2011

LANDINI:LA FIOM NON E' ISOLATA, I CONSENSI NELLE FABBRICHE AUMENTANO

(AGI) - Roma, 1 gen. - La Fiom non e' isolata. Anzi, i consensi nelle fabbriche aumentano. Il che permette al sindacato dei metalmeccanici della Cgil di proseguire il confronto con la Fiat e con le altre sigle confederali che hanno "cambiato natura". Maurizio Landini, leader della Fiom, respinge le critiche di chi accusa il suo sindacato di voler fare politica invece che difendere gli interessi dei lavoratori e, nonostante le distanze emerse con la 'casa madre' e con alcuni esponenti del Pd, non teme di rimanere all'angolo. 
 "All'interno della Fiom non ci sono contrarieta', ma solo alcune astensioni. Sarebbe utile che le forze politiche valutassero fino in fondo la portata di quello che e' avvenuto.  Nella storia della repubblica non era mai successo che si facessero degli accordi con i quali si cancella il contratto nazionale e la presenza dei sindacati rappresentativi. La Fiom, nel settore metalmeccanico e anche alla Fiat, e' il sindacato maggiormente rappresentativo come iscritti e come voti. Che si arrivi a un accordo in cui le persone che lavorano non hanno nemmeno piu' il diritto di eleggere i propri delegati, credo che sia di una gravita' senza precedenti. Se c'e' un cambiamento nella storia del sindacato non e' certo da imputare alla Fiom o alla Cgil. Da giugno a dicembre in tutti i posti dove siamo andati a rinnovare le Rsu, la Fiom e' aumentata di voti e di consenso. Un sindacato e' isolato quando non rappresenta piu' i lavoratori. Ma noi stiamo aumentando gli iscritti e i delegati che abbiamo nelle fabbriche, a me pare di poter dire che la Fiom non e' isolata".   

- La Fiat sta dimostrando di poter andare avanti anche senza di voi. Un grande sindacato di metalmeccanici puo' esistere senza la Fiat?
"Che la Fiat possa andare avanti non e' certo. Vediamo dove va e fin dove arriva. Mi sembra che la partita sia ancora aperta.
 Io ho l'impressione che voglia andare negli Stati Uniti e dovrebbero essere preoccupati tutti quelli che pensano che con questi accordi si e' mantenuta la Fiat in Italia e che si sono fatti grandi passi in avanti. C'e' una totale assenza di discussione sui programmi di politica industriale, si sbandierano 20 miliardi di investimenti, ma per adesso conosciamo solo quello che vogliono fare con 1,7 miliardi dal 2012 e nel frattempo la cassa integrazione aumentera', i nuovi modelli sono in ritardo e i concorrenti sono piu' avanti proprio su questo terreno. La Fiom non e' disponibile ad accettare quello che sta facendo la Fiat nel rapporto con i lavoratori e vedremo come affrontare la situazione. Per questo abbiamo deciso lo sciopero generale". 

Bastera' per far cambiare idea al Lingotto?
"Non credo che sara' sufficiente, ma lo sciopero non e' rivolto solo alla Fiat. E' rivolto anche al resto delle imprese metalmeccaniche italiane che deve decidere cosa vuol fare: se vuole seguire la linea della Fiat, che e' un atto di rottura con la storia della nostra Costituzione e contro le regole democratiche, oppure no". 

C'e' chi sostiene che la Fiom sia un sindacato che non fa accordi.
"E' propaganda che si fa per coprire le scelte gravissime della Fiat. Trovo che sindacati confederali con la storia che hanno, come Fim e Uilm che assieme a noi in questo Paese negli anni passati hanno contribuito a conquistare il contratto e dei diritti, hanno ceduto a un ricatto e stanno cambiando la loro natura. Questo e' un elemento sbagliato e preoccupante.
 Soprattutto perche' tutto cio' lo si fa sulla testa dei lavoratori senza mai coinvolgerli e senza permettergli di dire il loro punto di vista vero senza essere sotto ricatto. Dicendo sempre di si' alla Fiat non solo non si fa il bene dei lavoratori, ma nemmeno il bene del Paese e dell'azienda. Noi stiamo facendo accordi normalmente perche' non e' vero che nel Paese investe solo la Fiat. Per questo siamo il sindacato con piu' iscritti nel settore metalmeccanico, perche' i lavoratori sanno che noi siamo seri. Noi non firmeremmo mai degli accordi che cancellano altri sindacati. Perche' queste divisioni sindacali servono solo alle imprese e sappiamo che non e' una strada percorribile".   

- Cosa deve succedere per farvi riavvicinare alla Fiat e firmare l'accordo?
"La Fiat deve accettare di fare una trattativa che non c'e' mai stata. La Fiat ha imposto. A Pomigliano ha detto 'prendere o lasciare' e di fronte alle richieste di tutti i sindacati di cambiare ha detto: 'Non avete capito: o mi dite di si' o io me ne vado'. E lo stesso ha fatto con i lavoratori. Non ha mai cambiato idea, e su una linea cosi' non c'e' spazio per una trattativa. Se si vuole recuperare un consenso e il rispetto si possono fare tutte le trattative di questo mondo".   

- Il referendum di Mirafiori come andra'?
"Il referendum e' illegittimo e quindi non lo riconosciamo. Non si puo' dire a un lavoratore 'dimmi si' o non faccio l'investimento'. Faremo le assemblee e diremo ai lavoratori di andare a votare perche' non vogliamo che siano schedati o redarguiti dalla Fiat, ma diremo con molta tranquillita' che comprendiamo il ricatto al quale sono sottoposti e che valutino loro. Non daremo indicazioni di voto perche' quell'accordo non lo firmeremo, ma capiamo la loro situazione. Loro faranno quello che credono piu' opportuno, non chiederemo a nessuno di fare l'eroe".

- Perche' la Fiom e' contraria a un contratto ad hoc sull'auto?
"Perche' In Italia fare il contratto per l'auto significa fare il contratto per la Fiat. E se le condizioni per fare il contratto dell'auto sono quelle di recepire Pomigliano, a me pare che sia meglio mantenere il contratto che abbiamo. La nostra idea di fronte alla crisi evidente di certi modelli contrattuali e' che ce ne sono troppi di contratti nazionali, e che non c'e' bisogno di inventarsene di nuovi. Bisognerebbe invece riunificarli. Pensiamo che la novita' vera sarebbe fare un grande contratto nazionale dell'industria, uno dei servizi e uno del pubblico impiego. La contrattazione di secondo livello puo' essere fatta a livello aziendale, di gruppo o di filiera produttiva. Inventarsi degli altri contratti vuol dire dividere ancora di piu' i lavoratori, separarli".   

- Cosa risponde a chi vi accusa di voler fare politica e non gli interessi dei lavoratori?
"Che sono sciocchezze. Noi siamo un sindacato, quello che firma piu' accordi. Fare sindacato non vuol dire semplicemente dire di si'. Abbiamo un'idea alta del sindacato e della sua autonomia dalle imprese, dai partiti e dai governi. Il sindacato deve costruire un suo punto di vista insieme ai lavoratori e confrontarsi alla pari con tutti. La politica mi sembra che la stia facendo qualcun'altro. L'atto della Fiat di voler rompere con il sistema di relazioni sindacali in Italia, mi sembra politico. Noi facciamo il sindacato. E fare il sindacato significa discutere con i lavoratori, decidere assieme a loro, provare a fare degli accordi. E quando non e' possibile si deve utilizzare lo strumento democratico del conflitto e dello sciopero, finalizzato a fare degli accordi e non altre cose".   

- In questi giorni si susseguono gli appelli ad abbassare i toni. C'e' la possibilita', come teme qualcuno, che nelle fabbriche si torni al clima di tensione degli Anni '70?
"Siamo di fronte a un tentativo di cancellare un sindacato con un accordo separato. L'unico modo per ricostruire un percorso unitario e' mettere nelle condizioni le persone che lavorano - iscritte o non iscritte - di poter decidere sulla loro condizione. La democrazia e' oggi lo strumento che serve.
  Dovrebbe preoccupare il governo e chi fa politica il fatto che la maggioranza dei cittadini o non va a votare o pensa che siano tutti uguali. Questo dovrebbe essere un punto di riflessione: forse non e' la gente che non ha capito, ma c'e' qualcosa che non funziona. L'elemento della democrazia sui luoghi di lavoro e fuori sarebbe davvero la vera scommessa su cui lavorare per recuperare una coesione sociale. Il conflitto si evita se si accetta che la contrattazione tra le parti e' una mediazione di interessi. Se qualcuno tenta di far scomparire i lavoratori metalmeccanici, trovo che sia il minimo che non lo accettino e trovino il sistema di dire che non sono d'accordo e anche di mobilitarsi".