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mercoledì 31 agosto 2011



ADESSO BASTA!


Non era mai successo che, per decreto legge, un governo provasse a cancellare il Contratto nazionale di lavoro e regalasse alle imprese la libertà di licenziare in deroga all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Non era mai successo che un governo facesse una legge “ad aziendam” e contro un sindacato, “la Fiom” a favore della Fiat violando princìpi costituzionali e la Carta europea dei diritti dell’uomo.

Non era mai successo che un Governo spostasse ad altra data ricorrenze civili (25 aprile, 1° maggio, 2 giugno) che danno identità al nostro paese, rappresentando tappe fondamentali nella storia per la conquista della democrazia e dei diritti.

Nessun governo aveva mai messo in campo una manovra economica così classista che per decreto   colpisce i lavoratori dipendenti – sia privati, sia pubblici – i pensionati, i giovani, attaccando i princìpi democratici del nostro paese e non affrontando i nodi e le ragioni che hanno prodotto il debito pubblico e  la crisi del nostro paese.


E' ormai chiaro come questo Governo sia allo sbando e voglia colpire sempre noi! Lo testimonia la drammatica vicenda sulle pensioni: a Ferragosto avevano deciso l'innalzamento dell'età pensionabile per le donne, poi, a fine agosto, quella di non far valere per il raggiungimento della pensione di anzianità (40 anni) gli anni collegati alla prestazione del servizio militare e gli anni collegati alla laurea, riscattati fino ad   oggi. Adesso, accortisi dell'incostituzionalità del provvedimento, l'hanno ritirato, ma è certo che stanno studiando il modo di introdurre norme per intervenire sempre sulle pensioni delle lavoratrici e dei lavoratori.


E’ una manovra iniqua e sbagliata che:
•     attacca i diritti e il salario dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti,
•     taglia i servizi sociali erogati dai Comuni e dalle Regioni,
•   riapre la strada alla privatizzazione e alla liberalizzazione dei servizi pubblici in aperto contrasto con il pronunciamento popolare avvenuto nei referendum dello scorso giugno.


E’ una manovra che non colpisce l’evasione fiscale e la corruzione, che non introduce una vera lotta alle speculazioni finanziarie, non introduce alcuna patrimoniale per colpire le grandi ricchezze, che impone sacrifici sempre ai lavoratori e ai pensionati e non a coloro che hanno di più e non pagano mai.
E’ una manovra che non introduce nessuna nuova azione di politica industriale, non affronta il problema della difesa dell’occupazione e della lotta alla precarietà e che non mette in discussione l’attuale modello di sviluppo che ha generato questa crisi e che dimostra la sua totale insostenibilità per la vita delle persone e per l’ambiente.
Diciamo no a questa manovra e alla tragica filosofia che la sostiene e cioè che per uscire dalla crisi non si devono affrontare i nodi che l’hanno prodotta ma colpire ulteriormente chi questa crisi la subisce (giovani lavoratori, pensionati), cancellare i diritti, il contratto nazionale e lo Statuto dei Lavoratori.


- Per cambiare radicalmente la manovra,
- per il ritiro dei provvedimenti che sanciscono la derogabilità delle leggi, del Contratto   nazionale e dello Statuto dei lavoratori,
- per riaffermare l’intangibilità del 25 aprile, del 1° maggio, del 2 giugno,
- per affermare un modo diverso di affrontare la crisi

partecipiamo allo sciopero generale di 8 ore indetto dalla Cgil il 6 settembre

Fin dai prossimi giorni la Fiom metterà in campo una mobilitazione straordinaria in
preparazione dello sciopero generale con presìdi nelle principali città italiane e, in
concomitanza con la discussione della manovra al Senato, un presidio il
6 settembre dalle ore 18 in piazza Navona a Roma al quale sono invitati a partecipare
lavoratrici, lavoratori, associazioni, movimenti, giovani, studenti, precari, cittadine, cittadini.

TUTTE E TUTTI COLORO CHE VOGLIONO DIRE BASTA A QUESTO GOVERNO E CHE
VOGLIONO DIFENDERE LA DEMOCRAZIA, I DIRITTI, LA DIGNITA’, IL LAVORO.


martedì 30 agosto 2011


SI SCENDE IN PIAZZA E CI SI RESTA

di Giorgio Cremaschi
Sommano già a ben 131 miliardi di euro gli interventi complessivi, 2010-2014 decisi dal governo. E per qualcuno i mercati non sarebbero ancora contenti di questo massacro senza precedenti. In realtà, con gli ultimi provvedimenti e modifiche, il governo ha ulteriormente aggravato l’impatto antisociale della manovra. Viene salvata dal contributo di solidarietà la casta dei supermanager e dei direttori dei grandi giornali, che può festeggiare. In compenso vengono sostanzialmente cancellate le pensioni di anzianità, con una vera e propria truffa a danni dei lavoratori che hanno fatto il servizio militare o che hanno pagato di tasca loro i contributi per l’università. E con un disastro occupazionale che si preannuncia perché ci saranno centinaia di migliaia di persone costrette a rimanere a lavoro, con altrettante persone che non troveranno posto. Inoltre, migliaia di lavoratori e lavoratrici posti in mobilità rischiano di non arrivare più alla pensione. Nello stesso tempo la manovra sui contratti distrugge il contratto nazionale, aumenta gli orari di lavoro per chi ha un posto, incrementa la precarietà e i licenziamenti selvaggi. Anche per questo la Cgil deve
immediatamente ritirare la firma dall’accordo del 28 giugno, trasformato dal governo in decreto liberticida.  Tutto il costo della manovra è, alla fine, a carico del lavoro dipendente, dei pensionati e dei più poveri. I ricchi non pagano, niente, per l’evasione fiscale si fanno chiacchiere. Questa è una brutale manovra di classe, fatta da un governo squalificato, che si aggancia all’Europa solo per giustificare la propria esistenza.

Lo sciopero generale  a questo punto è ancora più giustificato, ma deve dare il via a un movimento  che punti a rovesciare il governo e la manovra. Dobbiamo fermarli. Dobbiamo fermare il disastro provocato da Berlusconi, ma dobbiamo anche dire basta al governo unico delle banche europeo che sta portando l’Europa a una recessione drammatica, per difendere la speculazione e la finanza. Basta con Berlusconi, basta con la Bce e l’Europa delle banche. Su questo si scende in piazza e ci si resta.

ROMA 30 SETTEMBRE 2011

martedì 23 agosto 2011



di Giorgio Cremaschi

La decisione della Cgil di proclamare 8 ore di sciopero per il 6 settembre è un fatto positivo e necessario, cui deve seguire una svolta in tutti i comportamenti dell’organizzazione. Lo sciopero generale vero, che prova a fermare il paese e a far sentire al Parlamento e alle istituzioni la rabbia di un mondo del lavoro che non ne può più di pagare e che è arcistufo di questo governo, è una rottura sacrosanta con il teatrino delle parti sociali. Occorre costruire una grande opposizione sociale che travolga la manovra e faccia pagare la crisi a chi l’ha provocata, i ricchi,la finanza, la speculazione. 

Per questo la Cgil dovrà essere conseguente e questo chiederemo subito dopo lo sciopero. Occorre metter fine alla stagione del degrado della contrattazione e disdettare l’accordo del 28 giugno, che peraltro il governo, con il consenso di Confindustria, Cisl e Uil ha trasformato in un decreto legge liberticida. Occorre prendere atto che Cisl e Uil, hanno scelto la complicità con il governo e con il mondo delle imprese. Occorre invece riferirsi all’indignazione civile e democratica, ai movimenti sociali, civili e ambientali che hanno percorso il paese. E’ chiaro che uno sciopero generale di questa portata e con questa carica politica è una svolta di fatto nelle scelte della Cgil, che deve portare ai necessari cambiamenti di strategia. Non dovrà essere più possibile, in nessun momento, che la signora Emma Marcegaglia sia portavoce degli interessi comuni del lavoro e dell’impresa. E’ finita la stagione della concertazione e del patto sociale, distrutta dalla stessa ferocia della manovra. Ora tocca alla Cgil essere parte fondamentale e costitutiva di un’opposizione sociale che cambi radicalmente le cose.

mercoledì 17 agosto 2011


Manovra, Giorgio Airaudo
“Sarà la guerra dei deboli”
Il responsabile auto della Fiom sostiene che il governo abbia approfittato della crisi per inserire la possibilità di licenziare: "Faremo gli 'indignados' italiani. Non credo che la Camusso sapesse, ma gli altri sindacati sì"
Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom
“Su questa manovra diamo un giudizio articolato: in parte è iniqua. E in parte è sbagliata”. Sorride amarissimo Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom. Scherza con le coppie di giudizio dello slang sindacalese classico, solo per velare la rabbia che i dirigenti del sindacato metalmeccanico provano in queste ore: “La realtà che dobbiamo spiegare al Paese è ancora più drammatica. Questo governo ha approfittato di un provvedimento dettato dalla crisi per introdurre, di contrabbando, ma nemmeno troppo, la possibilità di licenziare”.

Scusi Airaudo perché parte da questo punto?
Perché le norme che Sacconi ha infilato nella finanziaria, quasi di soppiatto, non portano un solo euro nelle tasche dello Stato. Quindi la prima domanda da farsi è: perché finiscono nella manovra?

Perché?

Io credo che il governo voglia approfittare di un percorso che sul piano parlamentare potrebbe diventare blindato, per infilare un provvedimento a dir poco controverso, che in altro modo non sarebbe passato… 

E poi?
E poi c’è il primo trucco: siccome il dibattito è catalizzato sugli aspetti finanziari sperano che l’opinione pubblica sia distratta da questi temi. 

E voi che farete?
In primo luogo tutto quello che serve per ottenere l’effetto contrario. È ora che gli indignados italiani, quelli che lavorano e pagano sempre, facciano sentire la propria voce.

E da dove si comincia?
Maurizio Landini, chi parla e tutto il gruppo dirigente della Fiom, siamo convinti che la nostra organizzazione debba diventare il punto di riferimento della protesta, nel modo più antico e democratico che questo Paese conosce.

Ovvero?
Occuperemo in modo permanente, per tutti i giorni del dibattito parlamentare l’agorá. Ovvero le piazze che sono nelle immediate vicinanze del Parlamento…

Vi diranno che avete tentazioni golpiste? 
È esattamente il contrario: in un momento grave per la storia del Paese, democrazia vuol dire che deputati e senatori della Repubblica discutano con la voce dei cittadini nelle orecchie.

Qual è la cosa più grave che denunciate?
La crisi, di fatto, viene usata per cambiare i rapporti di forza nella società a sfavore di chi lavora.

Cosa accade in concreto?
Si aggira l’articolo 18 e si scardina il contratto inserendo nella finanziaria la possibilità di derogare le leggi vigenti.

Risultato?
Sarà la guerra ai più deboli. Immaginate un’azienda in crisi che dice ai suoi dipendenti: o chiudiamo, oppure ci date la possibilità di licenziare alcuni vostri colleghi.

L’accordo sindacale del 28 giugno, che la Cgil ha firmato, e che voi state combattendo rende più facile questo scenario?
Io credo che il combinato disposto sia micidiale: se si fa l’accordo a maggioranza semplice non bisogna nemmeno votarlo. E con quell’accordo si scardinano i diritti.

Dicono che la possibilità di licenziare migliorerà il mercato del lavoro.
Purtroppo la possibilità esisteva già e si chiama stato di crisi e mobilità. Adesso si può creare un meccanismo ancora più perverso: si può chiedere ai dipendenti di licenziare i loro compagni di lavoro. Magari dicendo “salviamo solo quelli di Belluno, o solo gli italiani”. Ma questo andrebbe contro il principio anti-discriminatorio che è nella Costituzione… Nessuno ti licenzia perché sei donna o perché sei terrone. Usano sempre “giustificati motivi” ma ti licenziano proprio perché sei donna, perché sei negro, perché sei terrone. Adesso sarà più facile.

Ma i licenziamenti collettivi c’erano anche ora.
Sì, ma non erano discriminatori. La differenza è che grazie ai contratti abbiamo potuto garantire i più deboli, accompagnare con gli ammortizzatori molti che sarebbero rimasti in mezzo a una strada. Adesso resterà solo la strada.

Cambia qualcosa per la Camusso?
Io credo che non lei, ma gli altri sindacati sapessero. Ma adesso che sappiamo tutti, cosa preparavano, la Cgil debba riflettere sulla pericolosità di questa trappola.

da Il Fatto Quotidiano del 17 agosto 2011

Manovra, Landini (Fiom): chiederemo ritiro norme sul lavoro

        
Roma, 16 ago. (Labitalia) - "Chiederemo esplicitamente che tuttta quella parte del decreto anticrisi, che insiste sui diritti dei lavoratori e sul contratto, sia ritirata perché si tratta di un provvedimento che di fatto cancella i contratti nazionali di lavoro e perché rende possibile a livello aziendale fare accordi che derogano dai contratti e addirittura anche dalle leggi". Così Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil, annuncia a LABITALIA le iniziative che il sindacato dei metalmeccanici intende portare avanti, per fermare, dice, "un tentativo furbesco del governo che è quello di usare questa crisi per colpire i diritti dei lavoratori". La richiesta della Fiom di cancellare l'estensione erga omnes della validità degli accordi aziendali sarà presentata, afferma Landini, "direttamente alle commissioni parlamentari e a tutte le forze politiche, perché non è mai successo nella storia di questo Paese, dal dopoguerra a oggi, che, con decreto, un governo proponga di cancellare il contratto e di cancellare lo Statuto dei diritti dei lavoratori, aprendo addirittura la possibilità di fare accordi aziendali che permettano alle imprese di licenziare". Ma per il segretario della Fiom c'è anche dell'altro. "Anche quest'idea di tentare di rendere retroattiva la validità degli accordi di Pomigliano e Mirafiori e cioè di accedere alle richieste della Fiat -spiega- è una novità negativa: è la prima volta che viene fatta appositamente una legge 'ad aziendam'. Un mese fa -ricorda- un tribunale di Torino ha condannato per comportamento antisindacale la Fiat e oggi, tranquillamente, un ministro, che dovrebbe essere un ministro di tutti e far rispettare le leggi, fa un provvedimento che rende validi accordi che invece hanno messo in discussione le libertà antisindacali". "Credo che lo sciopero generale sia necessario -dice il leader della Fiom, sull'ipotesi ventilata nei giorni scorsi da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil- ma non penso che sia sufficiente e, soprattutto, non può essere un semplice sciopero di testimonianza o di protesta. E' necessario da subito che si determini una mobilitazione dal basso come avvenuto anche con i recenti referendum e che si chieda al Parlamento di rispondere ai bisogni del Paese e non semplicemente ai bisogni di qualcuno". Landini ricorda che l'eventuale decisione di uno sciopero andrà presa in alcune sedi collegiali, prima tra tutte "la riunione del 23 agosto dei segretari, di tutte le categorie della Cgil, e di tutte le camere del lavoro, proprio per decidere cosa fare". Non solo. "Come Fiom nel mese di agosto dovremo conviocare il comitato centrale -aggiunge- mentre per il 31 agosto avevamo già programmato un incontro con tutti i movimenti, le associazioni e gli studenti e con tutti coloro che si sono impegnati per il cambiamento". Per Landini, è importante "mettere in campo azioni di mobilitazione dei lavoratori che preparino lo sciopero generale perché la discussione che il Parlamento nei prossimi giorni inizierà a fare deve essere accompagnata da una protesta e dalle proposte alternative che vengono dal Paese". Infine, sottolinea Landini: "E' inaccettabile che vengano cancellate le feste come il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno. Si tratta di una follia perché sono feste che danno identità e storia al nostro Paese". "Il 25 aprile -ricorda il leader delle tute blu della Cgil- è la data che ci permette di essere una democrazia, come non eravamo, e che permette anche a un governo come quello attuale di poter dire e fare quello che pensa. E il 1° maggio e il 2 giugno dimostrano che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, un'idea che qualcuno vuole cancellare". Più che la produttività, l'abolizione delle feste, dice Landini, "rischia di aumentare, a costo zero, l'orario di lavoro dei dipendenti"


sabato 13 agosto 2011


COMUNICATO STAMPA
    
Mobilitazione straordinaria fino allo sciopero generale per cambiare la manovra per decreto del governo e per una diversa uscita dalla crisi 


Dichiarazione di Maurizio Landini Segretario Generale della Fiom 

Non era mai successo che per decreto legge un governo provasse 
a cancellare l'esistenza del Contratto Nazionale e aprisse alla libertà di licenziare. Inoltre il governo fa una legge "ad aziendam" pro Fiat violando principi costituzionali e la carta europea dei diritti dell'uomo.
Tutto ciò all'interno di una manovra economica classista che per decreto colpisce in particolare i lavoratori dipendenti sia privati che pubblici, i pensionati ed i giovani, attaccando i principi democratici del nostro paese e non affrontando i nodi e le ragioni che hanno prodotto il debito pubblico e la crisi del nostro Paese.
La Cgil deve trarre le dovute conseguenze dell'uso fatto dal governo dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e delle proposte delle parti sociali del 4 agosto 2011 e convocare urgentemente una riunione dei propri organismi dirigenti.
E' una manovra, quella del governo, iniqua e sbagliata che colpisce i diritti e il salario dei lavoratori dipendenti, taglia i servizi sociali erogati dai Comuni e dalle Regioni, non colpisce l'evasione fiscale e la corruzione, non introduce una vera patrimoniale ed una vera lotta alle speculazioni finanziarie e non delinea nessuna nuova azione di politica industriale affermando l'idea tragica per il Paese che per uscire dalla crisi bisogna tagliare i diritti, il Contratto Nazionale e lo Statuto dei lavoratori.
Una manovra in contrasto con il pronunciamento popolare avvenuto nei referendum dello scorso giugno, che riapre alla privatizzazione e liberalizzazione dei servizi pubblici.
Così il Paese non esce dalla crisi, ma se ne mette in discussione la sua stessa coesione sociale.
E' necessario pertanto mettere in campo fin dai prossimi giorni una campagna straordinaria di discussione e di mobilitazione in tutto il Paese, per cambiare radicalmente la manovra, compreso il ritiro dei provvedimenti che sanciscono la derogabilità delle leggi vigenti e del Contratto Nazionale e della libertà di licenziare in deroga all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, fino alla proclamazione dello sciopero generale.

Maurizio Landini
Segretario generale Fiom-Cgil

lunedì 1 agosto 2011


Non sarà l’unità nazionale a salvare i lavoratori

Non sarà l’appello delle parti sociali per la crescita a riportare l’armonia tra Maurizio Landini e Susanna Camusso. Il leader della Fiom non esita infatti a bocciare il testo che la segretaria generale della Cgil ha invece firmato, assieme a tutte le associazioni di impresa e agli altri sindacati: “In quel testo – dice Landini al Foglio – ci vedo, innanzitutto, la richiesta piuttosto esplicita di un governo tecnico di unità nazionale. A parte questo, non c’è granché”. Parlare genericamente di “patto per la crescita’’ “non significa nulla”. “E’ una visione limitata – continua il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil – Non mi convince che basti mettersi d’accordo su un patto per uscire dalla crisi. E’ un messaggio che vuole essere rassicurante, ma non è la risposta giusta al vento nuovo che spira nel paese, anzi, rischia di mortificarlo, di spostarlo altrove’’.
Ecco, il vento nuovo: quello che la Fiom di Landini è stata lesta ad annusare, mettendosi nella direzione giusta per intercettarlo, o forse indirizzarlo. Cosa che la politica tradizionale non sa fare: “La politica è vecchia, non è in grado di cogliere queste spinte di novità che arrivano dal basso. C’è una domanda di partecipazione a cui le strutture partitiche tradizionali non sanno dare risposta’’. A differenza della Fiom, che riesce ad aggregare attorno a sé giovani, precari, studenti, pensionati, movimenti di ogni genere. Abbastanza per far sospettare alcuni osservatori di volersi sostituire alla politica, o magari di farla direttamente, recuperando il progetto del Partito del lavoro. Landini però nega: “Nella mia testa non c’è mai stata l’idea di fare un movimento politico, o di sponsorizzare un partito. Né saremmo in grado di farlo: se la Fiom cercasse di dare indicazioni di voto, i nostri iscritti ci manderebbero a stendere’’. Piuttosto i metalmeccanici, con il loro movimentismo, stanno colmando un vuoto che la politica ha lasciato: “Per anni, anche i partiti di sinistra hanno raccontato che non esisteva più il lavoro ma ‘i lavori’. Non era così, ed è stato uno dei motivi per cui la politica ha perso credibilità. Ed è anche uno dei motivi per cui invece l’abbiamo conquistata noi, restituendo al lavoro il suo peso e la sua centralità’’.


"Marchionne ha corraggio,va riconosciuto ha aiutato anche la crisi, ovviamente, che ha risvegliato in un certo qual modo la lotta di classe; ed ha aiutato anche lo scontro all’ultimo sangue con Sergio Marchionne, l’ad di Fiat: “E’ grazie a lui che abbiamo recuperato visibilità. L’ho incontrato solo due volte, e come è noto non ci vado d’accordo, ma gli riconosco coraggio e chiarezza. Dice quello che pensa, a volte dice cose vere, e non teme di rischiare per le sue idee. Che non condivido, naturalmente: ma apprezzo che non sia un tipo da accordi preventivi sottobanco. Gioca alla luce del sole’’. Landini minimizza il proprio successo mediatico, ma ammette di essere rimasto stupito per primo quando si è reso conto di quanta gente, anche diversa e lontana dalle tradizionali aree sindacali, fosse in grado di richiamare la vecchia Fiom: non solo nelle grandi kermesse di Bologna e Milano, ma anche nelle manifestazioni di piazza, a partire da quella del 16 ottobre 2010, sotto parole d’ordine non solo sindacali, ma anche più generali, come la battaglia per la legalità: “Che ha fatto storcere la bocca a molti, anche a sinistra – osserva Landini – ma non ci si può nascondere che un pezzo sempre più importante di economia è in mano alla criminalità, è un problema anche sindacale, non solo della magistratura’’. Ottimi, infatti, i rapporti con i magistrati, così come con i movimenti. Meno buoni quelli con i partiti: “Li abbiamo incontrati tutti, ma il solo che ha raccolto la nostra idea di democrazia, presentando una proposta per il voto dei lavoratori, è stato l’Idv di Antonio Di Pietro”. Per il resto, ‘’i partiti sanno solo chiederci di tornare all’unità sindacale. Ma non si rendono conto che se l’unità è finita da dieci anni un motivo ci sarà”.


La democrazia, per Landini, è un tema generale che viene anche prima dei diritti. “Se Marchionne lascia l’Italia non è un problema della Fiom ma di tutto il paese. Ma la politica non ha strumenti per governare l’economia, caso mai è il contrario ormai. C’è una concentrazione di potere economico privato senza precedenti’’. La politica e i suoi limiti, ma anche i limiti del sindacato: “Anche i sindacati sono vecchi, vanno cambiati – ammette – Occorrono riforme anche in casa nostra, iniziando dai contratti. Io sono per tre sole aree contrattuali: servizi e commercio, pubblico impiego e scuola, e industria, radunando qui tutto il manifatturiero’’. Solo così potrebbero aprirsi spazi per la contrattazione di secondo livello. Se ne parla da anni, ma non si è mai realizzata, e la stessa Cgil non la vede con favore: “Una revisione dei contratti cambierebbe il ruolo della confederalità, delle categorie. E anche il sindacato, come la politica, si regge su una burocrazia elefantiaca, che una riforma costringerebbe a rivedere radicalmente’’.


La gestione "autoritaria"della Camusso quanto allo scontro con la Cgil, Landini accusa la confederazione di aver scelto “una gestione che affronta la complessità in modo autoritario’’, ma nega che si possa arrivare a una rottura definitiva, anche se le divisioni ormai sono a tutto campo, compreso il voto sull’accordo di giugno, che Camusso vuole solo tra gli iscritti e Landini è fermo nel voler estendere a tutti i lavoratori. Nel caso, comunque, avverte: “Non ho nessuna intenzione di andarmene dalla Cgil. Anzi, penso di essere io la Cgil: sono molto più vicino alla linea di altri’’. E poi, spiega, la sua forza è quella di non porsi il problema di “cosa sarà di me’’, del futuro, della carriera: “Possiedo solo una valigia, una macchina e un cane – conclude Landini – La casa in cui vivo è di mia moglie. Se volesse potrebbe cambiare la serratura e cacciarmi’’. Lei, sì. Non la Camusso.
Dal IL FOGLIO del 30 luglio 2011