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venerdì 24 dicembre 2010


BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO A TUTTI I LAVORATORI/TRICI DELLA CNH DI JESI 

Le pubblicazioni riprenderanno il 3 gennaio 2011
                                                                                         
                                                                                         RSU FIOM-CGIL JESI

Cremaschi : «Accordo Fiat da fascismo,           sciopero generale»

Giorgio Cremaschi (Eidon)

 «Dal 1925 è il più grave atto antidemocratico  verso il mondo del lavoro»



MILANO - L’accordo di Mirafiori «è il più grave atto antidemocratico verso il mondo del lavoro» dai tempi
 del fascismo. Ad affermarlo il presidente del comitato centrale della Fiom, Giorgio  Cremaschi, il quale torna  a chiedere al leader della Cgil, Susanna Camusso, di proclamare lo sciopero generale.
IL FASCISMO - «Il 2 ottobre 1925 Mussolini, la Confindustria e i sindacati corporativi fascisti firmavano a Palazzo Vidoni un accordo che cancellava le elezioni delle commissioni interne. L’accordo di Mirafiori che cancella le elezioni delle rappresentanze aziendali è, da allora, il più grave atto antidemocratico verso il mondo del lavoro». «L’accordo - prosegue Cremaschi - abolisce la democrazia e istituisce un regime di fiduciari come durante il fascismo ed è di una gravità inaudita che Cisl e Uil abbiano potuto sottoscriverlo, è una rottura senza precedenti a cui non si potrà che rispondere con la lotta e la mobilitazione democratica per questo è convocato il comitato centrale della Fiom il 29 dicembre e da li dovrà partire una risposta in grado di fermare questo attacco. Per questo rinnovo la richiesta a Susanna Camusso di fare lo sciopero generale e di non continuare ad illudersi che la Confindustria si dissoci da Marchionne. Non è successo nel 1925 e non succederà oggi». 

Milano,27 dicembre 2010

Perchè non fare lo sciopero generale è autolesionistico


 
Giorgio Cremaschi -  Susanna Camusso ha detto agli studenti che non ci sono le condizioni per lo sciopero generale. E' una risposta assolutamente infelice e totalmente sbagliata, almeno per due ragioni di fondo. In primo luogo, se per mancanza di condizioni si intende l'assenza di motivi sufficienti per scioperare, siamo all'assurdo. Cosa deve succedere ancora? La crisi economica avanza e con essa un disegno delle caste dominanti in Italia e in Europa che propone una catastrofe sociale senza precedenti. Non c'è la ripresa e chi lavora viene costretto agli straordinari, chi ha perso il lavoro viene lasciato nella disoccupazione, cresce la precarietà soprattutto dei giovani, mentre si distrugge ciò che resta dello stato sociale. Questa è la ricetta greca che si vuole applicare un po' alla volta in tutta Europa, non basta essa per scioperare? In Italia l'attacco ai diritti del lavoro è parte integrante della gestione reazionaria e autoritaria della crisi. E' stato approvato il collegato lavoro, che distrugge i principi centenari del diritto del lavoro e che da solo sarebbe motivo sufficiente per uno sciopero generale. Marchionne impone che la Fiat auto esca dal contratto nazionale e addirittura che Mirafiori esca dalla Confindustria, con il solo motivo di impedire alla Fiom di partecipare alle elezioni per le rappresentanze sindacali aziendali. Questo atto di autentico fascismo aziendale sarebbe da solo motivo sufficiente per uno sciopero generale: dal 1945 a oggi mai si era così minacciata la libertà dei lavoratori italiani. E' un autolesionismo privo di senso proporsi di fare un patto sociale con una Confindustria che o sostiene o subisce, ma comunque accetta la linea di Marchionne.
E' stato lo stesso Berlusconi, nelle sue dichiarazioni programmatiche sulla fiducia, che ha rivendicato il patto sociale come programma del suo governo. Nella scuola l'attacco ai diritti è lo stesso: la Gelmini cancella l'università pubblica e apre la via alla completa privatizzazione dell'istruzione. La richiesta di sciopero generale venuta dagli studenti dovrebbe essere motivo di gioia, e non di imbarazzo, per la Cgil. La verità è che c'è un Paese che si è rimesso in moto mentre le istituzioni politiche e sindacali, anche quelle della sinistra sono ferme, con poche eccezioni tra cui quella della Fiom. La ragione di questa staticità e incomprensione nei confronti del Paese che lotta va fatta risalire agli avverbi che usava Veltroni quando era segretario del Partito democratico. Non ci si mobilita e non ci si impegna a sufficienza quando si è vittime della nefasta sindrome del "ma anche". Si dice di no alla Gelmini, ma ci si vuole anche alleare con quel Terzo Polo che la Gelmini ha fatto passare. Si dice che Marchionne sbaglia, ma si vuol fare anche il patto sociale con la Confindustria che lo sostiene. Si vuol stare con gli studenti, ma si vuole anche fare l'unità con Bonanni. Sono questi ma anche che paralizzano la Cgil e l'opposizione di sinistra e che hanno ridato forza a un Berlusconi. Il presidente del Consiglio oggi torna in campo con la sua insopportabile arroganza unicamente per l'inettitudine e debolezza di coloro che ha di fronte. Tutto questo sarebbe dovuto alla paura di restare isolati. Ma chi è isolato da chi? Secondo un recente sondaggio della Swg solo il 4% della popolazione italiana pensa di essere pienamente dentro il sistema e solo il 40% si sente comunque parte di esso. La maggioranza della popolazione italiana oggi si sente o parzialmente o totalmente estranea ed emarginata dal sistema, io dico dal regime, economico politico che ci governa. C'è un Paese che non ne può più e una parte sempre più vasta di esso rialza la testa. Gli applausi dei cittadadini romani alla manifestazione degli studenti sono il segno di questo cambiamento. Basta con la ricerca di legittimazioni dentro un sistema che sta distruggendo diritti e libertà, è il sistema stesso che va cambiato e per farlo bisogna unire e organizzare la forza e l'intelligenza di tutti coloro che ne sono fuori. Questo anno ci insegna che per ognuno di noi c'è una gru o un tetto, metaforico o reale, su cui salire per farsi sentire.

Arriva il modello americano regole zero e massima flessibilità "Si torna agli anni Cinquanta"


Una rivoluzione per sindacati e Confindustria.   Accornero: "È l´America che decide". Treu: "Una bomba atomica, il sistema in pezzi". Cade la possibilità per chi non firma i contratti di presentare una lista raccogliendo il 5%
ROMA - «È un ritorno agli anni Cinquanta», dice Aris Accornero, sociologo, licenziato dalla Fiat proprio in quel periodo perché comunista. La tesi di Accornero, intellettuale di sinistra quasi mai allineato, sulla logica che ha portato all´accordo separato di ieri alla Fiat-Chrysler è del tutto originale. Perché non c´è solo l´identica "cacciata" dalle fabbriche dei ribelli (i comunisti all´epoca, la Fiom oggi), c´è anche il comune fattore esterno che determina la strategia del gruppo automobilistico: oggi come più di mezzo secolo fa è l´America - spiega Accornero - che decide le traiettorie delle relazioni industriali. «Negli anni Cinquanta l´ambasciatrice americana Clare Booth Luce sosteneva che il suo governo avrebbe negato le commesse se a prevalere fossero stati i comunisti. Oggi Marchionne dice che non investe se non si sta al passo con la globalizzazione».
E oggi come all´ora si consuma il distacco della grande Fiat dalla Confindustria. Perché il passaggio chiave per far fuori la Fiom è l´uscita della newco di Mirafiori (esattamente come quella per Pomigliano) dall´associazione degli industriali. Fuori dalla Confindustria, fuori dal contratto nazionale, fuori dalle regole pattizie della rappresentanza sindacale. Quasi a far incrociare i destini di Fiom e Confindustria, così agli antipodi eppure così legati. Addio - almeno per Mirafiori e Pomigliano - al "protocollo Ciampi" del 1993 che per chi non firma i contratti prevede la possibilità di presentare una lista, raccogliendo il 5 per cento delle firme dei lavoratori interessati, per eleggere i propri rappresentanti sindacali. La Fiom non avrà più questa garanzia (anche se frotte di avvocati si preparano ad aprire le vertenze) e non potrà nemmeno ricorrere al novecentesco Statuto dei lavoratori perché chi non firma i contratti collettivi non può dar vita alle vecchie Rsa, le rappresentanze aziendali.
Per trattenere la Fiat, Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, avrebbe potuto dare la disdetta dell´intesa del ´93. Non l´ha fatto anche per non scatenare un conflitto sociale radicale. Ha riunito la Consulta dei presidenti e nessuno, su questo, si è schierato con il Lingotto. Ma va detto che una parte del sindacato, per esempio la Uil di Luigi Angeletti, aveva suggerito di superare formalmente quell´accordo perché non è mai stato modificato nella parte che riguarda le rappresentanze sindacali. Impensabile che ora possa arrivare una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacali: a parte la Cgil sono tutti contrarissimi, a cominciare dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Ci vorrebbe un nuovo accordo ma l´ennesima frattura tra Cgil, Cisl e Uil non prelude a una soluzione condivisa.
Un´epoca si chiude davvero. Quella di Sergio Marchionne, amministratore delegato del Lingotto, non a caso con doppio passaporto (italiano e canadese), è una svolta radicale. «Una bomba atomica», la chiama Tiziano Treu, giuslavorista democratico, già ministro del Lavoro nel primo governo Prodi.
«È un sistema di relazioni industriali - aggiunge Treu - che comincia a perdere tutti i pezzi: gli accordi, i contratti, i diritti. Marchionne è uscito da un sistema e si sta facendo il suo "sistemino" di relazioni industriali». È il sistema americano, quello con il sindacato e i contratti aziendali. D´altra parte anche in Germania molte aziende stanno uscendo dalla loro Confindustria proprio per non applicare il contratto collettivo. In Italia chi potrà imiterà Marchionne. Il ruolo di Confindustria, come quello delle confederazioni sindacali, è messo totalmente in crisi. Si va verso il modello aziendalista». Quello che in Italia, però, non ha mai attecchito. E che - altro ricorso storico - proprio negli anni Cinquanta la Fiat introdusse con il Sida (Sindacato italiano dell´automobile), nato da una costola della Cisl, la cui eredità è stata presa oggi dal Fismic.
Giuseppe Berta, storico dell´industria, sostiene che «il centralismo romano sia finito, ma non la rappresentanza degli interessi». Aggiunge: «La Fiat che è sempre stata molto nazionale, ora è diventata "glocal", globale e locale. È un passo decisivo verso la globalizzazione. Tutti gli standard di riferimento, anche quelli sindacali, diventano globali». Per sindacati e Confindustria nulla sarà come prima. Marchionne l´ha deciso a Detroit.

Landini:"Accordo vergognoso" da Corriere.tv (clicca sopra)

Fiat. Mirafiori. Testo dell'accordo separato [4.8 MB] (clicca sopra)



Questa sera Maurizio Landini, segretario generale della Fiom sarà ospite in studio al TG3 delle ore 19.00


E' convocato in seduta straordinaria per il 29 dicembre 2010, il Comitato centrale della Fiom-Cgil presso la sala Di Vittorio della Cgil nazionale in corso d'Italia 25 a Roma, alle ore 9.30.Ordine del giorno: Accordo separato su Mirafiori, i suoi effetti gravissimi sul lavoro e sulle libertà sindacali, le risposte della Fiom.