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venerdì 26 novembre 2010

LO SPIRITO TOYOTA NON FA PER NOI

Dietro lo scontro tra l'Ad della Fiat e la Fiom c'è solo la questione di come si organizzano le relazioni industriali, a cominciare dal contratto nazionale di categoria, o c'è un metodo? Sergio Marchionne in diverse occasioni lo ha richiamato: è il World Class Manufacturing (Wcm), ovvero lo spirito Toyota trasferito in Occidente. In questo passaggio il toyotismo ha messo al centro la competizione sul mercato mondiale e dato minor peso alle esigenze di valorizzazione dei lavoratori. Dominano l'ossessione per il "miglioramento continuo" e la "lotta agli sprechi". Ogni mancanza è multata, come ben sanno gli operai di Pomigliano. Nel Wcm si mischiano principi dello scientific management (un neo-taylorismo fatto di standardizzazione di metodi e procedure; intensificazione di ritmi e di carichi di lavoro; crescente controllo) e tecniche di gestione finalizzate ad acquisire coinvolgimento, partecipazione, consenso da parte dei lavoratori. Dice Yamashina, il guru giapponese di Marchionne: «Per essere abbastanza forti nella produzione, è necessario avere buoni cervelli , ma anche muscoli forti, cioè una capacità di produzione resistente. Inoltre è necessario possedere anche un buon sistema nervoso per connettere i cervelli con i muscoli, cioè avere dipendenti fortemente coinvolti". In Usa e in Europa i lavoratori hanno, però, resistito all'idea di immedesimarsi totalmente nei destini aziendali. Fin da subito i principi Toyota applicati alla Nissan britannica hannò provocato una reazione operaia, pur in una zona con alta disoccupazione. Lo stesso fenomeno è accaduto alla Fiat di Melfi. In Usa, per superare il rischio che la resistenza operaia si tramutasse in conflitto organizzato, si è fatto di tutto per impedire l'ingresso del sindacato in azienda. Quasi sempre Wcm e scelte no-union sono andate insieme. Tuttavia il metodo Toyota, se è solo una gabbia di ferro, funziona male. Un eccesso di "miglioramento continuo", con una organizzazione delle linee produttive con tempi e ritmi imposti secondo una logica neo-taylorista, ha obbligato la Toyota nel 2009 a ritirare dal mercato per difetti 10 milioni di autovetture, con un colpo durissimo all'immagine total quality. In Europa il Wcm ha ricercato il sostegno del sindacato per assicurarsi il consenso dei lavoratori. Senza servirebbe uno sforzo notevolmente maggiore, in termini di risorse economiche e di mezzi, per realizzare gli stessi obiettivi di efficacia ed efficienza produttiva . Il sindacato diventa un prolungamento dell'azienda, gestisce le criticità ed i problemi che si verificano nello svolgimento dell'attivita lavorativa, ma non negozia la progettazione degli aspetti organizzativi, né o contratta la prestazione d'opera. La prima conseguenza è che una quota significativa di lavoratori sceglie il rapporto diretto, non negoziato, con il management aziendale. Alla Fiat sta già succedendo e con la New-co a Pomigliano si punta a rafforzarlo con la selezione degli assunti, a cominciare dall'accettazione individuale di un accordo imposto e non condiviso dal 40% degli operai. È possibile che Cisl e Uil, in un contesto del genere, mantengano iscritti e delegati, ma la questione vera è se poi avranno il consenso per impedire la rinascita di una conflittualità diffusa. E facile prevedere che non sarà così e lo ha già dimostrato la dura lotta alla Sata di Melfi nel 2004. E se il sindacato perde il suo molo di organizzatore del conflitto, viene meno una forza decisiva per la difesa della democrazia. Dall'ingegner Taylor (esiste un solo modo - one best way - per risolvere i problemi del lavoro) alla signora Thatcher («There is no alternative», perché tutto lo decide il mercato) fino al Wcm ed a Sergio Marchionne la questione vera è se è legittimo, oltre che possibile, sostenere un'alternativa allo stato di cose presente. Amartya Sen ci dice che una società giusta ha come base il confronto tra posizioni diverse e prospettive divergenti che portano a soluzioni decisionali alternative. Se è cosa, la mediazione del conflitto attraverso la pratica sociale della contrattazione è fondante della giustizia e della democrazia: «Esistono ingiustizie palesemente risolvibili, a cui desideriamo porre rimedio». Il Premio Nobel ed il delegato Fiom stanno, dunque, dalla stessa parte, perché danno una comune risposta.

MARIO SAL

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