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sabato 31 dicembre 2011

BUON


ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI
DELLA C.N.H. DI JESI

venerdì 23 dicembre 2011


«Ripartiamo dalla democrazia»
Misure ingiuste. Serve un progetto per l'occupazione con una nuova idea di sviluppo per Fiat e Fincantieri, «ci batteremo contro gli accordi separati». L'11 febbraio tutti a Roma
Un giovedì nero, «non per la Fiom ma per la democrazia italiana». Ieri è capitato di tutto, a partire dall'approvazione di una manovra che «aumenta le diseguaglianza e non fa nulla per l'occupazione e per un nuovo modello di sviluppo». Contemporaneamente Fim e Uilm, organizzazioni minoritarie nei cantieri navali, firmavano un accordo con Fincatieri che «accetta lo stesso piano di esuberi che a giugno l'azienda era stata costretta a ritirare grazie alle lotte dei lavoratori». Dulcis in fundo, gli stessi sindacati «complici» firmavano un nuovo accordo separato che estende il modello Pomigliano - massimo sfruttamento e diritti al minimo - a tutte le aziende del settore auto: «Ti rendi conto che stiamo parlando di centinaia di migliaia di lavoratori?». Ecco Maurizio Landini, battagliero segretario della Fiom impegnato su tanti fronti, non escluso quello interno con la Cgil. Con lui tentiamo un'analisi delle ultime performances del governo e della Confindustria.
Partiamo dall'accordo firmato da Fim e Uilm con Fincantieri.
Semplice, Fim e Uilm hanno accettato quel che i lavoratori hanno rifiutato e contro cui si sono battuti. Hanno accettato la logica delle chiusure di cantieri e degli esuberi senza alcun mandato, e pretendono di imporne le conseguenze a tutti i dipendenti.
E il governo Monti? Fincantieri è un'azienda pubblica.
Il ministero dell'industria non chiede alla sua azienda un piano e addirittura consente che venga firmato un accordo separato senza il sindacato più rappresentativo. Ma come pensano di uscire dalla crisi? Quale modello di sviluppo compatibile, di occupazione, di mobilità hanno in testa, se lasciano deperire la produzione di navi, di treni, di autobus, di automobili? 
Pomigliano è un caso unico, irripetibile dicevano i vostri critici di maggioranza e opposizione, Cisl, Uil, persino la Cgil. Poi è arrivata Mirafiori seguita dalla Bertone e infine tutti gli stabilimenti Fiat, 86 mila dipendenti a cui è stato cancellato il contratto nazionale e i diritti conquistati nel secolo scorso. Ora Fim, Uilm e Federmeccanica hanno siglato l'ennesimo accordo separato per l'intero settore auto.
Così, rapidamente, si cancella il contratto nazionale per tutti. La Costituzione è espulsa dalla fabbrica con l'esproprio del diritto di voto e di elezione dei rappresentanti. Prima che un'ingiustizia contro la Fiom è la messa in mora della democrazia dei lavoratori. E se la democrazia esce dal lavoro esce dalla società. Capisci perché insistiamo sulla necissità di ridefinire le regole sulla rappresentanza? Prima la politica prende atto di questo vulnus e meglio è. Chiediamo la certificazione della rappresentanza sindacale attraverso il voto di tutti i dipendenti, in ogni posto di lavoro. Dev'essere chiaro chi rappresenta chi, e insieme, ogni accordo dev'essere sottoposto al giudizio degli interessati e approvato, per essere valido. Abbiamo iniziato la raccolta di firme per un referendum abrogativo dell'estensione del contratto Pomigliano a tutta la Fiat. Alla Ferrari e poi alla Cnh di Jesi persino le Rsu l'anno bocciato. Se passa questo accordo separato e se non ci si libera dell'articolo 8 della manovra berlusconiana arriveremo a una balcanizzazione delle relazioni sindacali. La Fiom ha indetto quattro ore di sciopero a gennaio e una grande manifestazionale a Roma l'11 febbraio, non assisteremo passivamente a questo scempio della democrazia.
Intanto Federmeccanica dice ai suoi affiliati che la Fiom non esiste perché non ha firmato il contratto separato del 2009 che cancella quello unitario di un anno prima.
Mi dispiace per loro, ma la Fiom ha 363 mila iscritti, è il sindacato più forte anche tra le Rsu e nel voto dei lavoratori. Gli imprenditori dovranno fare i conti con noi.
La manovra è stata varata ed è diventata legge. Il tuo giudizio?
Invece di ridurre le diseguaglianze le ha accentuate e l'attacco alle pensioni cancella un elemento di solidarietà generale. Neanche per chi ha fatto lavori faticosi fin da ragazzo c'è un minimo di rispetto. Non c'è patrimoniale né lotta a evasione e corruzione, non ci sono investimenti finalizzati a un nuovo modello sviluppo che rispetti i diritti di chi lavora e dell'ambiente. Devo continuare, sui privilegi, sulle spese per gli armamenti? Aggiungo che un paese democratico dovrebbe potersi scegliere il governo esercitando il diritto di voto.
Sull'ennesimo attacco all'art. 18 la ministra Fornero e il governo sono stati costretti a un passo indietro.
Fornero dice di essere stata frainesa. Bene, non se ne parli più. Il problema non è togliere le sanzioni esistenti ma costruire un sistema universale dei diritti sul lavoro e al tempo stesso ridurre a 4 o 5 le forme atipiche. In testa bisogna avere il binomio occupazione-diritti. A parità di prestazione si devono avere pari retribuzioni e diritti. Il lavoro precario deve costare di più e ancora, va introdotto un reddito di cittadinanza per chi il lavoro non ce l'ha o ce l'ha precario e intermittente. Serve una semplificazione: si deve andare a un contratto unico di tutta l'industria.
La critica comune alla manovra, la difesa dell'art. 18, il giudizio sugli accordi separati, possono avviare una stagione nuova nei rapporti, oggi difficili, tra Fiom e Cgil?
È evididente che siamo entrati in una nuova fase, ed è ormai palese che neanche l'accordo sottoscritto dalla Cgil il 28 giugno ferma la pratica degli accordi separati. Si può ripartire insieme dalla democrazia, dalla certificazione della rappresentanza che presuppone, e mi rivolgo anche alla politica e al governo, un intervento sull'art. 19. Dal diritto di voto dei lavoratori. E da una battaglia per un nuovo modello di sviluppo dove non ci sia più posto per le troppe ingiustizie che affliggono questo paese



Loris Campetti da il Manifesto

La R.S.U. della C.N.H. di JESI boccia l'accordo Fiat 


Verbale di consultazione RSU per CCSL Fiat del 13/12/2011

In data odierna i sottoscritti Di Terlizzi Francesco, Fratoni Enrico, Morganti Lorenzo in qualità di commissione per la consultazione delle RSU dello Stabilimento C.N.H. di Jesi dichiarano che: le votazioni si sono svolte con tutte le regole previste e in maniera ordinata seguendo l’iter procedurale senza imprevisti, hanno partecipato tutte le 12 RSU aventi diritto con il seguente  risultato:

Favorevoli all’accordo del 13/12/2011 voti 5

Contrari all’accordo del 13/12/2011 voti 7

Bianche nessuna

Nulle nessuna


C.N.H. Jesi 22/12/2011                              In Fede la Commissione

mercoledì 21 dicembre 2011



Fiat Modena, i delegati Fim e Uilm bocciano il contratto



     
I lavoratori degli stabilimenti Fiat di Modena - Ferrari, Maserati e Cnh - hanno bocciato l'accordo sul contratto del 12 dicembre: hanno votato soltanto otto delegati su 52 aventi diritto, con 4 contrari, 3 favorevoli e una scheda bianca. I delegati Fiom non hanno partecipato al voto, come rende noto la stessa Fiom di Modena. Tutto e' partito da una riunione delle 52 Rsu degli stabilimenti modenesi, convocata da Fim e Uilm: all'incontro si sono presentati anche i 22 delegati della Fiom. 
Per la Fiom l'esito del voto dimostra che "non solo i delegati della FIOM sono contrari, ma gli stessi delegati di FIM e UILM esprimono a maggioranza il loro dissenso. Acquista quindi ancora più valore la decisione della FIOM di raccogliere le firme per abrogare il contratto che vogliono solo FIAT, insieme a FIM UILM FISMIC UGL e ASSOCIAZIONE QUADRI".
'E' stata una giornata fantozziana - ha dichiarato Giordano Fiorani, segretario della Fiom di Modena, all'Ansa - che dimostra che l'accordo e' stato voluto esclusivamente dalla Fiat e dalle direzioni nazionali sindacali'.  

lunedì 19 dicembre 2011


CAMPAGNA NAZIONALE E INTERNAZIONALE PER I DIRITTI E LE LIBERTA' SINDACALI IN FIAT
La Fiom lancia, insieme alla campagna nazionale IO VOGLIO LA FIOM IN FIAT, una campagna internazionale di raccolta firme attraverso il sito Labourstart. Infatti la Fiat, con l'accordo separato che estende a tutto il gruppo i termini dell'accordo di Pomigliano e cancella tutti gli accordi aziendali e il contratto nazionale, non viola solo il diritto del lavoro italiano, ma anche due convenzioni internazionali della Organizzazione internazionale del lavoro, la n. 87 sulla libertà di associazione e la n.98 sul diritto di organizzazione e contrattazione collettiva, entrambe ratificate dal Governo Italiano. 

L'invito a firmare, viene inviato da Labourstart in più lingue, compreso l'italiano, a decine di migliaia di indirizzi di sindacalisti/e e attivisti/e sindacali. Oltre all'appello c'è un breve messaggio che arriva agli indirizzi mail del Ministro del Lavoro e della Fiat,  dr. Sergio Marchionne.


venerdì 16 dicembre 2011

Conferenza stampa di Maurizio Landini e Giorgio Airaudo sulle iniziative contro l’accordo separato sull'estensione del modello Pomigliano a tutto il Gruppo Fiat
   
          
Watch live streaming video from fiomnet at livestream.com

mercoledì 14 dicembre 2011








CANCELLANO IL CONTRATTO NAZIONALE E 40 ANNI DI CONTRATTAZIONE AZIENDALE. ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI DEL GRUPPO FIAT SI NEGANO LE LIBERTÀ SINDACALI E LA LIBERTÀ DI POTER DECIDERE

Ieri senza la presenza della Fiom-Cgil al tavolo negoziale è stato siglato un accordo che  porta le lavoratrici e i lavoratori fuori dal contratto nazionale di lavoro isolando i lavoratori e le lavoratrici del gruppo Fiat da tutti gli altri lavoratori metalmeccanici.

Questa intesa estende l'accordo di Pomigliano a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori del gruppo Fiat dopo che per oltre un anno era stato spiegato in tutti gli stabilimenti che mai sarebbe successo.
Dal 1 gennaio diventano automatici ed esigibili da parte della Fiat senza contrattazione i 18 Turni, 120 ore di straordinario obbligatorio che portano a 200 le ore annue di straordinario possibili, il taglio di 10 minuti di pausa, la pausa mensa spostata a fine turno, il mancato pagamento di almeno 2 giorni di malattia in caso di assenze superiori al 3,5% sullo stabilimento. Sanzioni ai lavoratori e ai rappresentanti sindacali.
Gli «sbandierati» incrementi salariali riguardano la paga oraria e sono dovuti alla risistemazione di voci già esistenti, non modificano sostanzialmente la retribuzione lorda e hanno effetti utili solo di fronte ad aumento dei turni e degli straordinari. Niente di nuovo se lavori di più prendi di più «e ci mancherebbe ancora!». Nella stessa direzione va l'adeguamento dello straordinario al sabato. Il premio straordinario di 600 euro per il 2012 è un «imbroglio»: totalmente legato alla presenza e all'effettiva prestazione di lavoro di non meno di 870 ore in sei mesi. Quindi vengono considerate assenza: par, ferie, mezz'ora di pausa, malattia, infortunio, maternità, donazione di sangue, legge 104, sciopero e tutti i permessi non retribuiti.
Tutto questo accade senza che le lavoratrici e i lavoratori siano stati informati del negoziato.Le assemblee si svolgeranno a «babbo morto» e dopo la firma. Alle lavoratrici e ai lavoratori non è stato chiesto alcun mandato per uscire dal Contratto nazionale e dai contratti aziendali.
Questo accordo cancella tutti gli accordi aziendali di ogni singolo stabilimento. Limita il diritto di sciopero e ad ammalarsi, limita la contrattazione dell'organizzazione del lavoro e degli straordinari, trasforma i delegati sindacali, di stabilimento, in «controllori» delle regole per conto dell’azienda, allontanandoli dalle lavoratrici e dai lavoratori.
La Fiom-Cgil non rinuncia al contratto nazionale di lavoro, non lascerà soli e isolati le lavoratrici e i lavoratori del gruppo Fiat, sosterremo e daremo voce a tutte le iniziative delle lavoratrici e dei lavoratori degli stabilimenti Fiat. Chiederemo ai lavoratori di eleggere comunque i nostri rappresentanti e difenderemo il diritto alla libera scelta del sindacato in tutte le sedi utili anche quelle legali.
Nei prossimi giorni decideremo altre iniziative utili a tenere aperta la vertenza che per noi continua.

Fiom-Cgil

lunedì 12 dicembre 2011

Che tempo che fa  1)Parte Che tempo che fa 2)Parte

venerdì 9 dicembre 2011

LUNEDI' 12-12-11 SCIOPERO DI 8 ORE

LA RSU DELLA FIOM CGIL CONFERMA LA PROCLAMAZIONE DI 8 ORE DI SCIOPERO LUNEDI’ 12 DICEMBRE 2011 CONTRO LA SCELTA DI FIAT DI ESTENDERE A TUTTI L’ACCORDO DI POMIGLIANO, E CONTRO LA MANOVRA CLASSISTA DEL GOVERNO MONTI CHE SCARICA TUTTA LA CRISI SU LAVORATORI E PENSIONATI. INVITIAMO I LAVORATORI TUTTI AL PRESIDIO “NOTTE ROSSA” CHE LUNEDI’ DALLE 3 DEL MATTINO SI TERRA’ DAVANTI AI CANCELLI DELLA FABBRICA E CHE VEDRA’ LA PARTECIPAZIONE ANCHE DEI METALMECCANICI DELLA PROVINCIA DI ANCONA. A FAR DA CONTORNO ALLA NOTTATA, INTERVENTI DI LAVORATORI E DELEGATI, MUSICA, LETTURE, SALSICCE E VERDICCHIO DEI CASTELLI… PER DIFENDERE LA LIBERTA’ E LA DEMOCRAZIA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI METALLURGICI FIAT ALLE 3 AI CANCELLI! Jesi 9 Dicembre 2011 La RSU della Fiom Cgil

mercoledì 7 dicembre 2011

lunedì 5 dicembre 2011


 Se piangono i ministri, cosa devono

fare i lavoratori e i pensionati


di Giorgio Cremaschi

La manovra decisa dal governo Monti è un intollerabile concentrato di aggressioni alle condizioni di vita della maggioranza della popolazione italiana. Il 10% più ricco del paese, che detiene la metà della ricchezza nazionale, pagherà si e no l’1% dei costi della manovra. Il restante 90% paga tutto il resto e la stragrande maggioranza dei costi sono su lavoratori dipendenti e pensionati.
Si va in pensione a 66 anni gli uomini e a 62-63 le donne, una vergogna sociale che colpisce le condizioni di lavoro di chi fatica davvero, di chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, di chi non ha contributi sufficienti. La pensione di anzianità va a 42 anni, ancora una volta un danno soprattutto per gli operai e per chi fa i lavori più faticosi. Così i giovani verranno ancora una volta imbrogliati, perché sarà per essi sempre più difficile accedere al lavoro. Si blocca la rivalutazione delle pensioni sull’inflazione, una vera e propria carognata che colpisce i redditi già falcidiati dall’inflazione. E poi c’è una valanga di tasse, in gran parte sul lavoro e sui redditi più bassi, da quelle sulla prima casa, all’aumento delle addizionali Irpef comunali e regionali, all’aumento delle tasse sulla benzina, all’aumento dell’Iva, dai ticket sanitari all’aumento dei prezzi dei costi di tutti i servizi sociali.
Di fronte a tutto questo i ricchi pagano con qualche piccola elemosina e le caste vengono lasciate sostanzialmente immuni. Non c’è una patrimoniale sulle grandi ricchezze, non si toccano le spese militari o per le grandi opere o gli sprechi veri della pubblica amministrazione. Qui, insomma, un massacro sociale che si aggiunge a quelli già preventivati dalle manovre del governo Berlusconi. Nel 2012 la somma delle manovre Tremonti-Monti porterà a un salasso di quasi 70 miliardi sui redditi e sulle condizioni sociali della stragrande maggioranza del paese. Di fronte a tutto questo le misure per la cosiddetta “crescita” sono solo sgravi fiscali alle aziende, che significheranno profitti in più per chi già guadagna, ma nemmeno mezzo posto di lavoro aggiuntivo.
Questa manovra è semplicemente la cura greca somministrata all’Italia. E’ la tecnocrazia liberista e bancaria dell’Europa che impone la stessa ricetta ovunque, con gli stessi fallimenti.
La Grecia ha cominciato così un anno e mezzo fa e adesso è alla catastrofe sociale ed economica, senza aver ridotto di un centesimo il peso del debito. La stessa via imbocca l’Italia, con una manovra che avrà un puro effetto recessivo e che quindi potrà anche salvare il bilancio di qualche banca ma farà sprofondare il paese nella miseria.
Bisogna contrastare con tutte le forze queste misure e questa politica. Qui si gioca il futuro del lavoro, dello stato sociale, dello stesso sindacato. Occorre un’autocritica profonda in Cgil per le carte di credito concesse a questo governo che, come si è visto, ha speso tutto il credito ricevuto contro il mondo del lavoro. Occorre andare a uno sciopero generale subito e prepararsi a fronteggiare fin d’ora le nuove misure, quelle annunciate sul mercato del lavoro, che se avranno lo stesso segno della manovra del 4 dicembre, saranno anch’esse terrificanti. Se stiamo sulla strada della Grecia dobbiamo fare una sola cosa, lottare come fanno i lavoratori dei sindacati greci: fino a che le cose non cambiano, in Italia e in Europa. Tutto il resto sono chiacchiere.

venerdì 2 dicembre 2011


 Contro il governo Monti Marchionne



In uno dei suoi ultimi sgangherati interventi contro la Fiom, sempre più uguali a quelli di Berlusconi contro i comunisti, Sergio Marchionne ha anche esaltato le scelte che prepara il governo Monti. Dal suo punto di vista ha perfettamente ragione. L’impostazione economica del governo, almeno secondo tutto quello che  appare dalle indiscrezioni che lo stesso governo volutamente fa uscire, corrisponde nella società italiana a quello che Marchionne fa in Fiat.
Vediamo qualche dato. E’ uscito su Il Sole-24 Ore un articolo che paragona la condizione degli operai dello stabilimento Volkswagen di Wolsfburg con quella degli operai Fiat di Pomigliano, dopo l’accordo che l’azienda vuole estendere a tutti i lavoratori del Gruppo. Un operaio tedesco guadagna 2.100 euro al mese contro i 1.200 di quello Fiat. L’orario di lavoro settimanale massimo è di 35 ore, quello successivo è pagato straordinario e deve essere concordato, non comandato dall’azienda. L’orario effettivo della prestazione è di 420 minuti al giorno per l’operaio Fiat mentre è di 392 minuti per quello Volkswagen. Oltre questo ci sono migliori regolamenti sulla malattia, sui diritti e naturalmente la piena libertà di eleggere il proprio consiglio di fabbrica, tutto a vantaggio degli operai tedeschi. Ciò nonostante l’amministratore delegato della Fiat sostiene che in Italia non si può produrre perché non siamo competitivi e abolisce le libertà sindacali. 

Il governo Monti si trova di fronte a una situazione sociale del paese che paragonata con quella dei paesi del Nord Europa è simile al confronto fra Fiat e Volkswagen. Nel nostro paese la ricchezza è concentrata nel 10% della popolazione, che detiene la metà del patrimonio globale degli italiani. Mancano indennità di disoccupazione, la scuola pubblica è a catafascio, i servizi ferroviari regionali secondo l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato si fermeranno a febbraio. Tutti i servizi sociali sono in crisi o sotto finanziati, mentre i pochi soldi rimasti si investono nelle grandi opere invece che nella salvaguardia del suolo, del territorio, del patrimonio culturale e dei beni comuni. 
I salari sono tra i più bassi dell’Ocse e oggi calano pesantemente rispetto all’inflazione, mentre la stragrande maggioranza dei pensionati vive con meno di 800 euro al mese. Anche le pensioni di anzianità, scandaloso privilegio secondo alcuni, non ci mettono in condizioni migliori del resto dell’Europa. L’età effettiva del pensionamento in Italia è uguale a quella della Germania e superiore a quella della Francia. Siamo in recessione mentre c’è la disoccupazione giovanile e femminile tra le più alte del continente e mentre intere aree del Mezzogiorno precipitano nel disastro sociale. Su tutto questo trionfano l’evasione fiscale e la corruzione. Insomma in poche cose siamo come gli altri paesi, ma in quasi tutti gli aspetti della vita civile e sociale, stiamo peggio del resto dell’Europa.
Ciononostante, per il governo Monti come per Marchionne bisogna fare ancora sacrifici. Milioni di famiglie italiane rischiano il default della propria vita per la caduta dei redditi, ma tutto deve essere sacrificato sull’altare del debito.
Così si annunciano misure contro le pensioni che avranno un effetto devastante sia sui redditi dei pensionati, sia sull’occupazione, sia sulle condizioni di lavoro. Si impone l’Ici sulla prima casa e si aumenta l’Iva con effetti terribili sui redditi più bassi. Si annuncia l’attacco all’articolo 18 che comincia dai giovani, ma si estenderà a tutti, così come ha fatto Marchionne, anche se c’è stato chi ha sostenuto che Pomigliano sarebbe stata un’eccezione. E infine si impone l’assurdità del pareggio di bilancio in Costituzione. Che comporterà costi sociali incalcolabili, visto che gli interessi che si pagano sul debito pubblico sono oggi dai 70 ai 100 miliardi all’anno e quindi l’obbligo del pareggio significa togliere ogni anno la stessa cifra ai servizi sociali, ai diritti, alla scuola, alla civiltà del nostro paese.
Naturalmente ci sono delle differenze tra l’operare di un capo di governo e di un capo d’azienda multinazionale, qualche mediazione linguistica e politica bisogna pure farla. Ma la sostanza del comune sentire che unisce Monti e Marchionne è che entrambi pensano che per curare il malato bisogna somministrargli dosi sempre più forti di quella stessa medicina che lo ha fatto ammalare. Sono entrambi liberisti ultrà che pensano che solo il mercato, la globalizzazione, la selezione sociale che ne deriva, possono salvare il paese o le fabbriche. E invece li affondano. Li affondano perché le misure del governo, oltreché ingiuste sono anche incapaci di affrontare la recessione, anzi l’aggraveranno. E perché l’antisindacalità di Marchionne copre solo lo smantellamento complessivo dell’investimento industriale Fiat in Italia.
Stessa è la logica che ispira Monti e Marchionne e stesso è il fastidio che a questo punto provocano quegli ipocriti distinguo che nel palazzo si fanno tra l’uno e l’altro e dall’uno e dall’altro.
In Italia c’è oggi un governo imposto dall’Europa delle banche che applica nel paese le regole e le logiche della finanza e delle grandi multinazionali. La discriminante di fondo è tra chi quelle scelte le avversa, per costruire un’alternativa, e chi invece le accetta o sostiene. Tutto il resto sono chiacchiere.

articolo di Giorgio Cremaschi

CONFERENZA STAMPA FIOM TORINO 29/11/2011

martedì 29 novembre 2011

Landini: “Così si negano i diritti ai   lavoratori"



Al via i negoziati per i nuovi contratti. Ed è subito scontro tra Fiat e Fiom. Stamattina all’Unione industriali di Torino la sigla della Cgil ha abbandonato la trattativa lasciando un solo rappresentante come osservatore. Il motivo? Della propria delegazione di sedici persone ne mancavano circa dieci, bloccati fuori. L’azienda “non è stata in grado di garantire la governabilità della trattativa”, ha detto il responsabile del settore auto Giorgio Airaudo, anche se definisce quanto accaduto di mattina come “un incidente spiacevole”. Subito il Lingotto ha fatto sapere che “rispetta la decisione della Fiom, ma non accetta accuse infondate che sembrano costruite per nascondere la volontà di sottrarsi alla trattativa”. Ma la Fiom insiste: “Non approveremo mai contratti che negano diritti ai lavoratori”, come quello alla rappresentanza sindacale.

In ballo c’è la definizione dei nuovi accordi aziendali dopo l’annullamento degli accordi sindacali dello scorso 21 novembre. La prospettiva è l’estensione su scala nazionale del modello di Pomigliano, a cui la Fiom si oppone. Proprio per manifestare questo dissenso si era composto un presidio di alcune centinaia di operai iscritti al sindacato Cgil, ai Cobas e all’Ubs davanti alla sede dell’incontro. Alcuni dei sindacati di base volevano entrare e così la security ha chiuso l’ingresso lasciando fuori una decina di delegati della Fiom, tra cui Airaudo: “Fuori sono rimasto io con i rappresentanti di alcune altre fabbriche della Fiat, come quelli di Modena”.



Quando i dirigenti del Lingotto hanno dato inizio al vertice Maurizio Landini, segretario nazionale, ha chiesto di aspettare l’ingresso degli assenti. La proposta dell’azienda è stata un’altra: “Mi hanno detto di farci accompagnare dalla polizia – ha detto appena uscito -. La Fiat sta perdendo la testa ancora prima di cominciare. Non mi era mai capitato di essere invitato a una trattativa e a non poter entrare. Se l’azienda voleva dare un segnale, ci è riuscita”. Il Lingotto si è detto “dispiaciuto che la trattativa sia iniziata senza la presenza di Maurizio Landini”, ma ha voluto precisare che il suo è stato un “abbandono” dovuto al “fatto che una rappresentanza di Cobas impediva l’accesso a una parte della delegazione Fiom”.

Per i sindacalisti è l’ennesimo episodio per estromettere la rappresentanza dalle fabbriche. “Vogliono seguire il metodo usato con le carrozzerie ex Bertone per estendere il modello Pomigliano con il contratto di primo livello – ha spiegato il responsabile provinciale di Torino Federico Bellono -. Ciò che è uguale per tutti è la paga di base su livelli salariali minimi”. A questa base si aggiungerebbero man mano delle modifiche adeguate al tipo di fabbrica, ma “vengono cancellati diritti conquistati 50 anni fa”, ha detto Airaudo. “Anche ciò che era acquisito a livello di prassi”, ha aggiunto Landini. Tra i diritti anche quello alla rappresentanza sindacale: dal 1° gennaio la Fiom non sarà più presente a Mirafiori in base al referendum di gennaio, mentre il modello Pomigliano ammette solo delle rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) nominate da una lista. “Noi della Fiom non faremo mai accordi che negano i diritti dei lavoratori. La rappresentanza sindacale è un diritto, non un dono che si può scambiare”, ha dichiarato Landini. Oltre a estromettere il principale sindacato dei metalmeccanici il Lingotto vuole anche indebolirlo economicamente: “In Fiat abbiamo 11 mila iscritti. Ciò vuol dire che la Fiat versa nelle casse della Fiom un milione di euro di contributi sindacali, e adesso vuole evitare di versarli”. Tuttavia è già pronto un altro piano con la campagna “Io voglio la Fiom in Fiat”, illustrata dal segretario generale.

“Al momento della consegna delle tessere chiederemo agli iscritti un euro in più per sostenere l’attività sindacale dei delegati Fiom in Fiat e consegneremo una spilletta. Per chi è esterno la spilletta costerà cinque euro. I cinquecento dipendenti della Fiom a livello nazionale invece pagheranno il doppio, il 2% del loro stipendio annuale”. E in vista della nomina delle Rsa “faremo un election day. Si voteranno i rappresentanti che saranno messi nella lista presentata all’azienda per l’approvazione”.

Questo potrebbe garantire alla Fiom la presenza nelle aziende del gruppo Fiat: “La Fiom è sopravvissuta a epoche storiche più dure, è sopravvissuta al fascismo e Marchionne non è il fascismo. È un manager e ora lo scontro è duro”, ha detto Airaudo.



DOMANI MERCOLEDI’ 30 NOVEMBRE 
ASSEMBLEA IN SCIOPERO DI 1 ORA

CONTRO L’ATTACCO DI FIAT AL CONTRATTO NAZIONALE E CONTRO LA DECISIONE  DI ESTENDERE L’ACCORDO DI POMIGLIANO A TUTTI I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DEL  GRUPPO FIAT.

Dal prossimo Gennaio anche lo stabilimento di Jesi sarà investito dalla famosa Pomiglianizzazione che metterà in discussione il contratto nazionale, diritti indisponibili come lo sciopero e la malattia, la condizione di lavoro come il taglio delle pause. Impone inoltre che  orari e straordinari non siano più materia di contrattazione, ma sarà la sola Azienda a deciderli. In ultimo, toglie ai lavoratori il diritto di scegliersi il rappresentante e l’organizzazione sindacale alla quale aderire. Insomma viene meno il diritto sacrosanto delle lavoratrici e dei lavoratori a decidere democraticamente del loro destino di vita e di lavoro, fuori la fabbrica come dentro, come cittadini ancor prima che come lavoratori. L’incontro di oggi a Torino tra la Fiat e le O.O.S.S. rappresenta il prologo di ciò che accadrà a Gennaio. Dal nostro punto di vista tutto ciò non ha nulla a che fare né con la competitività  né con la qualità del prodotto. Ha invece molto a che fare con la volontà da parte di Fiat di  avere mano libera su tutto, di voler decidere di tutti gli aspetti della fabbrica e della vita delle lavoratrici e dei lavoratori.

E’ per questo che occorre rispondere con lo sciopero per dire No al peggioramento delle nostre condizioni di vita e di lavoro, e allo stesso tempo aprire  una discussione permanente con le lavoratrici e i lavoratori capace di mettere in campo una prospettiva di cambiamento. L’assemblea in sciopero si svolgerà nei seguenti orari:
                                              
                           primo turno e centrale  09.45-10,45
                           secondo turno               17,00-18,00
                           terzo turno                    04,00-5,00                              


      Jesi, 29 Novembre 2011                                La RSU della Fiom-Cgil

venerdì 25 novembre 2011

FIOM INFORMA
Nella giornata di ieri 24 Novembre 2011 si è tenuto presso l’Associazione Industriali Ancona l’incontro tra CNH ITALIA S.p.A. e le O.O.S.S. con la rispettive RSU. Nella sua esposizione l’Azienda ha descritto quanto segue.

Assetti occupazionali, i dipendenti attualmente in forza sono 960, operai 823 compresi i 40 contratti in somministrazione e i 14 lavoratori dello stabilimento CNH di Imola. Tutti e 40 saranno prorogati fino al 23 Dicembre. Dal 1 Dicembre saranno assunti 2 lavoratori di fascia protetta.

Produzione 2011, la produzione attuale giornaliera è di 136 trattori, 101 cabine, 40 trasmissioni, 4 TK. A fine anno la produzione complessiva dello stabilimento si attesterà a 26000 macchine prodotte.

Produzione 2012, viene intanto confermata la missione produttiva dello stabilimento di Jesi. L’Azienda ha comunicato che per i lanci e la messa in produzione delle nuove gamme sarà investita una somma pari a 2,5 milioni di euro. Per l’anno 2012 i volumi produttivi saranno sostanzialmente simili a quella del 2011 e viene inoltre escluso il ricorso alla Cassa Integrazione per i primi 3 mesi dell’anno. Tutto questo, a detta loro, potrebbe essere suscettibile di variazione a seguito delle turbolenze economico finanziarie determinate dalla crisi. Nei primi mesi del prossimo anno  a causa dei rinnovi delle gamme,  la produzione scenderà su tutti i reparti della fabbrica: Trattori da 136 a 124, Cabine da 101 a 93, Trasmissioni da 40 a 32.

Nuovi modelli 2012, l’Azienda procederà al rinnovo della maggior parte delle gamme prodotte all’interno dello stabilimento mediante l’introduzione dei nuovi motori TIER 4 e i lanci dei nuovi modelli con le seguenti tempistiche: APL( maggio-giugno); UTILITY MEDIUM (novembre 2012); TDD (restyling: giugno-settembre); SPECIALTY (giugno-settembre 2012). Viene confermata l’assemblaggio della Cabina APL TIER 4 a Jesi dal mese di Settembre.

WCM, L’Azienda ha sottolineato che nel 2012 lavorerà per incrementare il coinvolgimento e le attività WCM di tutti i lavoratori con lo scopo di raggiungere nella seconda metà del prossimo anno il Silver.

Questo è quanto ci è stato comunicato.


Ciò che pensa la Fiom

Se riteniamo positiva l’implementazione di nuovi modelli a Jesi, vediamo però con preoccupazione il fatto che non è escluso il ricorso alla cassa integrazione nel 2012. Oltre a questo è preoccupante il pesante calo produttivo alle Trasmissioni diretta conseguenza delle scelte che l’Azienda ha fatto negli anni. Tutto ciò è paradossale rispetto a ciò che ci veniva detto 5 anni fa con l’implementazione nel reparto del WCM: alla sbandierata eccellenza si è preferito il declino produttivo e occupazionale del reparto. Dal nostro punto di vista è un errore guardare solo ai volumi delle produzioni, alla quantità e non alla qualità strategica del sito produttivo jesino. Chiediamo allora che questa Azienda non rinunci ancora una volta a perdere lavorazioni come già visto in passato (ponti-macchine utensili) che da sempre danno valore aggiunto al saper fare dello stabilimento. Il futuro non è solo nella fabbrica cacciavite, occorre pensare anche a ciò che produciamo oltre che al come. Ciò è inoltre verificabile dalla cifra dell’investimento che CNH ITALIA ha intenzione di mettere a Jesi nel 2012 che è di molto minore rispetto agli altri stabilimenti del gruppo.

In merito al WCM continuiamo a pensare che la politica portata avanti dall’ Azienda in maniera unilaterale, acritica, senza alcuna contrattazione, con la creazione di una sorta di piccola “casta aziendalista” che è l’unica a trarne benefici non possa in alcun modo giovare ad un reale e positivo cambiamento della fabbrica.  

In ultimo ma ad oggi l’elemento fondamentale, l’Azienda non ha dato nessuna risposta in merito all’uscita del gruppo dalla Confindustria, e in merito alla lettera di recesso dataci nei giorni scorsi di tutti i contratti e gli accordi sindacali vigenti in fabbrica e che da 40 anni regolano la vita e i diritti dei lavoratori. Tutto viene rimandato all’incontro che si avrà tra Fiat e Organizzazioni sindacali nazionali martedì prossimo all’Unione Industriali di Torino il cui oggetto dell’incontro sarà l’applicazione della Pomiglianizzazione di tutto il gruppo e dello stesso stabilimento di Jesi.

N.B. Informiamo i lavoratori che si è preso impegno con Fim-Cisl e Uilm-Uil che con le ore rimaste di Assemblea Retribuita saranno proclamate 2 assemblee. La prima il 30 Novembre prossimo e la seconda a verifica degli incontri che nei prossimi giorni si terranno a livello nazionale tra Fiat e Organizzazioni sindacali sulla contro rivoluzione che l’Amministratore Delegato dottor Sergio Marchionne sta imponendo alle lavoratrici e ai lavoratori della Fiat. Ciò verrà fatto, come prevedibile, anche in presenza di posizioni sindacali diverse.

Jesi, 25 Novembre 2011                                             La RSU della Fiom-Cgil

giovedì 24 novembre 2011

I LAVORATORI DEVONO SAPERE!


La disdetta di tutti gli accordi aziendali, l’uscita dal contratto nazionale e l’estensione a tutti lavoratori del Gruppo Fiat dell’accordo di Pomigliano è un gesto che noi respingiamo perché indebolisce le lavoratrici ed i lavoratori del Gruppo Fiat, isolandoli da tutti gli altri lavoratori metalmeccanici. Cancella la storia contrattuale e normativa di ogni singolo stabilimento del gruppo azzerando tutti gli accordi aziendali esistenti.
Tutto questo avviene in un clima di incertezza sul futuro degli investimenti della Fiat negli stabilimenti italiani, dall’auto a i veicoli industriali, dalla componentistica alle macchine movimento terra. Si scaricano i costi della crisi in molti stabilimenti, già colpiti dalla cassa integrazione imponendo alle lavoratrici ed ai lavoratori turnazioni più lunghe senza contrattazione fino ai 18 turni, 120 ore di straordinario comandato, spostamento della mensa a fine turno, taglio di 10 minuti delle pause, penalizzazioni per i malati. Imponendo, anche, sanzioni ai lavoratori ed ai sindacati che dovessero attuare delle proteste. Tutto ciò in nome di un recupero di competitività e di affidabilità scaricato sulle condizioni di lavoro e di libertà delle lavoratrici e dei lavoratori.
Negli scorsi mesi avevano spiegato che non esisteva un modello Pomigliano, mentre in molti stabilimenti le gerarchie aziendali e le direzioni del personale si erano affannate a rassicurare i lavoratori che nelle altre fabbriche del Gruppo non sarebbe mai successo.
Ora, purtroppo, come noi avevamo sostenuto, coinvolge tutti
Infine, alle lavoratrici ed ai lavoratori verrà impedito, dal 1 gennaio, di scegliersi liberamente il proprio sindacato e di eleggere i propri rappresentanti sindacali che verranno, invece, indicati dal sindacato esterno alla fabbrica, limitando così la democrazia e la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori.

Per queste ragioni la Fiom Cgil ha deciso di distribuire l’accordo di Pomigliano a tutti i lavoratori del Gruppo Fiat, in modo che, ognuno di noi, possa leggere e conoscere come cambieranno le condizioni di libertà e di lavoro a partire dal 1 gennaio.

Per queste ragioni abbiamo indetto 2 ore di sciopero con assemblea:

contro la cancellazione del CCNL, contro l’estensione degli accordi di Pomigliano a tutte le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo Fiat!

SI RIPARTE DAL NO AL GOVERNO MONTI


Mi dispiace tanto, ma questa volta non sono proprio d’accordocon il mio amico Marco Revelli. In tutti questi anni ci siamo sempre trovati dalla stessa parte. Questa volta no. Io non bacio il rospo e mi preparo a fare tutto quel che mi è possibile per mandarlo via.
Confesso che non sono sceso in piazza con la bandiera tricolore per festeggiare la caduta di Berlusconi. Ho passato questi ultimi 17 anni a combattere Berlusconi, la sua cultura, le sue prepotenze. Prima ho fatto lo stesso con il suo maestro Craxi. Eppure la sera del 12 novembre non l’ho sentita come una liberazione. I paragoni storici che si stanno facendo mi paiono fuorvianti. Come Marco Revelli non vedo nessun 25 aprile in atto. Non mi risulta che il governo di allora fosse di larghe intese tra Cln e Repubblica sociale. Ma non vedo nemmeno un chiaro 25 luglio, se non per l’annuncio del governo Badoglio: “la guerra continua”.
Se proprio si deve ricorrere ai paragoni storici, bisogna tornare all’Europa del 1914. Al suicidio di un continente nel nome della guerra e del nazionalismo, e alla corrispondente dissoluzione di gran parte della sinistra socialdemocratica e dei sindacati. Oggi per fortuna non siamo (ancora?) a quel punto ma è sicuramente in atto un suicidio e una dissoluzione dell’Europa e della sinistra in essa. La guerra del debito, scatenata in tutto il continente, sta mettendo in crisi democrazia e conquiste sociali. Tutti i governi europei sono soggetti alle stesse scelte e agli stessi indirizzi economici. Poi, benignamente, questa tirannia finanziaria ci concede la facoltà di accettarla. Ma non si può dire di no. Il governo Greco è stato destituito perché voleva fare un referendum. In Italia le elezioni politiche immediate farebbero salire lo spread e quindi non si fanno.
A me tutto è più chiaro da un anno e mezzo, da quando Marchionne disse agli operai di Pomigliano che se volevano lavorare nell’epoca della globalizzazione, dovevano rinunciare a tutti i loro diritti. E aggiunse che potevano solo votare sì al referendum sul suo diktat, perché il no avrebbe comportato la distruzione dell’azienda. Marchionne, fino a poco tempo prima incensato come borghese illuminato, così come oggi Monti, ottenne il consenso pressoché unanime del parlamento italiano.
Il governo Monti è espressione diretta del grande capitale italiano e internazionale, con suoi intellettuali organici di valore. E’ la prima volta che questo avviene nella storia della nostra repubblica ed è sicuramente un segno della crisi totale della classe politica. In questi venti anni il padronato italiano ha alternato politiche di rottura populista e politiche di concertazione democratica. L’obiettivo era sempre lo stesso, contenere il salario ed estendere flessibilità e precarietà, allargare la sfera del profitto con le privatizzazioni. Quando le condizioni lo permettevano e si sentiva particolarmente forte, il padronato italiano ricorreva a Berlusconi e alla destra. Se la risposta sociale e politica cresceva, allora si tornava alla concertazione. Quest’ultima ammorbidiva le scelte, le rallentava, ma non ne fermava la direzione di fondo.
La novità è che oggi il sistema economico dominante salta qualsiasi mediazione politica, non si fida più non solo di Berlusconi, ma anche dell’opposizione e decide di agire in proprio. Altro che governo tecnico, questo è uno dei più politici e ideologici tra i governi della repubblica. E’ il governo che più nettamente sposa l’ideologia neoliberale.
La crisi economica mondiale ha travolto la ridicola classe politica italiana, così come è toccato ad altre del continente. Non bisogna credere ai complotti, anche se oggi la stampa annuncia un programma segreto della Germania per controllare le economie in crisi. Sarà quindi un puro caso, ma tutti i paesi piigs sono stati posti rapidamente sotto controllo. Se si fossero messi assieme, se avessero fatto una comune politica del debito, come a un certo punto i paesi dell’America Latina, banche tedesche e Fondo monetario internazionale sarebbero dovuti venire a patti. La ridicola classe politica europea è invece stata facilmente travolta e commissariata.
Anche a me fa piacere la sobrietà e lo stile del nuovo governo, contrapposto ai nani e alle ballerine, ai bordelli, alle barzellette che facevano piangere, al degrado culturale e civile che ispirava quello precedente. Tuttavia la mia esperienza sindacale mi ha insegnato che il padrone per bene, quello che dice “siamo tutti nella stessa barca tutti dobbiamo fare gli stessi sacrifici”, può farti molto più male del padrone sfacciato e impresentabile.
Questo governo ha un mandato chiaro, quello della Bce. E’ il mandato di quel capitalismo internazionale che pensa di affrontare la sua stessa crisi con riforme neoliberali, come negli ultimi trent’anni. Con la solita ipocrisia dell’equità e del rigore, si mettono in discussione ancora una volta i diritti pensionistici dei lavoratori, la tutela contro i licenziamenti, i diritti contrattuali, i diritti punto e basta. Si risponde al referendum sull’acqua con le privatizzazioni e si annuncia quella mostruosità giuridica ed economica del pareggio di bilancio in Costituzione. Si risponde agli studenti in sciopero esaltando la riforma Gelmini. Sì, certo, la sobrietà del governo produrrà dei contentini. Un po’ di privilegi di casta politica verranno tagliati, ma solo per giustificare i sacrifici sociali. Si annuncia che non ci sarà massacro sociale. Ma questo è già in atto. E’ la crisi, è la recessione che stanno producendo una drammatica selezione sociale. Il governo può anche non volere il massacro, ma se opera con riforme neoliberali lo agevola e lo accresce.
E’ la ricetta neoliberista che è destinata a fallire. Perché non si riuscirà, per quanti sacrifici si impongano, a far ripartire il meccanismo della globalizzazione. Per questo sarebbe necessario prima di tutto prendere atto della crisi di sistema, cosa che Monti nella sua relazione programmatica si è ben guardato dal fare. E costruire una vera alternativa. Il debito non può essere pagato da un’economia in recessione, pretendere di farlo a tutti i costi significa aggravare la recessione e appesantire il debito. E’ successo alla Grecia e succederà all’Italia, nonostante la professionalità di Monti.
Bisogna partire dall’opposizione al nuovo governo per costruire un’alternativa economica, sociale e politica al programma della Bce e del capitalismo internazionale. Sarà dura, ma si riparte dal no a questo governo.
Giorgio Cremaschi – da il manifesto
(23 novembre 2011)

mercoledì 23 novembre 2011

Conferenza Stampa MAURIZIO LANDINI

          
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PERCHE’ QUESTA PUBBLICAZIONE?


La FIOM-CGIL ha deciso di stampare questo opuscolo che riproduce integralmente
l’accordo del 29 dicembre 2010 e distribuirlo a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori 
della Fiat, perché pensiamo sia importante garantire un’informazione completa, 
dettagliata e trasparente sui contenuti dell’accordo firmato con Fiat da Fim, Uilm, 
Fismic, Ugl e Associazione Quadri e Capi.
I cambiamenti in negativo previsti nell’accordo sulle condizioni di lavoro e sui diritti 
dei lavoratori, sono di una radicalità tale che è opportuno che i diretti interessati 
sappiano cosa è stato firmato in modo non filtrato da alcun tipo di sintesi.
La FIOM-CGIL, come noto, non ha firmato l’intesa di Pomigliano che, dopo Mirafiori 
e la ex Bertone, oggi viene proposta a tutti i dipendenti delle Società del gruppo Fiat in
sostituzione del contratto nazionale di lavoro isolando così i  lavoratori della Fiat da 
tutti gli altri lavoratori metalmeccanici. 


Noi non abbiamo  firmato  perché in quelle intese sono previste:


•   la cancellazione del Contratto Nazionale dei Metalmeccanici;
•   il peggioramento delle condizioni di lavoro e della salute con il taglio delle 
    pause per il riposo;
•   l’intensificazione della prestazione lavorativa con la disdetta, già avvenuta, di   
    importanti  accordi sindacali sulle saturazioni massime individuali e sulle  
    maggiorazioni minime da assegnare ai cicli di lavoro;
•   una penalizzazione economica sulla retribuzione dovuta in caso di malattia;
•   il salario nominale non aumenta. La retribuzione potrebbe aumentare solo 
    nell’eventualità che siano utilizzati straordinari e turnistiche più gravose;
•   la riduzione nei fatti del salario reale in quanto nulla è previsto sul Premio di 
    Risultato che già nel 2010  e nel 2011 non è stato erogato nella quota prevista a  
    Luglio;
•   la cancellazione dei rappresentanti sindacali eletti dai lavoratori (R.S.U.) sostituiti 
    dalle RSA nominate dai soli sindacati firmatari;
•   la possibilità di sanzionare individualmente il lavoratore e le organizzazioni 
     sindacali in caso di non rispetto delle clausole previste (limitazione del diritto 
     di sciopero).


Per la FIOM-CGIL soluzioni in grado di dare risposte industriali e occupazionali, 
rispettose della salute e dei diritti dei lavoratori, potevano essere trovate se ci fosse 
stata la  volontà e la chiarezza sui progetti industriali in Italia, il mantenimento dei 
diritti e del ruolo generale del contratto nazionale. Per queste ragioni pensiamo che 
fermare questa deriva è ancora possibile. La consapevolezza e la conoscenza dei 
lavoratori di ciò che sta accadendo è il primo passo da compiere.