Si deve davvero ringraziare la Federmeccanica per aver cancellato con un colpo di penna le tante sciocchezze circolanti da un anno a questa parte (per la precisione dal 15 ottobre 2009, data della firma dell’accordo separato con Fim, Uilm e altre sigle sindacali minori) e contribuito a recare qualche elemento di solida certezza nel tormentato quadro delle relazioni industriali del più importante settore industriale del nostro paese. Dopo l’iniziativa assunta nei confronti del contratto nazionale unitario del gennaio 2008, in effetti, possono darsi per assodate, in estrema sintesi, le seguenti cose.
Primo. Non era affatto vero, come sinora sostenuto a destra e a manca, che il ccnl del gennaio 2008, ratificato con referendum dai lavoratori e firmato anche dalla Fiom, fosse diventato carta straccia a seguito della firma del contratto separato dell’ottobre 2009. Nessuno infatti si preoccuperebbe di porre in questione la validità giuridica di qualcosa che non esiste. Del resto, è proprio il documento di Federmeccanica a confermare esplicitamente che il contratto del gennaio 2008 è vivo e vegeto e continuerà ad esserlo (almeno) sino al 31 dicembre 2011.
Secondo. Se il ccnl del 2008 è allo stato pienamente vigente ne consegue che vigente non è il ccnl separato dell’ottobre 2009. Federmeccanica, evidentemente, lo considera una sorta di esercitazione accademica, giuridicamente rilevante al più soltanto per gli iscritti ai sindacati firmatari.
Terzo. Essendo in vigore, per ammissione di Federmeccanica, il ccnl del gennaio 2008, esso deve essere applicato integralmente. Dunque, poiché quel contratto prevede il rinnovo della sua parte salariale alla scadenza del biennio, ne consegue che i sindacati che lo vogliano sono perfettamente legittimati a richiedere l’apertura delle trattative per il biennio 2010/2011. Non c’è da meravigliarsi. Probabilmente Federmeccanica è ben consapevole della condizione salariale miserrima dei dipendenti dell’industria metalmeccanica nel nostro paese, almeno quanto Marchionne lo è dell’intollerabilità sociale del rapporto (435 a 1, per chi non l’avesse presente) che corre fra la sua remunerazione annuale e quella media degli operai Fiat: probabilmente da questa doppia, convergente consapevolezza dev’essere originato un irrefrenabile impulso etico a porre rimedio.
Quarto. Il ccnl del gennaio 2008 è pienamente vigente e, naturalmente, in assenza di tempestivo rinnovo lo resterà anche dopo il 31 dicembre 2011. Essendo escluso che Federmeccanica non conosca il contratto che ha firmato, infatti, saprà bene che quel contratto contiene una clausola di ultrattività in forza della quale «in caso di disdetta il contratto resterà in vigore fino a che non sia stato sostituito dal successivo contratto nazionale», firmato, va da sé, dalle stesse parti del contratto precedente: altrimenti i problemi dell’efficacia soggettiva delle nuove regole si riproporrebbero in termini immutati. Per la verità, su questo specifico punto Federmeccanica, mossa dalla umanamente comprensibile intenzione di rassicurare i propri associati, ciurla un po’ nel manico, dando ad intendere che essa non avrebbe fatto ricorso alla disdetta del ccnl 2008, ma all’istituto giuridico del recesso, che avrebbe effetti ben più incisivi. Se con questi giochetti ispirati da qualche dotto azzeccagarbugli, Federmeccanica pensa davvero di evitare che le relazioni industriali del settore affondino in un groviglio di controversie giudiziarie, rischia di prendere lucciole per lanterne; ed aggiungere, come mero invito alla riflessione, che se l’art. 2 del ccnl vigente prevede l’istituto della disdetta, e tace del recesso, una ragione giuridicamente significativa ci sarà.
La lezione che può trarsi dalle vicende dell’ultimo periodo è sintetizzabile in questi termini: «Le parti sociali non hanno capacità legislativa. Fiat, Confindustria, Cisl o Uil non possono fare una legge per dare validità erga omnes ai loro accordi. Possono tentare di applicare gli accordi separati, ma devono accettare il rischio di contestazioni». Chi l’ha detto? Epifani? Landini? Qualche giurista inguaribilmente filo-Cgil? Ma no: sono parole di un autorevole ex-dirigente di Confindustria (Innocenzo Cipolletta sul Sole 24ore del 2 settembre). Purtroppo il nostro paese soffre della presenza di un ministro del lavoro palesemente inadeguato al ruolo e capace solo di attizzare sul fuoco della divisione sindacale. Resta la speranza che almeno le varie forze di opposizione, tanto più in vista di un rovesciamento dell’attuale governo, sappiano porre al centro della propria proposta politica la questione della democrazia sindacale (regole certe in grado di rendere chiaro ai lavoratori chi rappresenta chi e soprattutto per che cosa) come un aspetto della più generale azione necessaria per fermare il degrado della vita democratica nel nostro paese.