Una nuova classe operaia è entrata in gioco. Un paio di generazioni di giovani sta portando nelle lotte sindacali dei metalmeccanici passione e determinazione, rafforzate da un prezioso senso di appartenenza nell’organizzazione di cui si fidano. E si sono date una rappresentanza diretta nelle fabbriche con le stesse caratteristiche. I delegati e le delegate della Fiom giunti da tutt’Italia nel luogo simbolico del conflitto, Pomigliano d'Arco, hanno una certezza: tocca a noi giovani difendere le conquiste sindacali, civili e politiche che i nostri padri e i nostri nonni hanno strappato con le lotte. La stagione è cambiata, quella delle grandi conquiste è alle loro spalle, oggi bisogna difendersi da usa la crisi per far piazza pulita dei diritti e riportare tutto il potere nelle mani dei padroni, avendo a mezzo servizio una politica subalterna. Si chiede il segretario Landini: «Ma in Parlamento, chi è in maggioranza e chi all’opposizione?». Queste ragazze e ragazzi orgogliosi e combattivi di Pomigliano, degli altri stabilimenti Fiat, dei grandi gruppi e delle aziende del sud sanno di vivere questa stagione, vedono che gli attacchi alla Costituzione arrivano da tutte le parti, pensano che bisogna unificare le lotte e hanno in comune con i padri e i nonni la dignità. Un concetto si traduce nel rifiuto di barattare il valore del lavoro con il valore dei diritti perché «il lavoro senza diritti non ha valore». «In fabbrica, in ufficio, a scuola, a casa senza diritti siamo solo schiavi», sta scritto nello striscione che fascia il palco del cinema-teatro Gloria. Accanto un altro striscione: «La Panda per fare quello che gli pare», a sinistra Marchionne e a destra la Panda, vettura «schiavi in mano». Mario, delegato di Pomigliano, apre i lavori ringraziando le centinaia di operai e degati che rappresentano la geografia metalmeccanica italiana e viene subito interrotto da standing ovation. Ringrazia la solidarietà «attiva» fatta non di e-mail ma di scioperi, messi in campo da chi sa che se Marchionne passasse a Pomigliano si aprirebbe una breccia pericolosissima e l'onda anomala travolgerebbe contratti, leggi, Costituzione e l'intero sistema di relazioni sindacali. La Fiat battipista, un'altra volta. Per questo «Pomigliano non si piega» è diventata la parola d'ordine dell'intero movimento. In sala e sul loggione si riconoscono volti e storie note nella crisi, scalatori di tetti e occupanti di strade, autostrade, ferrovie, comuni. Tutti coniugano insieme lavoro e diritti. Come i raccoglitori di pomodori di Rosarno o gli operai Indesit. Mario rende onore ai 1.800 eroi che hanno votato no, rifiutando il ricatto Fiat, resistendo a pressioni e minacce dei capi, fottendosene dell'occhio degli spioni. Hanno votato no allo scambio lavoro-diritti, vogliono il lavoro, sono pronti ad aprire una vera trattativa con la Fiat perché finora c’è stato solo un diktat. Una trattativa sulla produttività, sui turni anche, ma nel rispetto della dignità di chi butta il sangue alla catena di montaggio: «Sul diritto a scioperare, ammalarsi, mangiare nella pausa dal lavoro e non al termine del turno e solo se non ci sono straordinari, non apriremo brecce». E giù applausi. Ricorda il gioco sporco di Fim e Uilm che hanno «tradito la delega ricevuta dai lavoratori» per entrare nel coro. «Cari compagni della Cgil, state attenti ai rapporti unitari futuri con Cisl e Uil». E conclude, dall'alto dei suoi 35-40 anni: «Questa vicenda mi ha fatto invecchiare in fretta. Ma voi che siete qui mi date la forza di andare avanti. Vi bacerei uno a uno». Chi - lontani e vicini - sperava che il passaggio del testimone Fiom da Rinaldini a Landini potesse «ammorbidire» la linea dei meccanici Cgil, in questi giorni è rimasto deluso. Con l’assemblea di ieri, poi, ogni residua illusione finisce nel cestino. Landini, più giovane di Rinaldini, parla come i suoi operai, viene dalla fabbrica e raggiunge il loro cuore. dice con parole dirette quel che tutti provano: fierezza, razionalità, autonomia (dai padroni, dal governo, dai partiti), democrazia verso l’alto e verso il basso. Ricostruisce la vertenza sbugiardando i luoghi comuni - l’assenteismo, l’idea fessa secondo cui Pomigliano è un caso speciale, non un messaggio generale - e ripete la disponibilità Fiom a trattare davvero, sul lavoro, sulla produzione, non sui diritti. «La Fiom non chiederà mai ai lavoratori di votare contro la Costituzione». Applausi. Landini convince, è un vero sindacalista e ha dalla sua la rete di delegati e dirigenti costruiti sapientemente nella stagione di Rinaldini. Tutti e due vengono, forse non a caso, da Reggio Emilia. Tutti e due hanno lavorato con Sabattini, conoscono il valore dell’autonomia, anzi dell’indipendenza. Persino dentro la Cgil che fatica a far sua fino in fondo la lotta di Pomigliano, come faticò a far sua quella di Melfi che riuscì a liberarsi da un giogo stretto da Romiti non dissimile da quello che vorrebbe stringere Marchionne, che pensa che quel che si può fare in America, compresa la messa in mora dello sciopero, si possa fare ovunque. All’assemblea non c’era Epifani, impegnato in Canada. Non c’era chi dovrebbe prendere il suo posto, Camusso, impegnata altrove. C’era Scudiere, promosso dalla segreteria piemontese a quella nazionale. Ha difeso diritti e Costituzione, ha chiesto «realismo», «disponibilità», «modernità», «confronto». Qualche applausino educato per l’ospite. Dal palco interventi a decine, chiude Mimmo di Pomigliano, «fiero di far parte della Fiom». Ha un’idea: «Al centro le persone che lavorano, non il mercato. La nostra forza sta nel 40% degli operai che hanno avuto coraggio e dignità facendo fallire il piano ordito dalla Fiat», e invita la Cgil a prender nota. Il domunento finale letto da Landini passa all’unanimità: chiama alla lotta la Cgil, fissa appuntamenti, una marcia su Palazzo Chigi da Termini Imerese che coinvolga tutte le regioni, già a luglio. Appuntamento a lunedì, quando la Fiom consegnerà nelle mani di Fini 100mila firme per una legge su democrazia e rappresentanza e terrà davanti a Montecitorio un Comitato centrale aperto a chiunque abbia a cuore diritti, democrazia, Costituzione.