di Giorgio Cremaschi
Sommano già a ben 131 miliardi di
euro gli interventi complessivi, 2010-2014 decisi dal governo. E per qualcuno i
mercati non sarebbero ancora contenti di questo massacro senza precedenti. In
realtà, con gli ultimi provvedimenti e modifiche, il governo ha ulteriormente
aggravato l’impatto antisociale della manovra. Viene salvata dal contributo di
solidarietà la casta dei supermanager e dei direttori dei grandi giornali, che
può festeggiare. In compenso vengono sostanzialmente cancellate le pensioni di
anzianità, con una vera e propria truffa a danni dei lavoratori che hanno fatto
il servizio militare o che hanno pagato di tasca loro i contributi per
l’università. E con un disastro occupazionale che si preannuncia perché ci
saranno centinaia di migliaia di persone costrette a rimanere a lavoro, con
altrettante persone che non troveranno posto. Inoltre, migliaia di lavoratori e
lavoratrici posti in mobilità rischiano di non arrivare più alla pensione.
Nello stesso tempo la manovra sui contratti distrugge il contratto nazionale,
aumenta gli orari di lavoro per chi ha un posto, incrementa la precarietà e i
licenziamenti selvaggi. Anche per questo la Cgil deve
immediatamente ritirare la firma
dall’accordo del 28 giugno, trasformato dal governo in decreto liberticida.
Tutto il costo della manovra è, alla fine, a carico del lavoro dipendente, dei
pensionati e dei più poveri. I ricchi non pagano, niente, per l’evasione
fiscale si fanno chiacchiere. Questa è una brutale manovra di classe, fatta da
un governo squalificato, che si aggancia all’Europa solo per giustificare la
propria esistenza.
Lo sciopero generale a questo punto è ancora più giustificato, ma deve
dare il via a un movimento che punti a rovesciare il governo e la
manovra. Dobbiamo fermarli. Dobbiamo fermare il disastro provocato da
Berlusconi, ma dobbiamo anche dire basta al governo unico delle banche europeo
che sta portando l’Europa a una recessione drammatica, per difendere la
speculazione e la finanza. Basta con Berlusconi, basta con la Bce e l’Europa
delle banche. Su questo si scende in piazza e ci si resta.
ROMA 30
SETTEMBRE 2011