di Giorgio Cremaschi
Il 29 settembre è la giornata di lotta europea contro le politiche economiche dei governi. L’ha indetta la Ces, la Confederazione europea dei sindacati, e in tutta Europa ci saranno iniziative, scioperi e manifestazioni. A Bruxelles ci sarà la manifestazione centrale che vedrà la partecipazione di tutti i sindacati europei. Tutti meno due: la Cisl e la Uil. Queste due organizzazioni sindacali sono infatti le uniche che non aderiscono in Europa a questa giornata di lotta. E non che nel nostro continente non ci siano sindacati moderati e concertativi. E, tuttavia, tutti – tranne Cisl e Uil – hanno sentito il bisogno di scendere in piazza e di mobilitarsi contro quelle politiche economiche che, in tutta Europa, stanno imponendo sacrifici ai lavoratori in cambio di promesse di crescita e sviluppo. Tutti i sindacati in Europa dicono basta con queste politiche, tranne Cisl e Uil che invece le condividono e che sono diventate le organizzazioni che più sostengono e appoggiano il governo Berlusconi.
Il 29 settembre, d’altra parte, Cisl e Uil saranno impegnate in altro. A concordare con la Federmeccanica la distruzione del contratto nazionale, estendendo a tutti i lavoratori le deroghe e le negazioni dei diritti imposte dalla Fiat a Pomigliano. Tutti i sindacati europei lottano per conservare o estendere il contratto nazionale, Cisl e Uil operano assieme alla Confindustria e al governo per distruggerlo. (...)
Basterebbero questi fatti per rimarcare che oggi in Italia non sono la Fiom e la Cgil ad essere isolate, ma la Cisl e la Uil che sono sempre più lontane da ciò su cui si discute e si lotta in Europa. La subalternità al governo e alla Confindustria di questi sindacati è uno dei principali ostacoli a ottenere in Italia una politica economica che difenda il lavoro e crei un vero sviluppo. Invece grazie alla complicità della Cisl e della Uil, la Confindustria può parlare di patto sociale, mentre naturalmente si prepara a distruggere i vincoli sociali del contratto nazionale. E’ ora che la Cgil, invece che continuare a offrire altre guance a chi ti prende a schiaffoni, capisca che il patto sociale con la Confindustria, Sacconi, la Cisl e la Uil è l’ultimo danno che si può fare ai diritti dei lavoratori, in Italia come in Europa.
martedì 28 settembre 2010
Salari: IRES CGIL, potere acquisto perde 5.500 euro in dieci anni
I lavoratori dipendenti italiani hanno perso in dieci anni circa 5.500 euro di potere d'acquisto. E’ questo il dato che emerge dal V rapporto IRES CGIL 'Salari in Italia - 2000-2010: un decennio perduto' presentato oggi dal Segretario Generale della confederazione di Corso d’Italia, Guglielmo Epifani, e dal presidente dell’IRES, Agostino Megale.
Secondo l’analisi dell’istituto di ricerche economiche e sociali della CGIL le retribuzioni, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno avuto a causa dell'inflazione effettiva più alta di quella prevista, una perdita cumulata del potere di acquisto di 3.384 euro ai quali si aggiungono oltre 2 mila euro di mancata restituzione del fiscal drag, che porta la perdita nel complesso a 5.453 euro.
La perdita cumulata calcolata sulle retribuzioni equivale a circa 44 miliardi di maggiori entrate complessivamente sottratte al potere d’acquisto dei salari. Questo spiega perché, nel decennio 2000-2010, le entrate da lavoro dipendente abbiano registrato una crescita reale (quindi al netto dell’inflazione) del 13,1% a fronte di una flessione reale di tutte le altre entrate del -7,1%.
“Una tendenza sconfortante”, quella relativa all'andamento della produttività, dei salari e della redistribuzione dei redditi, “che anno dopo anno si fa sempre più pesante” ha dichiarato il Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, intervenendo nel corso della presentazione. Il rapporto IRES, fotografa una situazione salariale allarmante: “il quadro che emerge - ha precisato Epifani - genera preoccupazioni, soprattutto in una situazione politica economica che vede il nostro Paese in continuo affanno”. La crisi dei salari, secondo Epifani, è la conseguenza di una forte pressione fiscale sulle retribuzione di lavoro dipendente e sulle pensioni “non è più accettabile che il bene più scarso, il lavoro, sia oggi più tassato di altre forme di reddito”, è necessario quindi “un intervento urgente che sgravi il lavoro dipendente, e che sposti la tassazione dai salari e dalle pensioni alle grandi ricchezze e ai grandi patrimoni”.
L'importanza di un 'fisco giusto', di una riforma fiscale è stata ribadita anche dal presidente dell'IRES, Agostino Megale “da dieci anni, il nostro istituto di studi della CGIL, ha acceso i riflettori sulla questione salariale in Italia”. I salari nel 2010 ha dichiarato Megale alla CGILtv (guarda il video) “chiuderanno con un 0,3% sopra l'inflazione”. “Anche nella crisi - ha proseguito - sono aumentate le tasse e questo aumento lordo viene mangiato da una tassazione ulteriore sul lavoro”.
Secondo l’analisi dell’istituto di ricerche economiche e sociali della CGIL le retribuzioni, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno avuto a causa dell'inflazione effettiva più alta di quella prevista, una perdita cumulata del potere di acquisto di 3.384 euro ai quali si aggiungono oltre 2 mila euro di mancata restituzione del fiscal drag, che porta la perdita nel complesso a 5.453 euro.
La perdita cumulata calcolata sulle retribuzioni equivale a circa 44 miliardi di maggiori entrate complessivamente sottratte al potere d’acquisto dei salari. Questo spiega perché, nel decennio 2000-2010, le entrate da lavoro dipendente abbiano registrato una crescita reale (quindi al netto dell’inflazione) del 13,1% a fronte di una flessione reale di tutte le altre entrate del -7,1%.
“Una tendenza sconfortante”, quella relativa all'andamento della produttività, dei salari e della redistribuzione dei redditi, “che anno dopo anno si fa sempre più pesante” ha dichiarato il Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, intervenendo nel corso della presentazione. Il rapporto IRES, fotografa una situazione salariale allarmante: “il quadro che emerge - ha precisato Epifani - genera preoccupazioni, soprattutto in una situazione politica economica che vede il nostro Paese in continuo affanno”. La crisi dei salari, secondo Epifani, è la conseguenza di una forte pressione fiscale sulle retribuzione di lavoro dipendente e sulle pensioni “non è più accettabile che il bene più scarso, il lavoro, sia oggi più tassato di altre forme di reddito”, è necessario quindi “un intervento urgente che sgravi il lavoro dipendente, e che sposti la tassazione dai salari e dalle pensioni alle grandi ricchezze e ai grandi patrimoni”.
L'importanza di un 'fisco giusto', di una riforma fiscale è stata ribadita anche dal presidente dell'IRES, Agostino Megale “da dieci anni, il nostro istituto di studi della CGIL, ha acceso i riflettori sulla questione salariale in Italia”. I salari nel 2010 ha dichiarato Megale alla CGILtv (guarda il video) “chiuderanno con un 0,3% sopra l'inflazione”. “Anche nella crisi - ha proseguito - sono aumentate le tasse e questo aumento lordo viene mangiato da una tassazione ulteriore sul lavoro”.
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