Mirafiori peggio di Pomigliano
di Marco Revelli,L'accordo recente su Mirafiori ricalca nelle sue linee generali quello di Pomigliano. Come per Pomigliano, appunto, la Fiat e i sindacati favorevoli alle nuove regole, hanno rivisto la riorganizzazione del tempo di lavoro, i turni, le pause, i diritti. Per Mirafiori, però, penso che addirittura ci sia stato un peggioramento su un punto sostanziale che è stato determinato dall'uscita della FIAT di Marchionne da Confindustria: quello che riguarda la rappresentanza sindacale in fabbrica. Col nuovo accordo non potranno essere rappresentati i lavoratori della Fiom, la rappresentanza aziendale sarà decisa dall'alto, dalle organizzazioni sindacali e solo da quelle che hanno firmato l'accordo. Questo è un punto di peggioramento ulteriore rispetto già all'accordo di Pomigliano.
Avevo definito l'accordo di Pomigliano un atto che reintroduceva la dimensione servile del lavoro, un arretramento non solo rispetto agli anni più recenti, al periodo della democrazia industriale, ma un arretramento rispetto al capitalismo nel suo complesso. Il capitalismo ha anche rappresentato il riconoscimento della persona al lavoro, il superamento della dimensione servile del lavoro. Qui, invece, il lavoro ritorna a essere separato dai diritti del cittadino, da quei diritti garantiti dalla legge, dalla costituzione e dalla civiltà giuridica di un Paese.
L'impresa si definisce in una dimensione di extraterritorialità, come se vivesse in uno spazio diverso da quello del Paese, degli stati, della loro legislazione etc. e tratta il lavoro come risorsa pienamente disponibile senza il riconoscimento della soggettività, della dignità dei soggetti che lavorano.
Per quanto riguarda le recenti dichiarazioni del candidato in pectore a sindaco di Torino, Piero Fassino, stenderei un velo pietoso. Sono atteggiamenti e dichiarazioni che fanno cadere le braccia. Su una vicenda decisiva per quanto riguarda la civiltà del lavoro, trovo desolante la posizione del Partito Democratico di cui Fassino è un degno esponente. Questa formazione, questa organizzazione che rappresenta un nulla politico, tuttavia produce gravissimi danni nel momento in cui questo ceto politico che ha, quantomeno le sue origini, radici nel mondo del lavoro che dovrebbe in qualche maniera essere sensibile alla dignità del lavoro, invoca esplicitamente atteggiamenti che contraddicono nettamente il principio della dignità del lavoro e dei lavoratori.
Non metto in discussione che un lavoratore di Mirafiori schiacciato da una situazione economica per certi versi drammatica, con alle spalle mesi di cassa integrazione, con difficoltà estrema a raggiungere la fine del mese, con magari il mutuo da pagare. Non discuto la scelta di un lavoratore preso per la gola da un padrone onnipotente in grado di scegliere la localizzazione del proprie produzioni, di andarsene in Serbia o in Turchia, piuttosto che a Torino. Che un lavoratore in queste condizioni che voti sì, lo capisco pienamente. Ma un esponente politico che proviene dal movimento operaio che se ne esce con una dichiarazione di questo tipo che contraddice qualsiasi principio di rispetto della persona umana, è uno spettacolo indecoroso.
Come rispondere al "ricatto" della delocalizzazione? Si risponde guardando quello che succede in paesi come la Germania o come la Francia in cui questo tipo di ragionamento non ha molto spazio. Il sindacato e gli operai tedeschi hanno ceduto su alcuni punti, hanno accettato di fare alcuni sacrifici, non hanno mai rinunciato alla propria dignità e ai propri diritti, hanno dei salari che sono di un 30/40% a volte anche 50% superiori a quelli dei lavoratori italiani, hanno un'imprenditoria che ha giocato le proprie carte non nei gironi più bassi del mercato internazionale a un alto livello con buoni investimenti di ricerca e sviluppo, con innovazione tecnologica, con una maggiore dignità dell'imprenditoria e dei sindacati.
In Italia manca la dignità degli imprenditori e dei sindacati. Marchionne fa l'americano. Si diceva che la FIAT si era comprata la Chrysler, è invece evidente che è la Chrysler che si è annessa alla FIAT. La localizzazione in Italia è una variabile dipendente da quello che si decide a Detroit e noi siamo una colonia.
Avevo definito l'accordo di Pomigliano un atto che reintroduceva la dimensione servile del lavoro, un arretramento non solo rispetto agli anni più recenti, al periodo della democrazia industriale, ma un arretramento rispetto al capitalismo nel suo complesso. Il capitalismo ha anche rappresentato il riconoscimento della persona al lavoro, il superamento della dimensione servile del lavoro. Qui, invece, il lavoro ritorna a essere separato dai diritti del cittadino, da quei diritti garantiti dalla legge, dalla costituzione e dalla civiltà giuridica di un Paese.
L'impresa si definisce in una dimensione di extraterritorialità, come se vivesse in uno spazio diverso da quello del Paese, degli stati, della loro legislazione etc. e tratta il lavoro come risorsa pienamente disponibile senza il riconoscimento della soggettività, della dignità dei soggetti che lavorano.
Per quanto riguarda le recenti dichiarazioni del candidato in pectore a sindaco di Torino, Piero Fassino, stenderei un velo pietoso. Sono atteggiamenti e dichiarazioni che fanno cadere le braccia. Su una vicenda decisiva per quanto riguarda la civiltà del lavoro, trovo desolante la posizione del Partito Democratico di cui Fassino è un degno esponente. Questa formazione, questa organizzazione che rappresenta un nulla politico, tuttavia produce gravissimi danni nel momento in cui questo ceto politico che ha, quantomeno le sue origini, radici nel mondo del lavoro che dovrebbe in qualche maniera essere sensibile alla dignità del lavoro, invoca esplicitamente atteggiamenti che contraddicono nettamente il principio della dignità del lavoro e dei lavoratori.
Non metto in discussione che un lavoratore di Mirafiori schiacciato da una situazione economica per certi versi drammatica, con alle spalle mesi di cassa integrazione, con difficoltà estrema a raggiungere la fine del mese, con magari il mutuo da pagare. Non discuto la scelta di un lavoratore preso per la gola da un padrone onnipotente in grado di scegliere la localizzazione del proprie produzioni, di andarsene in Serbia o in Turchia, piuttosto che a Torino. Che un lavoratore in queste condizioni che voti sì, lo capisco pienamente. Ma un esponente politico che proviene dal movimento operaio che se ne esce con una dichiarazione di questo tipo che contraddice qualsiasi principio di rispetto della persona umana, è uno spettacolo indecoroso.
Come rispondere al "ricatto" della delocalizzazione? Si risponde guardando quello che succede in paesi come la Germania o come la Francia in cui questo tipo di ragionamento non ha molto spazio. Il sindacato e gli operai tedeschi hanno ceduto su alcuni punti, hanno accettato di fare alcuni sacrifici, non hanno mai rinunciato alla propria dignità e ai propri diritti, hanno dei salari che sono di un 30/40% a volte anche 50% superiori a quelli dei lavoratori italiani, hanno un'imprenditoria che ha giocato le proprie carte non nei gironi più bassi del mercato internazionale a un alto livello con buoni investimenti di ricerca e sviluppo, con innovazione tecnologica, con una maggiore dignità dell'imprenditoria e dei sindacati.
In Italia manca la dignità degli imprenditori e dei sindacati. Marchionne fa l'americano. Si diceva che la FIAT si era comprata la Chrysler, è invece evidente che è la Chrysler che si è annessa alla FIAT. La localizzazione in Italia è una variabile dipendente da quello che si decide a Detroit e noi siamo una colonia.