di Michele di Palma, coordinatore nazionale Fiom del gruppo Fiat
Una settimana fa abbiamo tenuto una assemblea in sciopero, perché è impedito alla Fiom Cgil tenere assemblee dentro gli stabilimenti del gruppo Fiat, alla CNH di Jesi. Dentro la fabbrica le linee ferme, fuori ci siamo trovati con 400 metalmeccaniche e metalmeccanici dei due turni a discutere. Rabbia gridata nel microfono e incredulità raccontata a bassa voce nei capannelli contro il muro di solitudine che la crisi e le politiche di austerità hanno eretto intorno a ciascuno. Per rompere la solitudine quegli operai han fatto sciopero, perché gli è impedita la possibilità di partecipare alla vita democratica dentro e sempre più anche fuori dalla fabbrica.
Stessa regione a pochi giorni di distanza tre suicidi con un parente delle vittime che dichiara che ad averli uccisi è stata la dignità. Può essere la dignità ad uccidere? Oppure è la solitudine, che ti paralizza giorno dopo giorno come in un progressivo assideramento, perché pensi che la tua situazione è colpa tua che non sei stato capace di resistere alla crisi che riempiva giorno dopo giorno la stanza chiusa della porta di casa e continuavi a pensare che ce la potevi fare che dipendeva solo da te, che sarebbe bastato galleggiare per tornare a nuotare. Fuori tutto è troppo più grande ed inafferrabile: le scelte politiche del Governo, il "pilota automatico" della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea, le imprese che chiedono soldi e scappano. La buca della posta che si riempie di lettere di bollette e avvisi di mora mentre le scuole perdono pezzi, gli ospedali chiudono, partiti e sindacati sono sempre più ricordi lontani.
Civitanova è per un giorno la capitale dell'Europa nei tempi della crisi, domani la candela passerà ad un altro quartiere di Atene, Barcellona, Parigi o Londra ed assisteremo ancora al rituale dei volti affranti di membri di Governo che provano dolore. A chi ha la responsabilità di decidere, oltre ai sentimenti, sono chieste scelte, decisioni, provvedimenti conseguenti. Perché mentre in Parlamento ci si alterna al gioco del "gatto col topo" per poi passare a "indovina chi?", mentre le imprese giocano al monopoli globale, fuori non c'è più tempo.
Non hanno più tempo quel'80% di persone che saltano da un contratto precario ad un altro senza reti sotto, non han più tempo i metalmeccanici dell'automotive che in 220 mila rischiano di non avere più un lavoro, non han più tempo i precari della scuola, non han più tempo operai e cittadini di Taranto, non han più tempo il 40% di giovani disoccupati, non ha più tempo i lavoratori delle piccole e medie imprese, non han più tempo nonni e nonne per strada con una pensione che non basta a pagare l'affitto, non han più tempo impiegati, addetti alla ricerca delle imprese dell'informatica e delle energie alternative, non han più tempo gli operai Fiat che pur avendo avuto ragione dalle sentenze sono ancora fuori dal cancello insieme a tutti quelli in cassa integrazione per milioni di ore in un anno, non han più tempo i cittadini che hanno votato un referendum sull'acqua, quelli che difendono la Val Susa: non c'è più tempo di aspettare. La portata della crisi non è arginabile con un po di cassa integrazione in deroga (che pure serve) e il pagamento dei debiti dello Stato (senza aumentare le tasse).
Siccome non possiamo più aspettare nei prossimi giorni la Fiom Cgil terrà assemblee dentro e fuori le fabbriche, con operai e cittadini, movimenti e associazioni al fine chiedere subito cinque azioni contro la crisi. A cominciare dal fatto che debbono cessare le chiusure degli stabilimenti ed investire risorse pubbliche e private nella ricerca. Cancellare la detassazione degli straordinari e della flessibilità ed invece usare risorse pubbliche per aumentare la base occupazionale riducendo l'orario di lavoro coi contratti di solidarietà difensivi per impedire i licenziamenti e espansivi per trasformare i contratti atipici in contratti stabili. Contro il ricatto della inoccupazione e della disoccupazione c'è bisogno di un reddito, il cui finanziamento venga dalla fiscalità generale (come in tutta Europa) e che i minimi contrattuali siano inderogabili per Legge.
Queste proposte si reggono su un punto che riguarda la vita civile e democratica del Paese: la democrazia. L'autonomia e l'indipendenza dei metalmeccanici iscritti alla Fiom Cgil è sotto un attacco violento delle controparti a partire dalla Fiat: le discriminazioni nei confronti del maggiore sindacato si moltiplicano giorno dopo giorno. Assemblee negate, delegati non riconosciuti dalle imprese, licenziamenti discriminatori, tutto accade nell'indifferenza, ma alla democrazia non si può tappare la bocca per troppo tempo. I metalmeccanici, come i cittadini, come i giovani non possono più aspettare per questa ragione a Roma il 18 maggio la manifestazione nazionale sarà solo l'inizio.