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Giovedì 07 Ottobre 2010 00:18 |
Questa lettera non e' stata pubblicata dal Corriere della Sera, ad essa mi sento di aggiungere la condanna per quanto avvenuto a Roma alla sede nazionale della Cisl... e anche la richiesta di un poco di garantismo per gli operai di Lecco e di altrove la cui versione dei fatti non e' stata neppure presa in considerazione... si sa il garantismo per gli operai, specie se della Fiom, non vale. (...) Roma, 4 ottobre 2010 A Dario Di Vico “Corriere della Sera” (via e-mail) Caro Di Vico, Giorgio Cremaschici conosciamo da tanti anni e quindi so che non ho bisogno di molte parole per spiegarti perché considero la proposta di patto sociale avanzata della Confindustria assolutamente da respingere. E’ la solita minestra riscaldata che da 30 anni supplisce all’innovazione, agli investimenti, alla crescita reale dell’economia. Oggi c’è l’aggravante che l’unica cosa chiara di questo patto è che esso vorrebbe dire la fine del Contratto nazionale, ridotto ad una cornice burocratica ove ognuno “deroga” come vuole. Lo smantellamento in tempi di crisi del Contratto nazionale non è solo un’operazione iniquia sul piano sociale e distruttiva anche dal punto di vista dell’unità del Paese, ammesso che l’argomento interessi ancora. Oggi questa operazione segna una regressione anche sul piano dello stesso sviluppo industriale ed economico. O l’Italia impara ad essere competitiva con i Paesi dove gli operai vengono pagati meglio e hanno più diritti, oppure, se continua ad inseguire la competizione a basso costo, verrà spazzata via dal mercato internazionale. Queste sono le ragioni forti e fondate per cui la Fiom, ma credo in gran parte anche la Cgil, dicono di no oggi al patto sociale. E’ un no espresso alla luce del sole e con una grande mobilitazione, le cui dimensioni avremo tutti modo di vedere il 16 ottobre a Roma. C’è un Paese che certe favole non se le beve più e per fortuna c’è chi, come la Fiom, cerca di rappresentarlo. D’altra parte, siamo proprio sicuri che la rinuncia al Contratto nazionale sia condivisa dalla maggioranza dei lavoratori? Qualcuno ha chiesto ai metalmeccanici se sono d’accordo con l’accordo separato sul Contratto? Il solo voto che c’è stato fino ad ora è stato quello dei 5.000 lavoratori di Pomigliano. Nel clima di una consultazione che nessuna organizzazione dell’Onu considererebbe democratica, questi lavoratori a maggioranza risicata hanno accettato le deroghe. Hanno votato per tutti i metalmeccanici? Mi permetto di sostenere senza tema di smentite che oggi non si vuole il referendum sulle deroghe contrattuali tra i metalmeccanici perché, in una consultazione libera e trasparente, i lavoratori direbbero di no. E qui c’è un’autentica sopraffazione della democrazia e del diritto, contro la quale non c’è adeguato scandalo in Italia. E’ in questo contesto, per usare il termine di Monsignor Fisichella, che qualche metalmeccanico furibondo tira uova contro le sedi della Cisl. Il Segretario generale della Fiom ha già detto di non condividere questi gesti, ma la reazione contro di essi è ipocritica e sproporzionata e priva di senso della misura e della giustizia. Non è la prima volta, negli ultimi 30 anni, che i metalmeccanici tirano uova verso le sedi confindustriali; è avvenuto in molte vertenze contrattuali, anche in manifestazioni unitarie. E’ vero che non era mai successo che questo avvenisse verso sedi sindacali. I fischi, gli insulti, il lancio dei bulloni ci sono sempre stati nella vita sindacale; anch’io me li sono presi. Però, nel passato, tutte le organizzazioni sindacali andavano nei luoghi di lavoro a prendersi applausi o fischi a seconda dei casi. Oggi Cisl e Uil non hanno svolto una sola assemblea di fabbrica per spiegare la loro linea contrattuale. Non c’è quindi un complotto delle uova da parte della Fiom, ma una esasperazione dei lavoratori a cui viene vietato di esprimersi per i corretti canali della rappresentanza e della democrazia. E’ giusto mantenere anche in questi casi sangue freddo e rispetto per tutte le organizzazioni, ma rivolgere l’accusa di squadrismo o di qualcosa di peggio nei confronti di operai che fanno i turni e, quando gli va bene, prendono 1.200 euro al mese è un’ingiustizia e anche un grave errore. Presidente del Comitato Centrale Fiom |