Meno male che c’è la Fiom
Dal fronte sindacale,segnatamente dalla Cgil, vengono notizie preoccupanti. La minoranza Fiom, corrispondente alla maggioranza confederale, sino ad oggi rappresentata nella segreteria dei metalmeccanici da Fausto Durante, ha deciso di uscire dall’organismo esecutivo.
Non serve avventurarsi in astruse elucubrazioni dietrologiche per comprendere significato e gravità di un atto che segna una solenne presa di distanza della confederazione di Epifani dalla sua più forte e combattiva federazione di categoria. Un gesto che avviene mentre la Fiom è sottoposta ad un attacco frontale, a tutti i livelli della propria struttura di rappresentanza, tanto da parte dell’impresa simbolo del capitalismo italiano, la Fiat, quanto da parte di Federmeccanica che già minaccia di sospendere, a partire da settembre, le trattenute sindacali relative alle deleghe sottoscritte dai lavoratori.
La motivazione esibita, vale a dire l’adesione del segretario della Fiom, Maurizio Landini, all’area programmatica confederale “la Cgil che vogliamo”, prerogativa statutariamente riconosciuta ad ogni iscritto alla Cgil, appare un puerile pretesto che dietro un’esile foglia di fico nasconde uno scontro politico di fondo: una visione strategica divaricante maturata durante la segreteria di Epifani ed esplosa, in particolare sui temi della democrazia e dell’autonomia della contrattazione, nel recente congresso.
Ma isolare la Fiom mentre essa è impegnata in una tenacissima resistenza per difendere irrinunciabili diritti individuali e collettivi, e mentre lo stesso potere di coalizione sindacale è messo a repentaglio dalla più pesante offensiva antioperaia che sia stata scatenata da trent’anni a questa parte, è un fatto che dovrebbe allarmare chiunque abbia minimamente a cuore le sorti del sindacalismo e della democrazia <+Cors>tout court<+Tondo>. E rendere avvertiti di quali proporzioni rischia di assumere la deriva normalizzatrice che ha già totalmente inertizzato Cisl e Uil, trasformandole in pallide controfigure, prive di autonomia, perfettamente interfacciate al potere confindustriale.
Ieri la Fiom ha reagito con coraggio e lucidità all’assedio cui è sottoposta, decidendo nel suo comitato centrale tre cose di somma importanza: il rinnovo di tutte le deleghe sindacali; l’impegno più risoluto a sostegno della propria proposta di legge di iniziativa popolare sulla democrazia sindacale già consegnata al Parlamento con un corredo di oltre centomila firme; la convocazione di una grande manifestazione per la democrazia, i diritti, la riconquista del contratto nazionale di lavoro per il prossimo 16 ottobre.
Per quanto è in noi non lesineremo energie nel sostenere questa battaglia di cruciale importanza per l’intero mondo del lavoro e per le stesse prospettive della sinistra in Italia.
Non serve avventurarsi in astruse elucubrazioni dietrologiche per comprendere significato e gravità di un atto che segna una solenne presa di distanza della confederazione di Epifani dalla sua più forte e combattiva federazione di categoria. Un gesto che avviene mentre la Fiom è sottoposta ad un attacco frontale, a tutti i livelli della propria struttura di rappresentanza, tanto da parte dell’impresa simbolo del capitalismo italiano, la Fiat, quanto da parte di Federmeccanica che già minaccia di sospendere, a partire da settembre, le trattenute sindacali relative alle deleghe sottoscritte dai lavoratori.
La motivazione esibita, vale a dire l’adesione del segretario della Fiom, Maurizio Landini, all’area programmatica confederale “la Cgil che vogliamo”, prerogativa statutariamente riconosciuta ad ogni iscritto alla Cgil, appare un puerile pretesto che dietro un’esile foglia di fico nasconde uno scontro politico di fondo: una visione strategica divaricante maturata durante la segreteria di Epifani ed esplosa, in particolare sui temi della democrazia e dell’autonomia della contrattazione, nel recente congresso.
Ma isolare la Fiom mentre essa è impegnata in una tenacissima resistenza per difendere irrinunciabili diritti individuali e collettivi, e mentre lo stesso potere di coalizione sindacale è messo a repentaglio dalla più pesante offensiva antioperaia che sia stata scatenata da trent’anni a questa parte, è un fatto che dovrebbe allarmare chiunque abbia minimamente a cuore le sorti del sindacalismo e della democrazia <+Cors>tout court<+Tondo>. E rendere avvertiti di quali proporzioni rischia di assumere la deriva normalizzatrice che ha già totalmente inertizzato Cisl e Uil, trasformandole in pallide controfigure, prive di autonomia, perfettamente interfacciate al potere confindustriale.
Ieri la Fiom ha reagito con coraggio e lucidità all’assedio cui è sottoposta, decidendo nel suo comitato centrale tre cose di somma importanza: il rinnovo di tutte le deleghe sindacali; l’impegno più risoluto a sostegno della propria proposta di legge di iniziativa popolare sulla democrazia sindacale già consegnata al Parlamento con un corredo di oltre centomila firme; la convocazione di una grande manifestazione per la democrazia, i diritti, la riconquista del contratto nazionale di lavoro per il prossimo 16 ottobre.
Per quanto è in noi non lesineremo energie nel sostenere questa battaglia di cruciale importanza per l’intero mondo del lavoro e per le stesse prospettive della sinistra in Italia.