Nuovo incontro Fiat-sindacati e nuovi diktat: in tutte le fabbriche come a Pomigliano sennò niente investimenti. Solo la Fiom resiste
Venti miliardi di investimenti nella Fabbrica Italia, ma alle condizioni di Marchionne. Quelle note, contenute nell'accordo separato di Pomigliano che cancellano il diritto di sciopero e sanzionano lavoratori e sindacati che decidano di insistere nell'errore. Quelle che penalizzano la malattia in nome della lotta all'assenteismo, riducono le pause fino a cancellare quella per la mensa spostata a fine turno. Un «accordo» imposto con un referendum ricattatorio (parola che manda su tutte le furie l'amministratore delegato della Fiat, nonché presidente della newco di Pomigliano d'Arco) deve diventare legge in tutte le fabbriche automobilistiche italiane. Su questa base l'incontro di ieri a Torino, il primo di una serie che coinvolgerà tutti gli stabilimenti, non poteva che finire male. Come sempre l'opposizione e la richiesta di ridiscutere a un vero tavolo di trattativa il modo per aumentare la produttività e i turni senza cancellare leggi, contratti e Costituzione è arrivata da una parte sola, la Fiom, e ha trovato la totale indisponibilità da parte della delegazione del Lingotto. L'unica richiesta accettata dalla Fiat, avanzata da Fim, Uilm e Fismic, è il rinvio di un nuovo accordo (che ovviamente sarebbe stato separato) per formalizzare la «pomiglianizzazione» di tutto il settore automobilistico. Un po' di tempo, più che per riflettere, per far ingoiare ai propri delegati e iscritti l'ennesima porzione di olio di ricino.
L'altra decisione, unilaterale, annunciata dalla Fiat nel corso dell'incontro di ieri riguarda il monte ore sindacale: disdettato a partire dal 1° gennaio del 2011 l'accordo che prevede l'agibilità sindacale in tutti gli stabilimenti anche per gli «esperti» e non solo per le Rsu. Gli esperti sono i rappresentati sindacali – una volta si sarebbero chiamati delegati di gruppo omogeneo, oggi di Ute – a più stretto contatto con i lavoratori e i loro problemi. La Fiat ha precisato che è sua intenzione aprire un tavolo con tutti i sindacati per addivenire a un nuovo accordo, «più consono» ai tempi che corrono. Si sa dove corrono i tempi, mentre l'accordo sul monte ore risale addirittura al 5 agosto del '71, strappato alla Fiat grazie al ciclo di lotte iniziato nel '68-'69, che regolava i tempi, i ritmi, la saturazione, i delegati e, appunto, il monte ore sindacale. C'è chi sospetta che per avere il riconoscimento degli esperti bisognerà aderire alle nuove regole di Marchionne. Si sa anche che la sola Fiom nell'auto ha 41 delegati tra gli operai (a Mirafiori, Cassino, Pomigliano, Termini Imerese e pochissimi rimasti ad Arese, benché chiusa) e 49 esperti. A Melfi l'accordo sul monte ore non è valido perché l'azienda alla sua fondazione fu chiamata in un altro modo, Sata, proprio per poter assumere operai privi del portato di memoria e di diritti. Fu un'astuzia dell'allora ad Cesare Romiti, certo un uomo determinato, «feroce» come sa chi ricorda i 35 giorni dell'80. Un sincero democratico rispetto al «nuovo» Marchionne.
La delegazione Fiat guidata da Rebaudengo ha comunicato ai rappresentanti sindacali la decisione di sospendere l'uscita dalla Confindustria (finalizzata a liberarsi del contratto dei metalmeccanici) per due mesi, in attesa di trovare un accordo con l'associazione guidata da Emma Marcegaglia, che preveda deroghe al contratto fino a recepire per intero la nuova filosofiat contenuta nel diktat di Pomigliano. Invece, la newco «Fabbrica Italia Pomigliano» (Fip) non aderirà a Confindustria. Una la decisione pressoché irrilevante, dal momento che mentre gli investimenti per la produzione della Panda saranno fatti dalla Fip, il trasloco di baracca e burattini dalla Fiat alla Fip avverrà solo a partire da settembre del 2011, quando sarà avviata, con un po' di ritardo sulla tabella di marcia, la produzione. E nel frattempo questa è una delle poche certezze per i lavoratori sballotolati di qua e di là come fagotti tutti in cassa integrazione a stipendio ridotto, tranne i pochi che continueranno a lavorare all'Alfa 159. Sarà cassa integrazione in deroga, quella che si dà alle aziende decotte, perché per avere la cassa per ristrutturazione la Fiat dovrebbe fare gli investimenti, ma gli investimenti li fa la Fip.
Alla seconda parte dell'incontro di ieri, caratterizzato esclusivamente dal conflitto tra la Fiat e la Fiom, non ha partecipato la delegazione dei metalmeccanici Cgil guidata dal segretario generale Maurizio Landini, per la semplice ragione che riguardava «l'accordo» separato su Pomigliano siglato soltanto dai sindacati «collaborativi».
Venti miliardi di investimenti nella Fabbrica Italia, ma alle condizioni di Marchionne. Quelle note, contenute nell'accordo separato di Pomigliano che cancellano il diritto di sciopero e sanzionano lavoratori e sindacati che decidano di insistere nell'errore. Quelle che penalizzano la malattia in nome della lotta all'assenteismo, riducono le pause fino a cancellare quella per la mensa spostata a fine turno. Un «accordo» imposto con un referendum ricattatorio (parola che manda su tutte le furie l'amministratore delegato della Fiat, nonché presidente della newco di Pomigliano d'Arco) deve diventare legge in tutte le fabbriche automobilistiche italiane. Su questa base l'incontro di ieri a Torino, il primo di una serie che coinvolgerà tutti gli stabilimenti, non poteva che finire male. Come sempre l'opposizione e la richiesta di ridiscutere a un vero tavolo di trattativa il modo per aumentare la produttività e i turni senza cancellare leggi, contratti e Costituzione è arrivata da una parte sola, la Fiom, e ha trovato la totale indisponibilità da parte della delegazione del Lingotto. L'unica richiesta accettata dalla Fiat, avanzata da Fim, Uilm e Fismic, è il rinvio di un nuovo accordo (che ovviamente sarebbe stato separato) per formalizzare la «pomiglianizzazione» di tutto il settore automobilistico. Un po' di tempo, più che per riflettere, per far ingoiare ai propri delegati e iscritti l'ennesima porzione di olio di ricino.
L'altra decisione, unilaterale, annunciata dalla Fiat nel corso dell'incontro di ieri riguarda il monte ore sindacale: disdettato a partire dal 1° gennaio del 2011 l'accordo che prevede l'agibilità sindacale in tutti gli stabilimenti anche per gli «esperti» e non solo per le Rsu. Gli esperti sono i rappresentati sindacali – una volta si sarebbero chiamati delegati di gruppo omogeneo, oggi di Ute – a più stretto contatto con i lavoratori e i loro problemi. La Fiat ha precisato che è sua intenzione aprire un tavolo con tutti i sindacati per addivenire a un nuovo accordo, «più consono» ai tempi che corrono. Si sa dove corrono i tempi, mentre l'accordo sul monte ore risale addirittura al 5 agosto del '71, strappato alla Fiat grazie al ciclo di lotte iniziato nel '68-'69, che regolava i tempi, i ritmi, la saturazione, i delegati e, appunto, il monte ore sindacale. C'è chi sospetta che per avere il riconoscimento degli esperti bisognerà aderire alle nuove regole di Marchionne. Si sa anche che la sola Fiom nell'auto ha 41 delegati tra gli operai (a Mirafiori, Cassino, Pomigliano, Termini Imerese e pochissimi rimasti ad Arese, benché chiusa) e 49 esperti. A Melfi l'accordo sul monte ore non è valido perché l'azienda alla sua fondazione fu chiamata in un altro modo, Sata, proprio per poter assumere operai privi del portato di memoria e di diritti. Fu un'astuzia dell'allora ad Cesare Romiti, certo un uomo determinato, «feroce» come sa chi ricorda i 35 giorni dell'80. Un sincero democratico rispetto al «nuovo» Marchionne.
La delegazione Fiat guidata da Rebaudengo ha comunicato ai rappresentanti sindacali la decisione di sospendere l'uscita dalla Confindustria (finalizzata a liberarsi del contratto dei metalmeccanici) per due mesi, in attesa di trovare un accordo con l'associazione guidata da Emma Marcegaglia, che preveda deroghe al contratto fino a recepire per intero la nuova filosofiat contenuta nel diktat di Pomigliano. Invece, la newco «Fabbrica Italia Pomigliano» (Fip) non aderirà a Confindustria. Una la decisione pressoché irrilevante, dal momento che mentre gli investimenti per la produzione della Panda saranno fatti dalla Fip, il trasloco di baracca e burattini dalla Fiat alla Fip avverrà solo a partire da settembre del 2011, quando sarà avviata, con un po' di ritardo sulla tabella di marcia, la produzione. E nel frattempo questa è una delle poche certezze per i lavoratori sballotolati di qua e di là come fagotti tutti in cassa integrazione a stipendio ridotto, tranne i pochi che continueranno a lavorare all'Alfa 159. Sarà cassa integrazione in deroga, quella che si dà alle aziende decotte, perché per avere la cassa per ristrutturazione la Fiat dovrebbe fare gli investimenti, ma gli investimenti li fa la Fip.
Alla seconda parte dell'incontro di ieri, caratterizzato esclusivamente dal conflitto tra la Fiat e la Fiom, non ha partecipato la delegazione dei metalmeccanici Cgil guidata dal segretario generale Maurizio Landini, per la semplice ragione che riguardava «l'accordo» separato su Pomigliano siglato soltanto dai sindacati «collaborativi».
Loris Campetti