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giovedì 22 marzo 2012

art.18 Ricordatevi sempre di questa foto..






Ordine del giorno conclusivo del Comitato Direttivo CGIL nazionale del 21 marzo 2012

Il Comitato Direttivo nazionale della CGIL valuta grave e inaccettabile, per ragioni di metodo e di merito, il modo con il quale il Governo ha inteso concludere il negoziato sulle modifiche legislative del mercato del lavoro.  Mentre il Paese precipita nella recessione, anche per le scelte compiute dallo stesso Governo, si è deciso di guardare ai mercati finanziari e di garantire le scelte sbagliate di politica economica europea non dando alcun valore alla coesione sociale nella prossima fase del Paese, in assenza di politiche di crescita che diano risposte all’occupazione e al Sud.

Infatti il Governo non ha mai inteso modificare in alcun modo le proprie proposte sull’art. 18 con l’obiettivo di rendere più facili i licenziamenti ingiustificati. Mentre sono state accolte buona parte delle richieste di Confindustria e delle piccole imprese il Governo  si è mosso in continuità con le sue precedenti scelte. Con la modifica del sistema pensionistico, con le liberalizzazioni per quanto riguarda i lavoratori del trasporto pubblico e del commercio, con le iniziative fiscali reintroducendo l’Imu sulla prima casa, aumentando  le aliquote Irpef regionali e comunali, aumentando l’Iva e le accise sulla benzina,  si è voluto scaricare sul lavoro e sui pensionati l’emergenza finanziaria frutto anche del fallimento del Governo precedente.

Il giudizio di merito che si può dare sull’insieme del negoziato è il seguente:

- c’è un’evoluzione, che per noi certo non basta, delle forme di precarietà in ingresso, dovuta
alle richieste del Sindacato, ed in particolare della CGIL, durante il negoziato;

- è sempre grazie al nostro lavoro che è dovuto il miglioramento per durata e quantità dell’ASPI (il nuovo assegno di disoccupazione) rispetto all’attuale IDO anche se non è ancora garantita l’universalità degli ammortizzatori sociali in particolare modo per gli attuali precari e per i lavoratori delle piccole imprese mentre si sono pesantemente indebolite le tutele dei lavoratori più anziani e si restringono quelle oggi operanti nel Mezzogiorno (anche se siamo riusciti a spostare il tutto al 2017)

- si è demolito l’effetto di deterrenza dell’art. 18 quale diritto ad una tutela per far valere l’insieme dei diritti, aprendo all’unilateralità del potere aziendale nella vita concreta nei luoghi di lavoro.

Si apre oggi una grande battaglia e una grande sfida nel Paese e nella comunicazione, nei territori e nei luoghi di lavoro. L’obiettivo di questa battaglia deve essere quello di radicali proposte di modifica ai provvedimenti del Governo da presentare all’insieme del Parlamento.

Tali modifiche dovranno innanzitutto riguardare la conferma e il miglioramento dei risultati ottenuti sulla precarietà garantendo prospettive di qualità per il lavoro dei giovani, l’universalità del sistema degli ammortizzatori verso i precari e le piccole imprese e il reinserimento della mobilità per i lavoratori over 50.

Sui licenziamenti le modifiche dovranno riguardare la ricostruzione dell’effetto di deterrenza dell’art. 18 a partire dalla riconquista della reintegra come diritto essenziale per la tutela dei lavoratori coinvolti nel licenziamento.

Il Comitato Direttivo della Cgil proclama 16 ore di sciopero per tutti i settori, parte delle quali verranno concentrate in un’unica giornata con manifestazioni territoriali in una data a breve decisa dalla Segreteria nazionale sulla base dei calendari parlamentari.

Il Comitato Direttivo della CGIL chiama tutta l’Organizzazione a gestire le ore di sciopero per una fase di mobilitazione assolutamente straordinaria attraverso una campagna massiccia di assemblee, anche con ore di sciopero, una raccolta di firme che demistifichi la campagna che i provvedimenti vanno a favore dei giovani e dei precari, iniziative verso le singole imprese perché manifestino dissenso per le scelte del Governo sui licenziamenti, manifestazioni davanti al Ministero del Lavoro dei lavoratori in accordi di mobilità, in esodo o licenziati, oltre a tutti quelli che oggi sono rimasti coinvolti o imprigionati dalla modifica delle pensioni in lunghi periodi senza nessuna tutela del reddito, manifestazioni davanti al Ministero della Funzione Pubblica e della Pubblica Istruzione per i contratti pubblici e per la riduzione della precarietà nel pubblico impiego, articolazioni di scioperi aziendali, territoriali e categoriali con l’obiettivo di rendere diffusa ed evidente la mobilitazione nel Paese con un forte coordinamento confederale nazionale.

A conclusione di questo percorso il Direttivo nazionale della CGIL si riconvocherà per valutare la fase e le ulteriori iniziative che verranno ritenute necessarie.

IL SALARIO PIU' BASSO D'EUROPA


“La mia sfida per la nuova Fiat, salari tedeschi e azioni agli operai” 
 Sergio Marchionne a “Repubblica” il 16 Gennaio 2011 

Dal noto giornale “Il Sole 24 Ore” apprendiamo che la Wolkswagen a tutti e 90.000 i dipendenti tedeschi corrisponderà quest'anno un Premio Produzione pari a 7.500 euro ognuno. Il marchio Audi ha già annunciato per i suoi lavoratori un Premio pari a 8.251 euro. La Porsche elargirà ad ogni dipendente un bonus di 7600 euro. La Daimler (Smart e Mercedes) pagherà un Premio di Produzione pari a 4.100 euro.

E a chi lavora in Fiat? 600 euro per buona condotta contro le donne e chi si ammala

In Fiat i soldi vanno agli azionisti e ai capi. Per gli operai c'è la Cassa Integrazione e da due anni un Premio pari a zero euro. Poi grazie alla Fim e alla Uilm – quelli del Pomigliano è un'eccezione! con un accordo scellerato cancellano il contratto nazionale, la democrazia e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Alla Fiat, Fim Uilm e Governo hanno dato tutto! ma con quali risultati? se non quelli della perdita di quote di mercato, della Cigo e dei salari più bassi d'Europa! Non sarebbe meglio se al posto dei nostri diritti, Fiat assieme a Fim e Uilm si occupassero di come fare bene auto, camion e trattori?

Le più grandi case manifatturiere europee vendono e fanno utili in Europa. Assumono, reditribuiscono salario ai lavoratori e investono in ricerca e sviluppo. Presentano piani industriali seri e non distruggono diritti e contrattazione. Grossomodo tutto quello che non fa la Fiat.
Hanno però tutte un grosso vantaggio. Non hanno né Marchionne, né la Fim, né la Uilm.
Jesi, 20 Marzo 2012                                                            La Rsu della Fiom Cgil 
Cremaschi, Fiom: "Questa riforma con l'abolizione dell'articolo 18 è un atto brutale contro i lavoratori"
La Cgil e la Fiom non ci stanno a rinunciare a un diritto fondamentale dei lavoratori come l’articolo 18 e non escludono “alcuna iniziativa” per contrastare il governo Monti. Del resto questa riforma "non riduce la precarietà, non estende gli ammortizzatori, ma introduce solo una conseguenza pratica: rendere più facili i licenziamenti”. Il più grande sindacato italiano si prepara a scendere in campo con uno sciopero generale ed altre manifestazioni nelle fabbriche e nel paese". Quella partorita dal grembo di questo esecutivo “è solo una controriforma brutale delle norme del mercato del lavoro”, tuona Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom-Cgil, per il quale la battaglia contro i licenziamenti facili è un passaggio fondamentale per il futuro dei lavoratori e del sindacato.
Cremaschi, il governo Monti ha definito “equilibrato” il proprio progetto di riforma, lei cosa ne pensa?
Quanto ipotizzato da questo governo è un atto brutale contro i lavoratori. Nel momento di maggior crisi del Paese si lascia alle imprese la facoltà di licenziare a piacimento. Il resto sono chiacchiere. L’esecutivo Monti rivende cose già viste sul lavoro precario, mentre sugli ammortizzatori sociali c’è solo un taglio e, quando la normativa entrerà completamente a regime, chi lavora adesso avrà molto meno mentre i giovani non avranno niente. In pratica siamo di fronte a una mera operazione di ristrutturazione selvaggia tesa a favorire gente come Marchionne, bramosa di fare quel che vuole nei confronti dei lavoratori. Quella in questione è l’operazione di un governo di destra, con una politica di destra, e bisogna combatterla in tutti i modi”.
Quali risposte sta preparando il vostro sindacato contro le scelte del governo?
“La Cgil ha deciso lo sciopero generale ed altri momenti di protesta, e io sono contento di essere tra i promotori della manifestazione del 31 marzo a Milano. Occuperemo Piazza Affari e sarà la prima protesta esplicita contro il governo Monti. Vogliamo metterlo in discussione perché rappresenta un governo reazionario, espressione delle banche e dei grandi affari che in tutta Europa stanno distruggendo i diritti del lavoro e quelli sociali”.
Il governo e il ministro Fornero ritengono però che l’eliminazione dell’articolo 18 determinerà più crescita e più posti di lavoro per i giovani.
“Tutte bufale. Basti pensare alla Fiat dove ci sono sempre meno diritti per i lavoratori ma si producono sempre meno automobili. Oppure a realtà del mondo dove l’equivalente dell’articolo 18 non c’è ma il lavoro manca lo stesso. E’ vero l’esatto contrario, in questi momenti di crisi tali forme di flessibilità selvaggia e di incertezza serviranno solo a far stare peggio la gente, a far consumare meno e a mandare ancora più giù l’economia. Solo questo riusciranno a produrre le tesi della grande finanza internazionale e di Marchionne, diventate, purtroppo, programma di governo”.
La Fornero e Monti fanno notare che con questa riforma l’articolo 18 si allargherà a tutti.
“Strano allargare a tutti un diritto svuotato della sua essenza. Cosa si allarga, il fatto che tutti potranno essere licenziati? E’ solo un imbroglio che serve a coprire la faccia a quel pezzo di opinione pubblica e di grande informazione come Corriere Repubblica, pronta a sostenere dieci anni fa (strumentalmente dico io a questo punto) la Cgil quando sullo stesso attacco al diritto dei lavoratori portò in piazza 3 milioni di persone durante il governo Berlusconi . Loro ed anche il Pd, in verità, ora farebbero fatica ad affermare che il Cavaliere aveva ragione. Diciamo inoltre che la decantata estensione è un imbroglio perché il licenziamento discriminatorio già oggi è vietato anche nelle aziende sotto i 15 dipendenti, non tanto in virtù dell’articolo 18 ma di tutte le leggi nazionali e internazionali. Del resto nessun padrone è mai tanto stupido da ricorrere al licenziamento discriminatorio. Nessuno manda via un dipendente dicendo che lo fa perché è nero di pelle, o comunista, o musulmano.  In verità è sempre stato usato il licenziamento disciplinare, ora liberalizzato, e ancor di più adesso verrà usato quello economico. Ovviamente i datori di lavoro, con questi strumenti a disposizione, potranno licenziare quelli che, per un motivo o per l'altro, sono loro invisi. Quindi l’articolo 18 viene di fatto abolito. La parvenza di cui si ammantano certuni è solo la dimostrazione della loro malafede e della loro ipocrisia”.
Visto che si andrà in pensione a 67 anni e si potrà licenziare facilmente, se uno perderà il lavoro dopo i 50 anni avrà di fronte la prospettiva dell’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego) per 12 mesi e poi, in un mercato del lavoro ridotto a deserto come quello attuale, sarà sulla strada e difficilmente troverà un'altra occupazione.
“Purtroppo c’è una razionalità in questo. Oggi si assumono i giovani precari per risparmiare sul costo del lavoro, e per averli più ricattabili, ma se domani si potrà assumere, pagandola due lire, una persona già preparata e con esperienza alla stregua di un precario, questo sarà tanto di guadagnato per il datore di lavoro. Si creerà quindi una competizione tra i giovani e gli ultracinquantenni, un altro utile strumento per chi vuole speculare sul lavoro e sulla pelle di chi lavora”.
Questa riforma dunque non fa altro che eliminare le garanzie solidaristiche conquistate dai lavoratori con decenni di lotte?
“Ripeto, per usare le parole giuste questa è niente di più che una terribile controriforma”.
Si aspetta di vedere se il governo si servirà di un decreto per varare questa normativa o se porterà il provvedimento in Parlamento. Se ciò avverrà i ripensamenti e le spaccature presenti nel Pd, oltre che nel sindacato, potrebbero condurre a una revisione delle norme in Parlamento?
“Dipende dalla mobilitazione che si riuscirà a mettere in campo. Nel 2002 ci siamo riusciti. Certo stavolta sarà più difficile ma ci proveremo lo stesso. Quanto ai fermenti del Pd ho qualche perplessità: mi sembra un partito in grande stato confusionale. In ogni caso io sono convinto della necessità di costruire un movimento di lotta come esiste in molte parti d’Europa, con il compito di mettere in discussione questo governo e le sue politiche”.
Da alcuni sondaggi emergerebbe però che questo governo gode di un buon sostegno 
da parte dei cittadini, oltre che degli schieramenti politici
“Questo governo viene sostenuto sulla base del presupposto che tutto ciò che fa è nell’interesse nazionale, tanto da aver dietro una alleanza bipartisan, e dunque gli italiani per questo lo sostengono.Io sono convinto tuttavia che ciò non sia vero. Questo è un governo di destra che sta realizzando con più furbizia e con più capacità di mistificazione lo stesso programma di Berlusconi. Solo spiegando chiaramente questo ai cittadini si potrà rompere il consenso di regime a questo esecutivo e si potrà aprire un confronto utile per i lavoratori”.
I rappresentanti di questo governo affermano di voler realizzare in Italia un modello di tipo tedesco.
“Queste persone dicono di pensare al modello tedesco ma in realtà ne mutuano solo le parti che convengono. Sono tutte intrise di cultura americana ed hanno in mente solo quel modello dove il sindacato non è previsto”.
Su questa partita il sindacato si sta giocando la sua essenza e il suo futuro? Ormai il governo, dicendo che intende rispondere solo al Parlamento,  ha decretato anche la fine della concertazione. 
“Sono sempre stato critico sulla concertazione che ha sostituito la concreta azione del sindacato. Ma questo governo sembra voler cancellare qualsiasi prerogativa sindacale, dalla concertazione alla contrattazione, al contratto nazionale (come ha già fatto Marchionne), annullando contestualmente i diritti dei lavoratori”.
Quale sarà l’effetto immediato dell’abolizione delle garanzie dell’articolo 18 nei luoghi di lavoro?
Si stabilirà un regime di terrore. Con l’abolizione dell’articolo 18 si realizzerà essenzialmente l’autoritarismo più brutale in azienda, peggio ancora di quanto non sia oggi. Questa riforma equivale a dare in mano ai datori di lavoro una pistola da utilizzare contro il lavoratore. E' vero, sulla lotta contro l’abolizione dell’articolo 18 si giocherà il futuro e l’esistenza stessa del sindacato”.