martedì 29 giugno 2010
Pomigliano non vola Alitalia
lunedì 28 giugno 2010
domenica 27 giugno 2010
LA LORO MORALE E LA NOSTRA di Marco Revelli
Quella di Pomigliano è stata davvero una grande lezione. Una lezione politica, sociale, e anche – lo so che il termine oggi appare desueto, e lo si pronuncia con un certo pudore come con le parole sconvenienti – morale.
venerdì 25 giugno 2010
IL DOVERE DI SCIOPERO di Galapagos
I nuovi dati macroeconomici diffusi ieri dalla Confindustria, dall'Istat e dalle Corte dei conti lo dimostrano. Siamo fuori dalla recessione, testimonia il Centro studi Confindustria. Ma che ripresa è? In due anni il Pil è diminuito di circa il 6,5%. L'Italia ha fatto un balzo indietro - per quanto riguarda la ricchezza prodotta e distribuita, siamo tornati all'inizio del 2000, dice Bankitalia. La Confindustria sostiene che quest'anno il Pil crescerà dell'1,2% e nel 2011 dell'1,6%. Il totale dà come risultato un 3% scarso, meno della metà della ricchezza distrutta nel 2008/2009. La stessa Confindustria ci fa sapere che questa è una ripresa senza occupazione: negli ultimi due anni sono stati distrutti 528 mila posti di lavoro e altri saranno cancellati. Insomma, la disoccupazione sta aumentando e i senza lavoro, ha calcolato l'Istat per il primo trimestre dell'anno, sono quasi 2,3 milioni con un tasso di disoccupazione del 9,1%. E, come al solito, a perdere posti seguita a essere il Mezzogiorno.
La Corte dei conti teme che la manovra correttiva possa condurre a una minore crescita, a un Pil più esile. E, quindi, a minori entrate fiscali, costringendo il governo a nuove manovre correttive per tentare di non perdere la bussola dei conti pubblici. Se questi dati non bastassero per definire utile la protesta di oggi, ne aggungiamo un altro della Confindustria: l'evasione fiscale è pari a 124 miliardi di euro, una cifra che risulta cinque volte superiore alla manovra imposta da Tremonti e almeno il triplo dell'evasione in altri paesi sviluppati.
In Italia ci sono due questioni nazionali: l'evasione fiscale (dalla quale deriva anche un problema di equità nella distribuzione dei redditi, visto che c'è chi può evadere e chi no, cioè i lavortatori dipendenti) e il Mezzogiorno. Due problemi enormi che vanno risolti, ma dei quali non c'è traccia nella manovra di Tremonti. Che anzi sottrae risorse (i fondi Fas) alle aree che necessitirebbero di vedere accesciuto l'impegno finanziario per far decollare uno sviluppo che trainerebbe anche la crescita delle regioni ricche. L'anima della manovra tremontiana è tutta nel blocco delle retribuzioni del pubblico impiego, nel taglio dei fondi ai comuni e alle regioni (complessivamente quasi 13 miliardi di euro) e nel rinvio del pensionamento, per la chiusura delle finestre, che frutterà altri 6,5 miliardi. Ma che manovra è?
giovedì 24 giugno 2010
CREMASCHI:FALLITO IL PLEBISCITO FIAT A POMIGLIANO
mercoledì 23 giugno 2010
Fiom. Giovedì 1° luglio Assemblea nazionale per il lavoro, i diritti e la democrazia a Pomigliano d’Arco
martedì 22 giugno 2010
LA CATASTROFE DEL LAVORO di Adriano Sofri
lunedì 21 giugno 2010
Fiat Pomigliano: Masini (Fiom), referendum illegittimo
“Domani le lavoratrici e i lavoratori della Fiat di Pomigliano saranno costretti a recarsi a votare per un referendum illegittimo, in una fabbrica riaperta per l’occasione grazie a una Fiat finalmente ‘generosa’ con il pagamento della giornata”. Così in una nota Enzo Masini, coordinatore nazionale auto della Fiom Cgil. “I lavoratori, infatti - spiega il sindacalista - sono chiamati a votare sotto il ricatto della chiusura dello stabilimento e della perdita del posto di lavoro e su deroghe al contratto nazionale, alle leggi, alla Carta dei diritti europea e alla stessa Costituzione”
“Di fronte a un referendum illegittimo e perciò non vincolante - prosegue Masini - la Fiom non dà alcuna indicazione di voto ma consiglia i lavoratori ad andare a votare per evitare possibili ritorsioni da parte dell’azienda. La notizia apparsa oggi su Repubblica di un ‘piano C’ cui starebbe lavorando la Fiat - la chiusura dello stabilimento di Pomigliano, la costituzione di una nuova società e la riassunzione dei lavoratori con un nuovo contratto aziendale - corrisponde a quanto ventilato e poi ritirato dall’azienda stessa nell’incontro sindacale del 15 giugno”.
“L’idea di mettere in atto un ‘piano C’ - osserva quindi Masini - dimostra che la stessa Fiat è consapevole delle gravi forzature che, con l’imposizione di questo accordo a Pomigliano, introdurrebbe nella legislazione italiana del lavoro e che, nelle parti denunciate dalla Fiom, vi sono evidenti violazioni costituzionali e di legge”.
La Fiom, conclude la nota, “conferma la propria disponibilità a trovare un’intesa per il lavoro, il rilancio di Pomigliano e lo sviluppo del territorio. L’intesa è possibile applicando correttamente le leggi e il contratto nazionale in tutte le sue parti, ma la Fiat deve accettare finalmente la trattativa e smetterla di pensare che esistono altre strade che, come quella seguita finora o il ‘piano C’, non farebbero che aggravare la situazione”.
COMUNICATO FIOM
JESI, LUNEDI’ 21 GIUGNO 2010 LA RSU DELLA FIOM-CGIL
domenica 20 giugno 2010
FIAT VOLUNTAS TUA ?
di Antonio Di Stasi (Università Politecnica delle Marche)
Cogliere il senso dell’operazione, che la Fiat vuole imporre ai lavoratori di Pomigliano d’Arco con la richiesta ai sindacati di firmare un “inedito” contratto aziendale, significa rappresentarsi l’applicazione delle regole “sulla proprietà” alla “persona” del lavoratore, che diverrebbe un “oggetto” completamente subordinato agli interessi e voleri dell’impresa, attraverso, innanzitutto, la negazione di una propria autonoma gestione del tempo fuori dal lavoro.
La precarizzazione del tempo di vita e del tempo di lavoro
Il primo tratto, della proposta di accordo sindacale, consiste nella circostanza che i tempi di lavoro li si vorrebbero scanditi unilateralmente a prescindere dalle elementari esigenze di organizzazione di vita personale e familiare.
La riduzione degli spazi di libertà, in particolare, avverrebbe attraverso la previsione della “turnazione articolata a 18 turni settimanali”, il che significa, ovviamente, che la conquista del sabato libero sarebbe di fatto persa e che diverrebbe precario anche il riposo domenicale pieno.
La storica conquista del lavoro su 5 giorni sembrerebbe compensata dall’affascinante possibilità di lavorare, a settimane alterne, su quattro giorni, così da poter disporre di week-end più lunghi. Senonché, solo per tre volte ogni due mesi i giorni di riposo aggiuntivi alla domenica potrebbero essere goduti di venerdì e sabato o di lunedì e martedì. Ma quel che rende completamente precario l’impianto, e fa presagire ben altre prospettive, tanto da determinare l’espropriazione al lavoratore anche della gestione del tempo liberato dal lavoro, è la possibilità per l’azienda di imporre il lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite che, aggiunte alle 40 previste dal CCNL, portano ad un monte di 120 ore. Considerato che esse sono “da effettuarsi a turni interi”, risulterebbe di molto ridotta la possibilità di usufruire di 3 week-end ogni due mesi, potendo la Fiat chiedere ogni anno altri 15 giorni di lavoro a turno intero “senza preventivo accordo sindacale”. Se a ciò si aggiunge la previsione sui “recuperi di produttività” esigibili anche “nei giorni di riposo individuale, in deroga a quanto previsto dal CCNL”, si capisce il senso vero dell’operazione aziendale.
L’introduzione della articolazione su 18 turni non comporterebbe, infine, solamente un massiccio svolgimento di prestazioni notturne, ma anche la deroga alla legge n. 66 del 2003.
A queste condizioni, che renderebbero la vita liberata (sempre meno) dal lavoro non programmabile da parte del lavoratore e della sua famiglia, va aggiunta l’ulteriore previsione di una riduzione della pausa. Con l’applicazione del sistema “Ergo VAS” il lavoratore subirebbe una decurtazione netta del tempo di pausa in quanto anziché usufruire di due riposi da venti minuti,usufruirebbe di tre riposi da dieci minuti; il che, unito al vincolo della “fruizione collettiva”, impedirebbe di fatto al lavoratore di allontanarsi dalla postazione ed avere così la pur minima possibilità di rifocillarsi in locali diversi da quelli ove è posta la linea o postazione di lavoro.
La precarizzazione della professionalità
Oltre alla precarizzazione del tempo di vita – nei desiderata Fiat – si avrebbe la precarizzazione della dignità lavorativa, sotto il profilo sancito dallo Statuto dei diritti dei lavoratori del mantenimento della professionalità acquisita, con ampliamento extra legem, della possibilità di modificarla in senso peggiorativo.
L’operazione va sotto il nome di “rapporto diretti-indiretti” e prevede la riassegnazione della mansione a prescindere dalle professionalità maturate ex art. 4 comma 11 l. 223/91.
Di più, non ritenendosi tale spazio discrezionale sufficiente, è anche prevista l’ulteriore incipiente possibilità di “successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro”.
La diminuizione dei diritti economici e normativi
Se i livelli economici, a prima vista, sembrano essere poco toccati – e non è questo infatti il cuore dell’operazione – a ben vedere la riduzione dei livelli retributivi è presente sotto varie forme, andando a colpire, tra l’altro, i soggetti più deboli.
Innanzitutto, per i neo assunti sono aboliti i compensi collegati a “paghe di posto”, le “indennità disagio linea”, il “premio mansione” e i “premi speciali” (per i lavoratori attualmente in forza le suddette voci verrebbero sterilizzate in un c.d. superminimo, cosicché risulterebbe persa la possibilità di garantirne nel tempo il valore reale, peraltro già perso se si considera il peso sulla retribuzione complessiva), secondariamente i lavoratori in CIGS, e quindi con un reddito già defalcato, sarebbero obbligati a svolgere formazione in azienda senza aver riconosciuta “alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta”, trovandosi così non solo a percepire un minor reddito, ma anche accollato l’obbligo di sobbarcarsi una serie di spese non più coperte dalla Fiat (trasporto, mensa, ecc.).
Minori tutele economiche sono prospettate anche nel caso di lavoratori malati, allorquando il numero di assenti “sia significativamente superiore alla media”, liberandosi l’azienda dall’obbligo del pagamento della quota di malattia a proprio carico, così da lasciare scoperti, ad esempio, tutti quei lavoratori che vengano contagiati dal virus influenzale nel picco di diffusione della malattia.
La pericolosa deriva delle “clausole di esigibilità”
Vi è, infine, una inquietante ultima parte, che svela come l’operazione predisposta dalla Fiat, non sia dettata da esigenze organizzative, ma miri a possedere oltre al “corpo” del lavoratore anche la sua “anima”, aumentando la sua totale subordinazione ai voleri aziendali.
Ci si riferisce, soprattutto, al pacchetto di sanzioni, disciplinari, economiche e normative contenute sotto la voce “clausole di responsabilità”.
Il livello di attacco va in una triplice direzione: verso le organizzazioni sindacali, verso la RSU e soprattutto verso i semplici lavoratori con l’esplicita finalità di blindare “l’esercizio dei poteri riconosciuti all’azienda dall’Accordo”.
Si vorrebbe rendere il singolo lavoratore più debole esponendolo maggiormente dal punto di vista disciplinare e terrorizzandolo con l’ampliamento delle causali di licenziamento, oltre ad indebolirlo sul profilo della tutela sindacale (prevedendo tagli o azzeramenti ai diritti per l’esercizio dell’attività sindacale).
In particolare, contro i lavoratori si stabilirebbe la possibilità di introdurre ulteriori fattispecie sanzionabili disciplinarmente prevedendo esplicitamente che la violazione delle regole introdotte con l’Accordo, anche solo di una di esse, comporta il “licenziamento per mancanze”.
Tale ultima parte, di cui risultano evidenti, anche a chi non è un esperto giurista i profili di nullità ed illegittimità, sotto un profilo più complessivo è di una gravità inaudita perché vuole legare, meglio sarebbe dire negare, ogni possibilità futura di intervenire su aspetti che incidono sulla vita e dignità dei lavoratori, sui tempi di lavoro come sulla professionalità, come su voci normative, economiche e retributive.
L’accordo spingerebbe, inoltre, in maniera fortissima verso la divisione dei lavoratori con negazione di qualsiasi spazio collettivo per modificare o migliorare le condizioni di lavoro e la individualizzazione spinta delle relazioni che renderebbe il lavoratore più debole e precario.
La gravità della richiesta fa il paio con la grossolanità delle ipotesi giuridiche prospettate in quanto semplifica questioni ineludibili come quelle sull’efficacia del contratto aziendale verso tutti i lavoratori, anche dissenzienti rispetto a condizioni peggiorative; sul rapporto tra contratti collettivi di diverso livello, vieppiù se non sottoscritti da tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL; sulla possibilità dell’autonomia collettiva di introdurre deroghe in peius a diritti previsti dalle legge; sulla negazione di forme di opposizione o di lotta, sottintendendo pure la riduzione del diritto di sciopero, anche se indette per modificare le condizioni contenute nell’accordo stesso.
10 giugno 2010
sabato 19 giugno 2010
Da sfruttato a sfruttato
"La FIAT gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli alti. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d'Europa e non sono ammesse rimostranze all'amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend) A un certo punto verso la fine dell'anno scorso è iniziata a girare la voce che la FIAT aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L'anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produzione. Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo "Giorno di Protesta" dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato come l'anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere? Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre. In questi giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla FIAT che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli. Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e adesso ci troviamo nella loro stessa situazione. E' chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente. Per noi non c'è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e sabotare l'azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa addosso. Lavoratori, è ora di cambiare”.
LA COSTITUZIONE SECONDO POMIGLIANO
di Gianni Ferrara su il manifesto – 19 giugno 2010
Era del tutto evidente che il capitalismo globalizzato, il liberismo assoluto, il revisionismo storico, etico-politico ed istituzionale mirassero allo stesso obiettivo. Non era però scontato un impatto così sconvolgente, recessivo, distruttivo. Sconvolgente il tessuto sociale, recessivo della civiltà politica, distruttivo di un intero ordine giuridico: quello immediatamente connesso alla struttura della società, il diritto del lavoro. Ma il grado di recessione varia da nazione a nazione, a determinarlo in Italia è la barbarie del berlusconismo. Si è aggiunto, per rivelarne l’essenza più intima. Ha assunto un nome che resterà. Lo hanno detto ministri e opionion makers: Pomigliano. Non sono soltanto i metalmeccanici che vi lavorano ad esserne colpiti. Ne sono le prime vittime, i primi degli esseri umani che saranno asserviti all’irrazionalità ed all’immoralità del capitalismo del XXI secolo, in Italia, in Europa. La tecnica dell’asservimento ha un nome, world class manifactoring. È scritto al punto 5 dell’accordo (?) che la Fiat impone a Pomigliano.
A cosa miri lo ha spiegato lucidamente Luciano Gallino: assicurare che nulla, proprio nulla del tempo di lavoro retribuito possa essere perduto dal padrone. Il che comporta il massimo di rendimento di ogni operazione, di ogni gesto, di ogni minuto, di ogni secondo. Quindi il massimo di assorbimento da parte del capitale del tempo di lavoro. Tante ore, tanti minuti, tanti secondi di sfruttamento. Comporta la riduzione di ciascun lavoratore, ciascuna lavoratrice a robot. Poiché il robot non ce la fa a sostituire l’essere umano, si deve ridurre l’essere umano a robot.
E non basta. Dal momento che il robot si permetterà, al termine di ogni turno, di ridiventare essere umano e potrebbe aspirare ad esercitare i diritti che due secoli di lotte del movimento operaio hanno conquistato per civilizzare la condizione umana, si vuole imporre all’essere umano di non esercitare questi diritti, a cominciare da quello di sciopero.
Gli si chiede di impegnarsi contrattualmente a rinunziarci. Nel mentre ci si appresta a sopprimere le fonti di tali diritti. A sostituire sia il contratto collettivo con tanti contratti individuali di adesione (alla volontà del datore di lavoro) sia le leggi, come lo statuto dei lavoratori con la farsa derisoria dello “statuto dei lavori”. A modificare l’articolo 41 della Costituzione in modo da distorcerne il significato e la portata e sfumarne l’efficacia. A quanto si sa, immunizzando, a priori e come tale, l’iniziativa economica privata denominandola “responsabilità”, chiunque la svolga e qualsiasi possa essere il campo di esercizio (se non finanziario).
Impedendo, quindi, che se ne possa precludere il carattere antisociale, ed anche prevenire quello criminale, visto che «gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali» si dovrebbero limitare «al controllo ex post». Post mortem bianca, ad incidente sul lavoro avvenuto, a danni già prodotti alla salute, alla sicurezza, all’ambiente? Così appare. Si vuole evidentemente sancire in via assoluta la signoria dell’impresa capitalistica su ogni altra istituzione e sulla società intera.
Si motiva questa controriforma costituzionale adducendo la necessità prioritaria ed inderogabile della competitività. Della quale competitività è pur tempo di denunziare, senza esitazione, il significato reale ed occultato. Che è quello della compressione dei salari dei lavoratori di tutto il mondo fino a ridurli alla soglia minimale del salario percepito nel più depresso dei Paesi del mondo.
A Pomigliano è il lavoro umano, è la condizione umana, è la dignità umana, sono i diritti umani che subiscono un attacco senza precedenti. La loro difesa è quella stessa della civiltà umana, ovunque sia aggredita.
giovedì 17 giugno 2010
ORDINE DEL GIORNO del Comitato Direttivo FIOM Ancona
Ancona 16 giugno 2010
mercoledì 16 giugno 2010
La legge del più forte, di Marco Revelli
Se fossimo in una condizione di normalità, il dilemma che si trova di fronte oggi la Fiom a Pomigliano sarebbe risolto in partenza. Essa non può sottoscrivere l'accordo proposto da Marchionne per il semplice fatto che vi si chiede la liquidazione di diritti indisponibili. Diritti che nessun sindacato potrebbe «negoziare», per il semplice fatto che non gli appartengono. Diritti che nessuno, neppure i titolari diretti, può alienare, perché costitutivi di una civiltà giuridica che trascende le parti sociali e gli individui.
Alcuni di quei diritti - come il fondamentale «diritto di sciopero» - sono sanciti costituzionalmente. Altri - come il pagamento dei primi tre giorni di malattia - sono garantiti dalla legislazione ordinaria. Altri infine - come la difesa del proprio tempo di vita da una gestione del tempo di lavoro drammaticamente soffocante e totalitaria -, fanno parte di un livello contrattuale nazionale impegnativo per tutti i contraenti. L'accettazione di un accordo aziendale che ne sacrificasse anche solo parzialmente l'operatività, significherebbe una dichiarazione di messa in mora e di inefficacia di quei tre livelli basilari del nostro assetto gius-lavoristico. Una grave lesione al modello giuridico, politico e sociale della modernità industriale.
Ma non ci troviamo in una condizione di normalità. La «dura legge» che Marchionne ha evocato non è né la Norma Costituzionale né la Legge ordinaria. È la legge di mercato, nella sua dimensione ferina del «primum vivere». Dell'«arrendersi o perire». Della darwiniana «lotta per la sopravvivenza», applicata alle imprese, agli uomini e ai territori. A Pomigliano è la verità della «globalizzazione» a materializzarsi nella forma più estrema del «prendere o lasciare», che travolge ogni principio giuridico, ogni regolazione nazionale e ogni accordo sancito.
Per questo diciamo che a Pomigliano quello che muore non è solo un modo di fare sindacato, ma è la nostra stessa modernità industriale, fatta di conflitto, negoziazione, regole e normative, a rischiare di dissolversi. E quello che si profila è un nuovo «stato di natura», in cui a contare è ormai solo la legge del più forte, momento per momento, occasione per occasione. Un mondo che non è solo post-socialista e post-novecentesco, ma che vede travolgere le stesse basi del più antico «stato liberale»: quello del costituzionalismo, dell'impero della Legge, dello Stato di diritto.
Potrà apparire un caso, ma che nel medesimo tempo si allineino nel cielo del nostro paese - come in un'infausta congiunzione astrale - l'attacco di Berlusconi alla Costituzione, la legge-bavaglio dell'editoria e il «lodo Marchionne» (sbandierato da fior di ministri come «nuovo modello» di relazioni industriali), suona come un pessimo auspicio. E che a trainarci oltre quel confine sia uno come l'A.D. della Fiat, che non è un «fascista», che non veste l'orbace ma un maglioncino casual ed è stato a lungo un esempio di liberal progressista, non ci rassicura affatto. Anzi, ci spaventa di più.
Forse a Pomigliano, oggi, non c'è davvero altra alternativa che piegarsi al ricatto. Forse al voto gli operai presi dalla disperazione direbbero davvero sì a un accordo che li consegna a condizioni di lavoro servile, pur di mantenere un esile residuo di sopravvivenza produttiva. Forse, quello che incombe sulla Fiom è davvero un «dilemma mortale». Ma se almeno uno - uno! - tra i sindacati mantenesse pulite le proprie mani, e rifiutasse di sottoscrivere il pactum subiectionis che cancella tutti gli altri patti e ogni altra ragione, forse una testimonianza rimarrebbe, per tempi migliori, di un brandello di dignità e dunque di speranza.
La fabbrica che non spreca un minuto
martedì 15 giugno 2010
CIAO OLIVIERO
RITRATTI
In occasione dell'oramai consueto Audit sul WCM l'Azienda ha pensato che oltre alla straordinaria pulizia dei reparti e all'ordine sincronizzato ... si fa per dire... dell'organizzazione del lavoro del just in time jesino, fosse il caso di accogliere la calata dei Visitors (si presentano come dei veri e propri extraterrestri) con delle Gigantesche Fotografe di Operai e non, appese all'esterno e all'interno dello stabilimento.
I volti estremamente sorridenti (lo sono ancora...) erano incasellati al fianco di uno stuolo di mani levate al cielo, mani protese a slogan propagandistici i cui messaggi dicevano su per giù così:
Noi, I Lavoratori, Siamo I Veri Protagonisti Della Fabbrica
l'artifizio, doveva servire a creare agli occhi del “temuto valutatore” - questa volta senza gli occhi a mandorla - l'idea di un grande impegno collettivo verso quel traguardo moderno che porta il nome di WCM.
Insomma la fabbrica della letizia e della gioia. Fiat da vecchio padrone, diventa la “grande mamma” che dispensa felicità a tutti.
Dimenticando gli sforzi fatti da tutti i lavoratori del gruppo in questi anni per risollevare l'azienda - al fotografo sfugge il sudore della fatica, l'usura delle turnazioni, lo sfruttamento sempre maggiore sulle linee di montaggio, solo per citarne alcuni - La FIAT ha esplicitamente chiarito che nel 2010, causa la crisi, non intende aumentare il costo del lavoro, non riconoscendo di fatto ai lavoratori il Premio di Risultato, dopo averlo già dimezzato nel 2009.
Anzi, ai suoi Protagonisti riserva licenziamenti collettivi - come nel caso di Termini Imerese e Imola - o condizioni lavorative di fne Ottocento come quelle imposte a Pomigliano, scelte che molto probabilmente riguarderanno nel prossimo futuro l'intero Gruppo Fiat.
Magra consolazione, rimane la miopia di pensare di valorizzare i lavoratori solo attraverso le proposte di miglioramento, i buoni benzina e i Ritratti d'Autore, gran bella soddisfazione.
La vera felicità, a noi pare essere allora, esclusivamente a pannaggio dei consigli di amministrazione, degli azionisti o dei super dirigenti che da pesanti ritrutturazioni e chiusure di stabilimenti ricevono lauti compensi o la spartizione del dividendo azionario.
A noi, non rimane che la cartapesta delle fotografie appese ai muri dei reparti.
p.s. Per la cronaca l'Audit si è concluso con un guadagno di 2 punti ... da 50 a 52 ... forse è meglio cambiare fotografo...
jesi, 15 giugno 2010 la rsu della fiom-cgil
COMITATO CENTRALE FIOM-CGIL 14 giugno 2010, Documento conclusivo
Per i diritti e la democrazia sciopero generale di 8 ore il 25 giugno
La scelta della Fiat di imporre deroghe al contratto nazionale e la rinuncia a diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione ai lavoratori di Pomigliano, fa parte di un disegno complessivo che parte dal Governo e dalla Confindustria, di fronte all’aggravarsi della crisi.
Governo e Confindustria per mesi hanno colpevolmente minimizzato l’aggravarsi della crisi, parlando di ripresa, spandendo inutile ottimismo, rinunciando a misure vere a favore dell’occupazione. Ora che la crisi comincia a portare tutto il suo peso, esso viene totalmente scaricato sul mondo del lavoro, sui pensionati, sui disoccupati, sulle zone più deboli del paese a partire dal Mezzogiorno.
Le misure inique prese dal Governo fanno così parte di un progetto più vasto che vede l’attacco al Contratto nazionale, l’arbitrato, lo Statuto dei lavori, come strumenti fondamentali della destrutturazione dei diritti di tutto il mondo del lavoro. Si pensa di affrontare la crisi mettendo in discussione i princìpi di solidarietà fondamentali garantiti dalla Costituzione della Repubblica, che non a caso oggi viene messa esplicitamente in discussione come vecchia e inadeguata di fronte alla crisi.
L’attacco all’articolo 41 della Costituzione nel nome della piena libertà d’impresa muove assieme a quello allo Statuto dei lavoratori e al Contratto nazionale. Pur di avere un posto, le lavoratrici e i lavoratori dovrebbero rinunciare ai loro diritti fondamentali. Questo è il regime economico e sociale che si vuole imporre.
Il blocco della retribuzione dei lavoratori pubblici annuncia così l’attacco al salario dei lavoratori privati, mentre per tutti c’è il taglio dello Stato sociale in tutti i suoi aspetti e forme. Per tutte e tutti si allunga ulteriormente l’età pensionabile, ma in particolare sono le donne oggi a essere brutalmente colpite nella loro condizione di vita. L’occupazione, in particolare quella giovanile, pagherà il prezzo per queste scelte.Di fronte a tutte queste misure non un solo centesimo viene preso dalla grande ricchezza accumulata in questi anni di crisi.
La Fiom è consapevole che quanto sta avvenendo nel mondo del lavoro è parte di un disegno più generale, dove interessi antichi e forti puntano a colpire tutti gli equilibri sociali e anche gli assetti democratici del nostro paese. Non è un caso che, mentre si aggredisce il Contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori, si mette in discussione la libertà di stampa e l’autonomia della magistratura. È un modello autoritario e regressivo di gestione della crisi che si vuole imporre a tutti i livelli e in tutte le sedi del nostro paese.
Per queste ragioni la Fiom chiama tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori metalmeccanici a una lunga e difficile fase di mobilitazione per la difesa dei diritti e per conquistare una via di uscita dalla crisi fondata sulla giustizia, sulla democrazia, su un diverso modello di sviluppo rispetto a quella che si sta praticando.
La Fiom proclama 8 ore di sciopero il 25 giugno per tutta la categoria nell’ambito dello sciopero generale confederale. La Fiom convoca per il mese di giugno a Pomigliano un’assemblea nazionale di tutte le delegate e i delegati metalmeccanici del gruppo Fiat e del Mezzogiorno d’Italia per definire iniziative di solidarietà con i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano. Ulteriori iniziative saranno decise per garantire la continuità della mobilitazione.
In questi giorni si è riaperta la questione della democrazia sindacale. La Fiom ha sempre rivendicato la necessità di regole certe sulla rappresentanza e sul diritto al voto, per tutte le lavoratrici e i lavoratori e si prepara a consegnare alle Camere un progetto di legge che ha già ampiamente superato le 50.000 firme raccolte. È paradossale che dopo aver negato a tutti i lavoratori metalmeccanici il diritto a decidere sul Contratto nazionale e sul principio delle deroghe, ora si voglia imporre azienda per azienda l’accettazione di questo principio. La Fiom ribadisce che non sono sottoponibili a rinuncia, neppure con il voto, i diritti indisponibili delle lavoratrici e dei lavoratori, e che il distorto principio, così applicato, è lo stesso che fa votare in Parlamento leggi che negano princìpi costituzionali di fondo sulla stampa e sull’autonomia della magistratura.
La Fiom è dunque consapevole che l’attacco ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori è parte di questa più vasta aggressione alla Costituzione della Repubblica e per questo chiama i metalmeccanici alla mobilitazione in difesa della democrazia.
Per queste ragioni la Fiom aderisce alla giornata di lotta indetta per il 9 luglio dalla Federazione nazionale della Stampa.
COMITATO CENTRALE FIOM-CGIL 14 giugno 2010 Documento conclusivo
Il no della Fiom al documento Fiat, le proposte per riaprire la trattativa
Venerdì 11 giugno il Gruppo Fiat ha confermato, in un incontro al ministero dello Sviluppo economico, la scelta di cessare l’attività di Termini Imerese, trasferendo in Polonia la produzione della Ypsilon entro il 21 dicembre 2011 e, permanendo l’assenza di reali e concrete soluzioni industriali, ciò significa cancellare oltre 2.200 posti di lavoro e una delle più importanti attività industriali di tutta la Sicilia.
Nella stessa giornata, il Gruppo Fiat ha condizionato l’investimento 700 miliardi di euro per produrre nel 2012 la Panda a Pomigliano all’accettazione di una proposta ultimativa, non negoziabile, che nel delineare un nuovo sistema di utilizzo degli impianti e di organizzazione del lavoro deroga all’applicazione del Ccnl e di diverse norme di legge in materia di sicurezza e salute sul lavoro e nel lavoro a turni.
Ci riferiamo, ad esempio, al fatto che le condizioni della Fiat sanciscano che: lo straordinario obbligatorio passa da 40 a 120 ore annue con possibilità per l’azienda di
comandarlo come 18° turno, nella mezz’ora di pausa mensa, nei giorni di riposo, per recuperi
produttivi anche dovuti a non consegna delle forniture; le pause sui montaggi si riducono da 40 a 30 minuti giornalieri; si può derogare al riposo di almeno 11 ore previste dalla legge da un turno all’altro per il singolo
lavoratore; l’azienda può decidere di non pagare il trattamento di malattia contrattualmente previsto a suo
carico; l’azienda può modificare le mansioni del lavoratore senza rispettare il principio dell’equivalenza
delle mansioni; l’azienda ricorre per 2 anni alla Cigs per ristrutturazione senza rotazione, con l’obbligo del
lavoratore alla formazione senza alcuna integrazione al reddito.
1Inoltre, la proposta ultimativa della Fiat contiene un sistema sanzionatorio nei confronti delle organizzazioni sindacali, delle Rsu e delle singole lavoratrici e lavoratori che cancella il diritto alla contrattazione collettiva fino a violare le norme della nostra Costituzione in materia di diritto di sciopero e licenziabilità.
Mentre Fim, Uilm, Fismic e Ugl hanno aderito alla posizione della Fiat, la Fiom-Cgil ha dichiarato inaccettabili tali proposte e richiesto alla Fiat di non considerare concluso il negoziato.
Il Gruppo Fiat ha preso atto delle adesioni, ribadito che la proposta era conclusiva e non negoziabile e nel caso la non firma della Fiom avesse determinato l’inapplicabilità di tali contenuti si sarebbe riservata di valutare la conferma o meno dell’investimento a Pomigliano.
La scelta della Fiat segna un passaggio di fase radicale nel sistema delle relazioni industriali affermando il superamento dell’esistenza del Contratto nazionale e assume pertanto una valenza generale che coinvolge l’intera categoria.
Se si afferma il principio che per investire in Italia è necessario derogare dai Ccnl e dalle Leggi si apre una voragine che indica quale uscita dalla crisi la riduzione dei diritti, dei salari e una modifica di fatto della Costituzione sociale e materiale.
Il Comitato centrale della Fiom, a partire dal Piano industriale della Fiat presentato il 21 aprile 2010, considera necessario mettere in campo tutte le iniziative utili a realizzare la difesa, l’innovazione e lo sviluppo delle produzioni automobilistiche in Italia e dell’occupazione. Rivendichiamo la definizione, frutto di un confronto tra tutte le parti, di un piano di intervento pubblico sul terreno della mobilità sostenibile e dello sviluppo della tecnologia alternativa, compresa la mobilità elettrica, e di un reale coordinamento tra le varie istituzioni.
La Fiat, nello stabilimento di Pomigliano, ha dato disdetta degli accordi aziendali in materia di orari di lavoro e organizzazione della produzione e in sostituzione ha proposto un nuovo accordo i cui contenuti sono quelli prima richiamati condizionando gli investimenti all’accettazione da parte di tutte le organizzazioni sindacali.
Pertanto, in assenza di una soluzione aziendale condivisa tra tutte le parti stipulanti, l’unico strumento in vigore e condiviso in materia di orario e organizzazione del lavoro è il Contratto collettivo nazionale.
L’applicazione del Ccnl permette alla Fiat la definizione di un regime di orario articolato anche su 18 turni, previo esame congiunto con le Rsu e l’utilizzo di 40 ore pro capite di straordinario comandato.
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Ciò permette alla Fiat di avere garantita una produzione annua di oltre 280.000 Panda con una produzione giornaliera su tre turni di 1.050 vetture che sono gli obiettivi dichiarati dal Gruppo per realizzare gli investimenti a Pomigliano.
Se la Fiat sceglie di applicare in tal modo il Ccnl e le leggi, la Fiom ne prende atto senza alcuna opposizione, disponibili ovviamente a una applicazione anche delle parti più rigorose e severe.
Non accedere a questa soluzione renderebbe evidente che per la Fiat l’obiettivo non è né quello della produzione né quello della flessibilità/compatibilità produttiva, ma come evidenziato dalle dichiarazioni dei ministri Sacconi e Tremonti l’obiettivo diventerebbe quello di voler affermare il superamento del Ccnl e aprire la strada al superamento dello Statuto dei diritti dei lavoratori.
Il Comitato centrale della Fiom ribadisce inoltre che deroghe al Ccnl e la messa in discussione di diritti indisponibili non sono materia a disposizione della contrattazione, sia nei singoli stabilimenti che a livello nazionale. Tanto meno, possono essere materia di ricatto verso le lavoratrici e i lavoratori che dovrebbero scegliere tra mantenere un posto di lavoro o rinunciare ai loro diritti individuali, compresi quelli sanciti dalla Costituzione in materia di sciopero e di contrattazione collettiva delle condizioni di lavoro, elementi che uniscono la libertà e la democrazia di un paese.
Per l’insieme di tali impegni il Comitato centrale condivide e sostiene la scelta di considerare non accettabile il documento conclusivo proposto dalla Fiat per lo stabilimento di Pomigliano e di conseguenza decide che la Fiom non può firmare un testo con contenuti che mettono in discussione diritti individuali, deroghe al Ccnl e con profili di illegittimità in materia di malattia e diritto allo sciopero.
Il Comitato centrale della Fiom ribadisce la piena disponibilità a garantire l’efficienza e la flessibilità produttiva dello stabilimento di Pomigliano attraverso un’intesa che garantisca il massimo utilizzo degli impianti, le flessibilità orarie utili a rispondere alla fluttuazione del mercato, un’organizzazione della produzione che garantisca qualità e produttività, salvaguardando le condizioni di lavoro. Tutto ciò è possibile realizzarlo nell’ambito del Ccnl e delle Leggi esistenti e su tali basi si riapra un vero tavolo di trattativa per giungere a un accordo.
Il Comitato centrale esprime profondo rispetto e massima solidarietà verso le lavoratrici e i lavoratori della Fiat. La Fiom nazionale concorderà con la Fiom di Napoli le modalità per dare continuità al proprio ruolo di rappresentanza e tutela degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori.