di Gianni Ferrara su il manifesto – 19 giugno 2010
Era del tutto evidente che il capitalismo globalizzato, il liberismo assoluto, il revisionismo storico, etico-politico ed istituzionale mirassero allo stesso obiettivo. Non era però scontato un impatto così sconvolgente, recessivo, distruttivo. Sconvolgente il tessuto sociale, recessivo della civiltà politica, distruttivo di un intero ordine giuridico: quello immediatamente connesso alla struttura della società, il diritto del lavoro. Ma il grado di recessione varia da nazione a nazione, a determinarlo in Italia è la barbarie del berlusconismo. Si è aggiunto, per rivelarne l’essenza più intima. Ha assunto un nome che resterà. Lo hanno detto ministri e opionion makers: Pomigliano. Non sono soltanto i metalmeccanici che vi lavorano ad esserne colpiti. Ne sono le prime vittime, i primi degli esseri umani che saranno asserviti all’irrazionalità ed all’immoralità del capitalismo del XXI secolo, in Italia, in Europa. La tecnica dell’asservimento ha un nome, world class manifactoring. È scritto al punto 5 dell’accordo (?) che la Fiat impone a Pomigliano.
A cosa miri lo ha spiegato lucidamente Luciano Gallino: assicurare che nulla, proprio nulla del tempo di lavoro retribuito possa essere perduto dal padrone. Il che comporta il massimo di rendimento di ogni operazione, di ogni gesto, di ogni minuto, di ogni secondo. Quindi il massimo di assorbimento da parte del capitale del tempo di lavoro. Tante ore, tanti minuti, tanti secondi di sfruttamento. Comporta la riduzione di ciascun lavoratore, ciascuna lavoratrice a robot. Poiché il robot non ce la fa a sostituire l’essere umano, si deve ridurre l’essere umano a robot.
E non basta. Dal momento che il robot si permetterà, al termine di ogni turno, di ridiventare essere umano e potrebbe aspirare ad esercitare i diritti che due secoli di lotte del movimento operaio hanno conquistato per civilizzare la condizione umana, si vuole imporre all’essere umano di non esercitare questi diritti, a cominciare da quello di sciopero.
Gli si chiede di impegnarsi contrattualmente a rinunziarci. Nel mentre ci si appresta a sopprimere le fonti di tali diritti. A sostituire sia il contratto collettivo con tanti contratti individuali di adesione (alla volontà del datore di lavoro) sia le leggi, come lo statuto dei lavoratori con la farsa derisoria dello “statuto dei lavori”. A modificare l’articolo 41 della Costituzione in modo da distorcerne il significato e la portata e sfumarne l’efficacia. A quanto si sa, immunizzando, a priori e come tale, l’iniziativa economica privata denominandola “responsabilità”, chiunque la svolga e qualsiasi possa essere il campo di esercizio (se non finanziario).
Impedendo, quindi, che se ne possa precludere il carattere antisociale, ed anche prevenire quello criminale, visto che «gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali» si dovrebbero limitare «al controllo ex post». Post mortem bianca, ad incidente sul lavoro avvenuto, a danni già prodotti alla salute, alla sicurezza, all’ambiente? Così appare. Si vuole evidentemente sancire in via assoluta la signoria dell’impresa capitalistica su ogni altra istituzione e sulla società intera.
Si motiva questa controriforma costituzionale adducendo la necessità prioritaria ed inderogabile della competitività. Della quale competitività è pur tempo di denunziare, senza esitazione, il significato reale ed occultato. Che è quello della compressione dei salari dei lavoratori di tutto il mondo fino a ridurli alla soglia minimale del salario percepito nel più depresso dei Paesi del mondo.
A Pomigliano è il lavoro umano, è la condizione umana, è la dignità umana, sono i diritti umani che subiscono un attacco senza precedenti. La loro difesa è quella stessa della civiltà umana, ovunque sia aggredita.
Chi scrive lavora in uno stabilimento Fiat da 30 anni penso di scrivere sapendo come funziona uno stabilimento Fiat, a differenza di molti sapientoni che su una linea di montaggio durerebbero al massimo 4 ore. In quanti sanno che cosa é il TMC, chi sa cose il WCM? Quando Marchionne visita uno stabilimento, si inizia alcuni mesi prima a pulire, riorganizzare e quantaltro per fare una bella rappresentazione teatrale, quello che lui vede non è la quotidianità, le cose stanno in ben altro modo. Nello stabilimeno dove lavoro, vige il nepotismo i il clientelismo più sfrenato,uno sperpero di denaro pauroso, degno di un ente pubblico. Ai pertecipanti alla fiaccolata consiglierei di guardare alla storia, la fine fatta da quadri e impiegati negli anni 80, dopo averli usati (marcia dei 40000) "TUTTI A CASA".
RispondiEliminaL'Italia è proprio un popolo di imbecilli e di pecoroni. I nostri padri hanno lottato aspramente per avere diritti sul lavoro ed ora uno.........come Marchionne tenta con un colpo solo di azzerare tutto, statuto dei lavoratori e costituzione compresi, in un batter d'occhio, con il consenso delle forze politiche e sindacali. Non si può tornare indietro ricattando la povera gente che ha bisogno di lavorare per essere dignitosi. La FIAT dovrebbe prima rendere a tutti noi contribuenti le migliaia di miliardi di contributi a fondo perduto che ha preso nel corso degli ultimi decenni e poi vada pure ........... all'estero, non abbiamo bisogno di manager di questo tipo. Bisognerebbe impedire un oltraggio del genere, ma l'Italia, come dicevo, è un popolo di pecoroni
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