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venerdì 26 aprile 2013

Lavoro e Welfare


Partecipano: Fabrizio Barca, Giovanna Cavallo, Sergio Cofferati, Carlotta Cossutta, Marica Di Pierri, Franco Focareta, Alice Graziano, Maurizio Landini, Marina Molinari, Grazia Naletto, Mimmo Pantaleo, Marco Revelli, Stefano Rodotà, Lorenzo Sansonetti, Claudio Treves.
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mercoledì 24 aprile 2013

INTERVISTA A MAURIZIO LANDINI


«Il 18 maggio daremo voce al Paese che vuole cambiare» – Intervista a Maurizio Landini (Il Manifesto)

24/04/2013 -
di Antonio Sciotto
«La risposta che la politica sta dando alle richieste del Paese è sbagliata: in questa situazione c’è bisogno di un governo di totale cambiamento rispetto a quello di Monti. Un esecutivo che rimetta al centro il lavoro e faccia ripartire l’Italia». Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, boccia senza remore qualsiasi ipotesi di «governissimo», ma si rende conto realisticamente che nell’immediato la sua ipotesi è irrealizzabile: «L’unica alternativa alle larghe intese può essere al momento un governo breve e di scopo, che affronti le emergenze e cambi la legge elettorale, per poi tornare tra qualche mese al voto». La Fiom, dal canto suo, continua a mobilitarsi: il 18 maggio è prevista una grande manifestazione nazionale a Roma.
Perché non vi piace un governo delle larghe intese?
Un esecutivo di quel genere lo abbiamo sperimentato da poco, è quello Monti: non ha dato le risposte ai cittadini, e non a caso è stato bocciato alle ultime elezioni. Al contrario ci serve un governo che ricontratti alcuni vincoli europei, che investa sulla ripresa, con il pubblico, e che insieme ridia tutele al lavoro. Ma per fare questo deve avere un chiaro mandato politico, non può certo nascere mettendo insieme due forze che si sono opposte in campagna elettorale con programmi diversi e alternativi. Tra l’altro vediamo che l’astensionismo cresce, in Friuli il dato è lampante. In Italia c’è una grande crisi di rappresentanza politica, e per dare risposte deve tornare la politica.
Eppure c’è tanta richiesta di partecipazione, lo stesso Pd è in fermento: i militanti bruciano le tessere o occupano le sedi.
Certo, perché il messaggio arrivato al Paese è di un Palazzo che si chiude, che non ascolta e non comunica. Capisco la situazione drammatica in cui siamo, e ci vogliono sicuramente interventi emergenziali per gli esodati e la cassa in deroga, ma proprio per questo si devono avviare cambiamenti di fondo. Un nuovo “governo Monti senza Monti” non può dare le risposte necessarie: facciamo un esecutivo breve e di scopo, poi si rivada al voto, presto, entro pochi mesi.
È per questa emergenza che il 18 maggio della Fiom avrà una connotazione molto politica?
Non abbiamo fatto mistero, lo diciamo esplicitamente, che la nostra manifestazione si basa su una piattaforma sindacale ma si rivolge a tutti i cittadini che vogliono un vero cambiamento. D’altronde è nella tradizione della Fiom partire dai diritti in fabbrica per chiedere diritti nella società. Saranno con noi studenti, precari, giovani, movimenti e associazioni che non vogliono più aspettare e chiedono un nuovo corso: il lavoro al centro, un piano straordinario di investimenti, il reddito di cittadinanza, l’incentivazione alla riduzione di orario, la cancellazione dell’articolo 8. Piani per i trasporti, la mobilità, la banda larga, le energie rinnovabili. Lotta all’evasione fiscale, alla corruzione e alla criminalità. Una legge per la rappresentanza e la democrazia. Abbiamo invitato a parlare, tra gli altri, anche Stefano Rodotà.
Il 30 aprile avete organizzato un seminario a Bologna dove interverranno anche Cofferati e Barca. Tutti ormai parlano di un nuovo partito della sinistra, con Sel e gli «scissionisti» del Pd.
Queste voci dimostrano la malattia del nostro Paese: dietro ogni iniziativa si vede la nascita di un partito. Dire che la Fiom vuole fare un partito è una enorme sciocchezza. La nostra iniziativa è stata pensata a marzo, insieme alla manifestazione del 18 maggio, e si intitola: “Lavoro e welfare per essere cittadini europei. Le proposte della Fiom su reddito, salario e orario per un diverso modello sociale”. Ovviamente ne parliamo con chi della politica può condividere una idea di cambiamento, restando autonomi e alla pari. Aggiungo che già lo scorso giugno chiedemmo di incontrare tutte le forze politiche, perché da tempo denunciamo la mancanza di rappresentanza del lavoro.
L’ultimo direttivo Cgil dà mandato a cercare nuove regole per la rappresentanza, con Cisl, Uil e Confindustria. La Fiom sostiene questo impulso o è contraria?
Se si sosterrà quel che si è detto, ovvero che alla fine tutti i lavoratori potranno votare piattaforme e accordi, certamente, noi ci siamo. Con l’aggiunta che non si dovrà inibire il diritto allo sciopero: gli accordi devono essere vincolanti per tutti, ma non devono esserci sanzioni, al massimo solo procedure di raffredamento. A chiusura di tutto ci vorrà però una legge. Di recente abbiamo firmato un buon accordo con Finmeccanica, che fa partecipare i lavoratori ai piani dell’impresa.
Cosa proporrete esattamente al seminario del 30 aprile sul salario minimo e il reddito di cittadinanza? Sono temi caldi.
Sul salario minimo dico che contratti e leggi non vanno contrapposti. Oggi ci sono troppi contratti: bisogna ridurli, e arrivare ad esempio a un solo contratto dell’industria. Grazie alla legge sulla rappresentanza, poi, quel contratto sarà valido per tutti: e allora il salario minimo coinciderà con il minimo dei contratti nazionali, ma rafforzato e sancito dalla legge. Sul reddito di cittadinanza, credo vada estesa la cig a tutti i settori, ma nel contempo va assicurato un reddito a disoccupati, inoccupati, precari, e un sostegno per il diritto allo studio. È uno dei temi forti delle nostre proposte, e non a caso il 30 abbiamo invitato tanti precari, giovani, studenti.

mercoledì 10 aprile 2013

FIAT: VA TUTTO BENE!


RICAVI PER 84 MLD E UTILI PER 1,4 MLD
PER I LAVORATORI MILIONI DI ORE DI CASSA INTEGRAZIONE
Il Presidente e l'amministratore delegato del gruppo Fiat Chrysler nel corso dell'assemblea degli azionisti hanno spiegato che per il gruppo va tutto bene, anzi benissimo. I numeri sono gli stessi dati a febbraio: 84 mld di euro di ricavi e 1,4 mld di utile, tutta liquidità che il management conserva per la “scalata” al tesoretto Chrysler. La proprietà continua ad accelerare sulla strada da Torino a Detroit viaggiando in prima classe: i compensi dell'amministratore delegato e degli alti dirigenti quest'anno ammonterebbero ad oltre 20 milioni di euro escluso il premio riservato all'amministratore delegato.

CHI PAGA?

Pagano i lavoratori degli stabilimenti italiani che hanno visto chiudere i cancelli d'ingresso di Termini Imerese, Imola, Grotta Minarda. Pagano operai e impiegati degli stabilimenti dell'auto dove sono milioni le ore di cassa integrazione all'anno, che aumentano mese dopo mese. Pagano i lavoratori in produzione a cui aumentano i ritmi e i carichi di lavoro. Pagano i lavoratori a cui nei giorni scorsi è arrivata una lettera con cui, in applicazione del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro, viene decurtato il salario per i giorni di malattia. Pagano i circa 86 mila dipendenti di tutti gli stabilimenti a cui, in applicazione dell'accordo sul trattamento economico, viene cancellato il salario fisso. Pagano i lavoratori dell'indotto e della componentistica che vedono le proprie aziende chiudere.

L‘amministratore delegato ha dichiarato che in vista della fusione con Chrysler, non essendoci un piano per aumentare il capitale “possiamo monetizzare asset del gruppo”: tradotto vendere rami per far cassa.
I lavoratori del gruppo Fiat stabilimento per stabilimento in questi giorni durante volantinaggi, assemblee, iniziative di sciopero, hanno manifestato la propria contrarietà alle scelte aziendali sottoscritte da Fim, Uilm, Fismic, Associazione Quadri e Uglm. In tutta Italia il clima di paura per la crisi e per le azioni disciplinari dell'azienda si è incrinato. 

Mentre fuori dai cancelli Governo e istituzioni mettono la testa sotto la sabbia. Aprire un tavolo nazionale dell'automotive che affronti il problema del piano industriale è una urgenza non più rinviabile, non solo per i metalmeccanici ma per l'interesse generale del Paese.

Roma, 9 aprile 2013 www.fiom.cgil.it

lunedì 8 aprile 2013

NON POSSIAMO PIU' ASPETTARE, IL 18 MAGGIO MANIFESTIAMO A ROMA


di Michele di Palma, coordinatore nazionale Fiom del gruppo Fiat
Una settimana fa abbiamo tenuto una assemblea in sciopero, perché è impedito alla Fiom Cgil tenere assemblee dentro gli stabilimenti del gruppo Fiat, alla CNH di Jesi. Dentro la fabbrica le linee ferme, fuori ci siamo trovati con 400 metalmeccaniche e metalmeccanici dei due turni a discutere. Rabbia gridata nel microfono e incredulità raccontata a bassa voce nei capannelli contro il muro di solitudine che la crisi e le politiche di austerità hanno eretto intorno a ciascuno. Per rompere la solitudine quegli operai han fatto sciopero, perché gli è impedita la possibilità di partecipare alla vita democratica dentro e sempre più anche fuori dalla fabbrica.
Stessa regione a pochi giorni di distanza tre suicidi con un parente delle vittime che dichiara che ad averli uccisi è stata la dignità. Può essere la dignità ad uccidere? Oppure è la solitudine, che ti paralizza giorno dopo giorno come in un progressivo assideramento, perché pensi che la tua situazione è colpa tua che non sei stato capace di resistere alla crisi che riempiva giorno dopo giorno la stanza chiusa della porta di casa e continuavi a pensare che ce la potevi fare che dipendeva solo da te, che sarebbe bastato galleggiare per tornare a nuotare. Fuori tutto è troppo più grande ed inafferrabile: le scelte politiche del Governo, il "pilota automatico" della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea, le imprese che chiedono soldi e scappano. La buca della posta che si riempie di lettere di bollette e avvisi di mora mentre le scuole perdono pezzi, gli ospedali chiudono, partiti e sindacati sono sempre più ricordi lontani.
Civitanova è per un giorno la capitale dell'Europa nei tempi della crisi, domani la candela passerà ad un altro quartiere di Atene, Barcellona, Parigi o Londra ed assisteremo ancora al rituale dei volti affranti di membri di Governo che provano dolore. A chi ha la responsabilità di decidere, oltre ai sentimenti, sono chieste scelte, decisioni, provvedimenti conseguenti. Perché mentre in Parlamento ci si alterna al gioco del "gatto col topo" per poi passare a "indovina chi?", mentre le imprese giocano al monopoli globale, fuori non c'è più tempo.
Non hanno più tempo quel'80% di persone che saltano da un contratto precario ad un altro senza reti sotto, non han più tempo i metalmeccanici dell'automotive che in 220 mila rischiano di non avere più un lavoro, non han più tempo i precari della scuola, non han più tempo operai e cittadini di Taranto, non han più tempo il 40% di giovani disoccupati, non ha più tempo i lavoratori delle piccole e medie imprese, non han più tempo nonni e nonne per strada con una pensione che non basta a pagare l'affitto, non han più tempo impiegati, addetti alla ricerca delle imprese dell'informatica e delle energie alternative, non han più tempo gli operai Fiat che pur avendo avuto ragione dalle sentenze sono ancora fuori dal cancello insieme a tutti quelli in cassa integrazione per milioni di ore in un anno, non han più tempo i cittadini che hanno votato un referendum sull'acqua, quelli che difendono la Val Susa: non c'è più tempo di aspettare. La portata della crisi non è arginabile con un po di cassa integrazione in deroga (che pure serve) e il pagamento dei debiti dello Stato (senza aumentare le tasse).
Siccome non possiamo più aspettare nei prossimi giorni la Fiom Cgil terrà assemblee dentro e fuori le fabbriche, con operai e cittadini, movimenti e associazioni al fine chiedere subito cinque azioni contro la crisi. A cominciare dal fatto che debbono cessare le chiusure degli stabilimenti ed investire risorse pubbliche e private nella ricerca. Cancellare la detassazione degli straordinari e della flessibilità ed invece usare risorse pubbliche per aumentare la base occupazionale riducendo l'orario di lavoro coi contratti di solidarietà difensivi per impedire i licenziamenti e espansivi per trasformare i contratti atipici in contratti stabili. Contro il ricatto della inoccupazione e della disoccupazione c'è bisogno di un reddito, il cui finanziamento venga dalla fiscalità generale (come in tutta Europa) e che i minimi contrattuali siano inderogabili per Legge.
Queste proposte si reggono su un punto che riguarda la vita civile e democratica del Paese: la democrazia. L'autonomia e l'indipendenza dei metalmeccanici iscritti alla Fiom Cgil è sotto un attacco violento delle controparti a partire dalla Fiat: le discriminazioni nei confronti del maggiore sindacato si moltiplicano giorno dopo giorno. Assemblee negate, delegati non riconosciuti dalle imprese, licenziamenti discriminatori, tutto accade nell'indifferenza, ma alla democrazia non si può tappare la bocca per troppo tempo. I metalmeccanici, come i cittadini, come i giovani non possono più aspettare per questa ragione a Roma il 18 maggio la manifestazione nazionale sarà solo l'inizio.

martedì 2 aprile 2013

LE MELE CON LE PERE



Molti lavoratori giovedì scorso con lo sciopero hanno detto ancora una volta alla Fiat di non essere d'accordo con chi riduce loro il salario e aumenta poi i bonus, i dividendi e i premi, ai capi e ai quadri di questa Azienda.

Che non è più possibile una situazione in cui il sindacato lo sceglie l'Azienda piuttosto che i lavoratori; e che è indecente che chi come la Fim e la Uilm sottoscrive accordi peggiorativi, nega poi agli operai di votare ciò che viene firmato sulle loro teste.

Che è insopportabile una Rsa che non parla, che non denuncia, che non dice niente nemmeno quando firma una intesa con la Direzione aziendale che toglie alle maestranze il pagamento dei primi 2 giorni di malattia!

Come non è accettabile il comportamento di questa Direzione che discrimina con il ricatto le libertà e i diritti della Costituzione. Se scioperi, ti tolgo la possibilità dello straordinario al sabato. Questa è l'odiosa rappresaglia aziendale che ci viene raccontata dalle persone nei vari reparti dello stabilimento.

La scelta di Fiat e dei sindacati di ridurre gli spazi di democrazia dentro la fabbrica per trasformarla in una specie di caserma, a noi pare non c'entri nulla con quello che veramente servirebbe. Che è fare bene i trattori, al pari di garantire a chi li fa una condizione di vita e di lavoro libera e dignitosa.

I lavoratori che erano davanti ai cancelli chiedono questo. Vogliono lavorare, e tutti i santi giorni mettono molto di più della semplice presenza. Hanno a cuore questo stabilimento e il fatto che si rafforzi, ma chiedono di essere rispettati nella dignità.

Fino a che punto Fiat e sindacati del sì potranno non tener conto di tutto questo? Tutti sanno che se i lavoratori potessero esprimersi liberamente con il voto, boccerebbero sonoramente la Fim, la Uilm e i contratti che firmano.

Per dirne una, ci dicono che tra poco faranno le assemblee su Fasifiat. Ci chiediamo con che faccia vengono a parlarci di salute, quando hanno firmato accordi che lasciano senza retribuzione chi si ammala.

Non si tratta quindi di scambiare le mele con le pere come sostiene la Fim, ma della dignità dei soggetti che il sindacato dice di voler rappresentare. Del fatto che senza democrazia dentro ai posti di lavoro non c'è futuro, né per il sindacato (anche il loro...) né per le aziende, né tanto meno per i lavoratori. La fabbrica non può essere solo il luogo del profitto per una parte, e dei sacrifici per l'altra. Ma anche quello delle ragioni delle donne e degli uomini che attraverso il lavoro, la solidarietà e le lotte, costruiscono la loro condizione di vita. Insomma, il loro destino. Anche chi non c'era giovedì, dovrebbe riflettere su questo.

Jesi, 3 Aprile 2013                     La Rsu della Fiom Cgil