Sul trasferimento negli Usa si contraddice. Le tute blu europee: basta attacchi ai diritti
Sergio Marchionne definisce «reazioni esagerate» le preoccupazioni italiane sulle sue parole americane, con cui annunciava l'intenzione di trasferire negli Usa la testa del Lingotto. Nulla è deciso, ha detto l'amministratore delegato Fiat all'agenzia Bloomberg, se ne riparlerà nel 2014. Morale: guai a prendere sul serio Marchionne. Solo su un punto l'uomo dei miracoli non ha tentennamenti: la Fiom deve essere eliminata in tutti gli stabilimenti. A tal punto che ieri alla Sevel (vedi l'articolo in questa pagina), di fronte a un accordo sull'aumento della produzione con la garanzia di nuove assunzioni, che tutti i sindacati si apprestavano a firmare, all'ultimo minuto la Fiat ha rovesciato il tavolo introducendo la classica richiesta ideologica inaccettabile: cancellazione del diritto di sciopero. Risultato, l'accordo è stato firmato solo dal Fismic, il sindacato più giallo di tutti. Anche a Mirafiori, nell'incontro per definire la cassa integrazione straordinaria, la Fiat ha messo la Fiom in condizione di non firmare l'accordo rifiutandosi persino di discuterne l'applicazione. Marchionne non fa paura solo alla Fiom ma anche alla Fem (Federazione europea dei metalmeccanici). Ieri a Bruxelles si è riunito il coordinamento sindacale europeo Fiat che ha denunciato il cattivo rapporto con la multinazionale. Non c'è un confronto - né un'informazione - sul piano industriale - mentre l'azienda punta sul conflitto tra i lavoratori e gli stabilimenti dislocati nei vari paesi europei, in una competizione finalizzata a ridurre i diritti individuali e collettivi di tutti. Per questo il coordinamento sindacale chiede l'avvio di «un chiaro, aperto e positivo dialogo sopciale europeo», «uno stop all'attacco alle condizioni di lavoro e ai fondamentali diritti sindacali» e «il rispetto per gli accordi e le regole a livello nazionale e europeo». Negli Usa Marchionne sfodera tutto il suo ottimismo. All'emittente Cnbc ha giurato: «Abbiamo le basi per un grande futuro Chrysler», e a questo scopo ha investo 8,5 milioni di dollari per una pubblicità, andata in onda per il Super Bowl, che «rappresenta i valori di Chrysler e di questo paese». In Italia invece deve vedersela con le vittime delle sue crociate antioperaie. Per esempio con i «residui» 170 dipendenti dell'Alfa di Arese che non ci stanno a farsi deportare in massa a Torino. A meno di non accettare ricche buonuscite per togliersi dai piedi.
Sergio Marchionne definisce «reazioni esagerate» le preoccupazioni italiane sulle sue parole americane, con cui annunciava l'intenzione di trasferire negli Usa la testa del Lingotto. Nulla è deciso, ha detto l'amministratore delegato Fiat all'agenzia Bloomberg, se ne riparlerà nel 2014. Morale: guai a prendere sul serio Marchionne. Solo su un punto l'uomo dei miracoli non ha tentennamenti: la Fiom deve essere eliminata in tutti gli stabilimenti. A tal punto che ieri alla Sevel (vedi l'articolo in questa pagina), di fronte a un accordo sull'aumento della produzione con la garanzia di nuove assunzioni, che tutti i sindacati si apprestavano a firmare, all'ultimo minuto la Fiat ha rovesciato il tavolo introducendo la classica richiesta ideologica inaccettabile: cancellazione del diritto di sciopero. Risultato, l'accordo è stato firmato solo dal Fismic, il sindacato più giallo di tutti. Anche a Mirafiori, nell'incontro per definire la cassa integrazione straordinaria, la Fiat ha messo la Fiom in condizione di non firmare l'accordo rifiutandosi persino di discuterne l'applicazione. Marchionne non fa paura solo alla Fiom ma anche alla Fem (Federazione europea dei metalmeccanici). Ieri a Bruxelles si è riunito il coordinamento sindacale europeo Fiat che ha denunciato il cattivo rapporto con la multinazionale. Non c'è un confronto - né un'informazione - sul piano industriale - mentre l'azienda punta sul conflitto tra i lavoratori e gli stabilimenti dislocati nei vari paesi europei, in una competizione finalizzata a ridurre i diritti individuali e collettivi di tutti. Per questo il coordinamento sindacale chiede l'avvio di «un chiaro, aperto e positivo dialogo sopciale europeo», «uno stop all'attacco alle condizioni di lavoro e ai fondamentali diritti sindacali» e «il rispetto per gli accordi e le regole a livello nazionale e europeo». Negli Usa Marchionne sfodera tutto il suo ottimismo. All'emittente Cnbc ha giurato: «Abbiamo le basi per un grande futuro Chrysler», e a questo scopo ha investo 8,5 milioni di dollari per una pubblicità, andata in onda per il Super Bowl, che «rappresenta i valori di Chrysler e di questo paese». In Italia invece deve vedersela con le vittime delle sue crociate antioperaie. Per esempio con i «residui» 170 dipendenti dell'Alfa di Arese che non ci stanno a farsi deportare in massa a Torino. A meno di non accettare ricche buonuscite per togliersi dai piedi.
Fonte: il Manifesto | 10 febbraio 2011
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