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giovedì 12 agosto 2010


UNA BOCCATA D'OSSIGENO

Loris Campetti
 Il comportamento della Fiat di Sergio Marchionne è antisindacale. A dirlo non è più soltanto la Fiom, con noi del manifesto e pochi altri nello scenario politico e, ahinoi, sindacale italiano, ottenebrato dalla subalternità a un'idea del progresso e del mercato che per farsi strada ha bisogno di cancellare leggi, diritti e Costituzione. Il giudice del lavoro di Potenza ha annullato i tre licenziamenti fatti dalla Fiat a Melfi, condannando l'azienda per il suo comportamento antisindacale nei confronti della Fiom e ordinando l'immediato reintegro di un operaio e due delegati. È una vittoria di straordinaria importanza per i lavoratori e per la Fiom che ha intentato causa, ma è anche una boccata d'ossigeno per la nostra sanguinante democrazia perché ribadisce che in Italia il diritto di sciopero è tutelato per legge, e condanna chi tenta di impedirlo con il ricatto e la repressione. È una sentenza tanto più importante in quanto alla prepotenza della Fiat, che pretende di dettare ordini a operai, sindacati e Confindustria, si affianca un'azione governativa tesa a demolire la Costituzione formale e quella materiale del paese.
I tre operai erano accusati dagli uomini di Marchionne di aver bloccato un carrello automatizzato nel corso di uno sciopero, impedendo così ad altri operai più «virtuosi» di lavorare. Sono volate parole grosse, fino all'accusa insensata di sabotaggio della produzione fatta propria da qualche solerte ministro, dalla cupola di Confindustria e persino da dirigenti sindacali di massimo livello. Ora costoro dovrebbero chiedere scusa agli operai reintegrati dal giudice.
O forse accuseranno quel giudice di essere un comunista, o un sabotatore? Siamo al paradosso che a essere considerati illegali non sono coloro che violano le leggi, ma chi ne pretende il rispetto. Chi non accetta lo scambio tra diritti e lavoro e per questo sciopera è vilipeso dai vertici della Fim e della Uilm, persino nel commento alla sentenza di ieri, di essere almeno corresponsabile della Fiat, in base alla teoria degli opposti estremismi. Infine c'è chi, persino nello schieramento democratico, condanna il ricorso alla magistratura per conflitti sul lavoro e teorizza, in sintonia con il governo, l'esclusività del confronto tra le parti senza impicci e terzi incomodi. Cioè senza leggi e giudici tra i piedi. Dovremmo chiederci cosa ne è, oggi, delle forze democratiche se l'unica tutela dei lavoratori dev'essere cercata in magistratura. Melfi oggi è in festa, per la seconda volta. La prima vittoria contro la prepotenza padronale gli operai lucani - e la solita Fiom «estremista» - l'avevano conquistata sul campo qualche anno fa con una lotta durata 21 giorni. La seconda è arrivata dalla legge e dalla Costituzione. Teniamoci cara l'una e l'altra, e teniamoci cari gli operai.

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