Nel suo partito l'amministratore delegato Fiat può iscrivere i ragazzi e le ragazze plaudenti di Comunione e liberazione, e magari anche i suoi compagni di barbecue, gli operai Usa della Chrysler sopravvissuti alla cura Marchionne (e agli hamburger aziendali). Più, naturalmente, l'immarcescibile ministro Sacconi. Il fatto che dovrebbe preoccuparlo, però, è che nel partito avverso, o comunque dei critici della sua filosofiat post-lotta di classe, le fila degli adepti si stanno pericolosamente allungando. Passi la Fiom, passino i partiti extraparlamentari e qualche minoranza Pd, passino il giudice di Melfi e il presidente Napolitano, ma che a gufare ci si metta anche il vescovo Bagnasco con la sua vecchia dottrina sociale, è troppo. Persino Cesare Romiti, predecessore di Marchionne, lancia strali; Corrado Passera (Intesa San Paolo, banca di riferimento Fiat) storce il naso e commentatori ieri amici prendono le distanze. Il massimo sarebbe che persino i sodali di Confindustria e Federmeccanica si mettessero a mugugnare.
Effettivamente Marchionne chiede molto alle associazioni padronali, usando come fa con gli operai il ricatto «prendere o lasciare». Se agli operai e ai sindacati chiede di scegliere tra i diritti e il lavoro, a Confindustria e Federmeccanica fa sapere che la Fiat è pronta a dare forfait perché non è più disposta a sopportare il peso del contratto dei metalmeccanici, meglio uno del settore auto, cioè un contratto speciale per la sola Fiat che dell'auto è monopolista. A meno che Federmeccanica non faccia sue tutte le pretese Fiat e di deroga in deroga svuoti il contratto dei meccanici, in combutta con Fim e Uilm. Una richiesta esosa per gli stessi padroni, che si troverebbero ad affrontare in tutte le fabbriche l'opposizione dura del sindacato più rappresentativo: la Fiom di Landini che sta facendo vedere i sorci verdi al Lingotto.
Una richiesta esosa per la natura e il peso specifico delle deroghe. Il primo passo che Federmeccanica si è detta disposta a compiere è la disdetta dell'ultimo contratto unitario, quello del 2008, per assumere quello separato sigliato un anno dopo da Fim e Uilm, ma non dalla Fiom. Contratto tutt'ora in vigore perché mai disdettato. Ma a Marchionne non basta, perché lui quel contratto lo aveva già rottamato unilateralmente. E qui arriva la parola magica: deroga. Per consentire la permanenza della newco di Pomigliano in Confindustria, di deroghe al contratto (quello separato) ne servono moltissime. Analizziano le otto principali.
1) Le ore annue di straordinario non concordate con le Rsu dovrebbero passare da 40 a 120 (cioè da 5 a 15 giorni, magari di sabato).
2) Ora, se le linee si fermano per cause di forza maggiore (temporali, alluvioni, incendi...) l'azienda può chiedere agli operai di recuperare un'ora. La Fiat vorrebbe inserire tra le cause di blocco anche il ritardo (magari per sciopero) di componenti da parte dei fornitori e pretende di disporre di un giorno di recupero ogni sei mesi da pescare tra i riposi o di computare come straordinari.
3) Nuova normativa sulla malattia al fine di non pagare i primi tre giorni di assenza.
4) Regolamentazione del diritto di sciopero, per fare come negli Usa in cui lo sciopero è vietato fino al 2014, e come nell'«accordo» separato di Pomigliano imposto con un referendum militarizzato.
5) Ora i dipendenti hanno diritto ad almeno 11 ore di riposo al momento del cambio turno, per esempio dal pomeridiano al notturno. La richiesta è di ridurlo, in modo che chi smonta alle 22 possa riattaccare alle 6 del mattino successivo. Magari dormendo in automobile, visto che molti dipendenti sono costretti a ore di viaggio per il trasferimento casa-lavoro e viceversa.
6) La mezz'ora di pausa mensa (per di più a fine turno) può essere abolita e trasformata in mezz'ora di lavoro straordinario.
7) Sanzioni a chi non rispetta le suddette deroghe, per esempio sul divieto di sciopero, e taglio dei permessi sindacali ai sindacati dissidenti.
8) Disdettate le ore di permesso sindacale aggiuntive, conquistate negli anni Settanta, ai sindacati non firmatari del nuovo contratto capestro.
La parola passa a Federmeccanica che il 7 settembre dovrà decidere se perdere la Fiat o piegarvisi, e prepararsi a una stagione di dura lotta di classe, quella che Marchionne vorrebbe abolire per decreto. I padroni sono divisi, e del resto persino nello stato maggiore del Lingotto non tutti condividono la crociata del capo.
Nessun commento:
Posta un commento