In questi giorni molti si stupiscono, con molti imbarazzi, dell’annuncio formale da parte di Fiat della fine del piano Fabbrica Italia, fine peraltro più volte annunciata dalla stessa Fiat nell’ultimo anno. Noi non siamo sorpresi, dei 20 miliardi di investimenti, poco più di un miliardo risulta attivato sull’automobile.
Quest’anno si produrranno in Italia circa 400 mila vetture a fronte del milione e 400 mila promesse dal piano, proseguono la cassa integrazione e i contratti di solidarietà nel veicolo industriale.
La Fiat non ha mai condiviso il suo piano industriale né con il Governo, né con i sindacati che hanno firmato le intese fino al Ccsl Fiat. La Fiat ha voluto le mani libere nel nostro paese ed oggi, complice anche una sbagliata valutazione sulla crisi, consegna al paese stabilimenti attraversati da una cassa integrazione in crescita, che abbatte i salari e il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori.
E’ urgente che la Fiat dica la verità sullo stato degli investimenti sui modelli, sulla saturazione degli impianti e sull’occupazione in Italia. Serve che il Governo non aspetti «telefonate», non chieda chiarimenti su un piano che, per stessa ammissione dell’azienda, non c’è più, serve invece che il governa dica con chiarezza se considera la difesa e lo sviluppo dell’impresa automobilistica in Iitalia strategico per il nostro paese. E sulla base di questa convinzione convochi la Fiat e chieda alla proprietà della Fiat (Famiglia Agnelli-Elkann) cosa intenda fare per contribuite all’interesse nazionale non escludendo, se servisse, l’attrazione nel nostro paese di nuovi produttori di auto in grado di rilevare, saturare e valorizzare gli impianti e marchi che la Fiat non è più in grado di sostenere.
Bisogna che ognuno torni a fare il suo mestiere i sindacati devono difendere i lavoratori, gli accordi separati fino al Ccsl non hanno difeso i lavoratori che sono stati costretti a sacrifici inutili e sbagliati, sui diritti, le libertà e le condizioni di lavoro, senza che gli investimenti garantiscano l’occupazione ed il futuro anche in uno stabilimento come Pomigliano dove è arrivato l’unico nuovo prodotto, più di metà degli occupati del Giovan Battista Vico non è stato riassunto nella Newco e la cassa integrazione scadrà a luglio prossimo.
Nello stabilimento persiste una discriminazione nei confronti degli iscritti alla Cgil, discriminazione accertata dalla sentenza del Tribunale di Roma e che la Fiat deve sanare, come va garantito il rientro ai tre lavoratori della Fiom-Cgil di Melfi che pur avendo vinto le cause vengono lasciati fuori dalla fabbrica.
Contro le discriminazioni e per applicare le sentenze è necessaria la mobilitazione di tutta la politica e di tutta la società civile.
La Fiom non ha lasciato e non lascerà soli le lavoratrici e i lavoratori del gruppo Fiat a partire dalla richiesta di difendere la conoscenza, la produzione dell’auto italiana nel nostro paese in ogni sede coniugandolo con i diritti e la democrazia nei luoghi di lavoro.
Chiediamo che vengano indette le assemblee di tutti i lavoratori per discutere del futuro della Fiat in Italia.
Fiom-Cgil nazionale
17 settembre 2012
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