24/03/2012
Nessun macchinario fermato. I tre operai che furono cacciati perché sindacalisti. E quindi devono essere reintegrati. La Fiat di Melfi ha sbagliato a licenziare i tre iscritti alla Fiom: lo dice il giudice, che nella sentenza motiva con parole di fuoco la decisione di dar torto al Lingotto.
I licenziamenti dei tre operai della Fiat di Melfi iscritti alla Fiom furono «nulla più che misure adottate per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo». Un licenziamento politico dunque, «con conseguente e immediato pregiudizio per l’azione e la libertà sindacale». Nelle ore in cui si fa più aspro lo scontro sulla libertà di licenziamento in Italia con la battaglia sull’articolo 18, un esempio pratico viene dalle motivazioni della sentenza con cui la corte di Appello di Melfi ha condannato il Lingotto per attività antisindacale imponendo il reintegro sul posto di lavoro dei tre licenziati. Come si ricorderà il 23 febbraio scorso, quando era stato reso noto il dispositivo della sentenza, la Fiat aveva reagito annunciando con un telegramma che «non intende avvalersi della prestazione lavorativa» dei tre licenziati.
Che, pare di capire, rimarranno comunque a casa anche se la sentenza di appello venisse confermata in Cassazione:
Le motivazioni, pubblicate ieri sera, confermano che, a parere della Corte, nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010, i tre licenziati non effettuarono alcun sabotaggio della produzione, come invece sostenne all’epoca il Lingotto, perché le linee erano già state fermate prima del loro intervento. E inoltre i tre erano insieme ad altri lavoratori «ai quali la Fiat non ha contestato nulla». Nell’occasione piuttosto il caporeparto avrebbe assunto «un atteggiamento provocatorio » nei confronti del tre iscritti alla Fiom, confermato, fanno osservare i giudici, «in un documento unitario sottoscritto da tutti i delegati nell’immediatezza dei fatti».
Dunque il licenziamento è illegittimo, deciso solo per liberarsi di tre sindacalisti scomodi:
''Le sentenze vanno rispettate e le motivazioni della Corte d'Appello di Potenza non lasciano spazio ad interpretazioni: la Fiat deve disporre subito il reintegro dei tre operai di Melfi ingiustamente licenziati''. ''E' ormai evidente la condotta antisindacale dall'azienda, cosi' come e' indiscutibile che negli stabilimenti del Lingotto vengono calpestati i diritti dei lavoratori''.
''Il Governo non puo' rendersi complice di Marchionne, che si atteggia a padrone delle ferriere invece di rispettare i propri impegni sul piano occupazionale e industriale. Barozzino, Lamorte e Pignatelli devono tornare a lavorare, perche' gli iscritti Fiom non siano oggetto di discriminazioni e vessazioni che servono solo a nascondere le difficolta' dell'azienda causate da gestioni manageriali sconsiderate''
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