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martedì 31 maggio 2011

CNH JESI

Nell’incontro svoltosi oggi con la Direzione dello stabilimento l’Azienda ci ha comunicato il numero delle persone comandate al lavoro nei giorni di CIGO del 1 e 3 Giugno.

1 Giugno: 310 lavoratori divisi prevalentemente tra Cabine linee C1 e C2
(1°e2° turno),Trasmissioni(1°e2° turno e centrale),
completamento trattori,magazzino e WCM.

3 Giugno: 30 lavoratori tra completamento trattori e WCM.

L’Azienda ci ha inoltre comunicato il ricorso alla CIGO per i giorni 17 Giugno,1 e 4 Luglio.
Nel mese di Luglio sono previsti ulteriori 3 giorni di cassaintegrazione ancora da calendarizzare.

Le RSU dello stabilimento hanno inoltre richiesto alla Direzione di fissare a breve un incontro in cui si discuta il sistema per valorizzare gli addetti alle linee di montaggio,problema già precedentemente sollevato.


Jesi,31 Maggio 2011         La RSU della FIOM-CGIL

venerdì 27 maggio 2011

E ADESSO ANDIAMO AVANTI


Alcune riflessioni dopo la riuscita dello sciopero sulla Sicurezza del 23 Maggio scorso

Le assemblee partecipate e ricche di interventi svoltesi in fabbrica prima dello sciopero, segnalano la volontà da parte delle lavoratrici (significativa ed importante la presenza femminile) e dei lavoratori della Fiat CNH di Jesi di voler contare, di voler discutere e decidere delle scelte sindacali. Si è levata forte una domanda di democrazia e partecipazione, che non va d'accordo con chi pratica da anni gli accordi separati, e con chi decide della loro condizione senza consultarli.

Allo stesso tempo, la riscoperta di forme di lotta come il “corteo interno”, così numeroso come non si vedeva da tempo, è il chiaro segnale di un “malessere” dei lavoratori che non può non interrogare questa Azienda, e che va anche oltre allo stesso motivo dello sciopero: per la FIOM è necessario riaprire ai lavoratori e al sindacato che li rappresenta, una discussione vera sulla loro condizione di lavoro, riaffermando la centralità della contrattazione e la pari dignità tra Lavoro e Impresa.

I problemi dell'organizzazione del lavoro, le continue modifiche del WCM sulle linee di montaggio, la sicurezza, la formazione, e il fatto che da anni siano assenti elementi di valorizzazione o riconoscimenti verso la gran parte dei lavoratori, crediamo siano solo alcuni dei possibili elementi di discussione sulla quale bisogna voltare pagina.
Se è vero che oggi si rende necessario un mutamento del modo di produrre quei trattori che facciamo da oltre trent'anni con risultati indiscutibili, è altrettanto vero che i lavoratori sono caricati di sempre maggior responsabilità, dove non si chiede più soltanto di svolgere una semplice operazione meccanica, ma si pretende anche un risultato sulla qualità del processo e del prodotto; la FIOM considera ingiusto pensare di ripagarli con una bella foto gigante nelle officine, e allo stesso tempo, prefigurare anche quest'anno l'assenza del saldo del Premio di Risultato.

Va inoltre ricordato che chi sciopera, chi perde salario, chi dice No merita rispetto, e lo fa non solo per esprimere un dissenso o perché il confronto non ha prodotto risultati, ma anche per manifestare la necessità di riformare, di modificare in meglio la sua condizione di lavoro, di vita, e di quel luogo che è la fabbrica in cui vive: lo sciopero è fondamento di civiltà. Esso oltretutto, rappresenta un elemento positivo anche per le stesse aziende: potrebbero essere tanti gli esempi, anche di grandi gruppi industriali, dove la totale assenza di confronto-conflitto tra Azienda e Sindacato, non ha prodotto altro che la chiusura delle fabbriche.

La qualità del trattore (uno dei principali presupposti per essere competitivi come dichiara l'Azienda) e la salvaguardia dello stabilimento, non è quindi a prescindere, ma dipende dalla qualità del lavoro, dalla qualità delle relazioni sindacali in fabbrica e dalle forme con cui si sviluppano.
Se infine è significativo, seppur ancora parziale, lo sforzo dell'Azienda comunicatoci in Confindustria Ancona di mantenere a Jesi produzioni importanti come l'APL e le Cabine, l'uscita dalla crisi e il rilancio dello stabilimento, non potranno non dipendere anche da quanto detto sopra, argomenti che hanno poco a che fare con l'attacco ai diritti, al contratto e alla condizione operaia. Solo questo è il modo di guardare avanti e di difendere il lavoro a Jesi.
Parola di quelli che non prendono né Stock Option, né dividendi, ma 1200 euro al mese.

p.s. : un grazie alle lavoratrici e ai lavoratori che c'hanno permesso questo.

Jesi, 27 Maggio 2011                           la RSU della Fiom-Cgil

giovedì 26 maggio 2011

CNH JESI malattia

Stamattina siamo stati informati che la direzione del personale senza aver dato comunicazione all’RSU e agli RLS ha convocato individualmente tutti quei lavoratori che di recente hanno avuto eventi di malattia per conoscere che tipo di patologia abbiano avuto e se la stessa sia correlabile con l’attività lavorativa.
Riteniamo che tale atteggiamento oltre ad essere intollerabile è soprattutto attuato in violazione della normativa di legge, in quanto gli organi preposti ad effettuare un’attività di sorveglianza o ispezione non sono sicuramente soggetti aziendali, ma l’INPS o i medici della ASUR.
Pertanto vi invitiamo a sospendere immediatamente tale procedura e ad informare la RSU e gli RLS sui motivi che vi hanno portato ad effettuare questa scelta in modo unilaterale e incomprensibile.
In attesa di fissare un incontro porgiamo distinti saluti.

la segreteria FIOM CGIL Ancona
la RSU-RLS FIOM CGIL

26/05/2011

martedì 24 maggio 2011

CNH JESI

comunicato sindacale incontro Ancona del 24/05/2011


In data odierna si è tenuto l’incontro presso la sede di Confindustria nel corso del quale il Dott. Retus ha manifestato la volontà di voler mantenere e sviluppare lo stabilimento di Jesi nei prossimi anni, tuttavia dice l’azienda, siamo in un passaggio molto significativo e complesso per fiat industrial all’interno del quale non sono state ancora definite in maniera chiara le missioni produttive dei vari stabilimenti. Ciò significa che non sono del tutto chiare le allocazioni delle nuove gamme di prodotto e le eventuali ripercussioni sui livelli occupazionali degli stabilimenti del gruppo.
L’azienda ci ha però comunicato che dal 1 Agosto fino ai primi mesi del 2012 non ci sarà alcun utilizzo della cassa integrazione ordinaria ed inoltre ha confermato l’importante impegno produttivo sulla serie APL sia per quanto riguarda l’assemblaggio del trattore che la sellatura delle cabine. Per quanto riguarda le nuove gamme, discussione ancora tutta da fare, l’azienda ha fatto capire che le eventuali scelte future saranno strettamente correlate a quelli che la stessa chiama “presupposti di competitività” (governabilità, costo-qualità prodotto, orario di lavoro, metrica).
Dal nostro punto di vista confermiamo sin da subito il ns. interesse a discutere nel merito del futuro dello stabilimento di Jesi pur ribadendo la centralità del contratto nazionale e delle norme vigenti in materia di lavoro.
Tali scelte devono puntare ad una valorizzazione e ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operai jesini che con responsabilità e professionalità contribuiscono ogni giorno alla crescita dello stabilimento.

la segreteria FIOM CGIL Ancona
la RSU FIOM CGIL

24/05/2011

lunedì 23 maggio 2011

CNH JESI

2 ORE DI SCIOPERO
IN-SICUREZZA alla Fiat CNH di Jesi


L’assemblea unitaria retribuita tenutasi stamattina, in merito al grave incidente occorso nei giorni scorsi al reparto Verniciatura (il distacco di un corpo trattore dalle catene che lo tenevano sospeso, pura fatalità ha evitato danni ai lavoratori) e le ultime scelte in materia di Sicurezza operate dall’Azienda, ha deciso 2 ore di sciopero: una in corteo interno dalle 9.30 alle 10.30 e l’altra nell’ultima ora del turno di mattino – dalle 12 alle 13 - e sull’ultima ora dei turni del centrale – dalle 15.15 alle 16.15 , dalle 16 alle 17 .
I lavoratori e le lavoratrici dello stabilimento di Jesi hanno mandato un chiaro messaggio, la Sicurezza del loro posto di lavoro davanti a tutto.
I campionati a squadre tra reparti con tanto di scudetto non possono essere una risposta seria a quanto accaduto, mettere in competizione i lavoratori l’uno contro l’altro premiando chi si infortuna di meno, chi si medica di meno e chi fa più proposte di miglioramento non ci sembra una proposta seria.
Servono invece soluzioni vere e concrete, capaci di prevedere i rischi di possibili incidenti, nel rispetto delle Leggi e valorizzando le competenze.
Respingeremo qualsiasi tentativo di attribuire la responsabilità di quanto accaduto ai lavoratori, la responsabilità di lavorare in un ambiente salubre e sicuro è del datore di lavoro ed è un nostro diritto pretenderla.
Dopo tante parole, tanti grafici, tanti tabelloni sparsi per tutta la fabbrica (WCM), è ora di mettere in campo risposte efficaci e concrete.

Per il secondo turno e per il turno della notte le modalità dello sciopero saranno decise nell’assemblea del pomeriggio.

Jesi, 23 maggio 2011                                   la RSU

mercoledì 18 maggio 2011

CNH

Informiamo i lavoratori e le lavoratrici che oggi 18 Maggio si è riunito il Consiglio di Fabbrica a fronte del gravissimo incidente verificatosi ieri pomeriggio al reparto Verniciatura, che ha indetto una:

         
ASSEMBLEA RETRIBUITA DI 1 ORA
LUNEDI’ 23 MAGGIO
Oggetto:
SICUREZZA
                                                
     ORARI:
1°turno e centrale, 8,30-9,30
2°turno, 15-16
3°turno, 21-22

Vista l’importanza del tema si auspica la massima partecipazione di tutte le maestranze.


Jesi, 18 Maggio 2011                                              La RSU                                  
                                                                          




ANCHE OGGI E’ ANDATA BENE…


Oggi 17 Maggio 2011 si è verificato al reparto Verniciatura un gravissimo incidente che poteva avere conseguenze pesanti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori: il distacco di un corpo trattore dalle catene che lo tenevano sospeso.
Pura fatalità ha fatto sì che l’evento si verificasse pochi metri prima dell’area Masking, qualche metro dopo e sarebbe stata messa a repentaglio la vita delle lavoratrici e dei lavoratori che lì lavorano.
Oltre ai trenini, ai carrellini-kit, agli “scudetti” sulla sicurezza e alle mille modifiche che quotidianamente si inventano sui banchi di lavoro al fine di racimolare qualche secondo sui tempi di lavoro o per guadagnare qualche punto al prossimo Audit WCM, una Azienda di questa portata è ora che rimetta al centro una discussione vera su come prevenire il rischio di incidenti di questo tipo, tra l’altro non il primo.
E’ oltre tutto incredibile come da una parte si spendano tempo e risorse per togliere i paranchi, in certi casi indispensabili alla salvaguardia delle “schiene” di chi lavora, e allo stesso tempo in Verniciatura c’è una intera linea sospesa su un ballatoio che su un evento come quello odierno non avrebbe retto al peso del trattore.
Per noi la sicurezza non è e non potrà mai essere né un pilastro del Wcm né un Campionato tra i reparti con tanto di Scudetto finale come proposto dall’Azienda in uno degli ultimi incontri, ma deve essere il primo VALORE di chi ha in mano la Responsabilita’ dello stabilimento e della Salute e della Sicurezza di chi ci lavora.

La RSU della Fiom-Cgil convoca per domani alle ore 12,00 un Consiglio di Fabbrica con le altre organizzazioni sindacali.







Jesi, 17 Maggio 2011                                la RSU della Fiom-Cgil

venerdì 13 maggio 2011

LA SVOLTA DELLA CGIL E LA NORMALIZZAZIONE DELL'OPPOSIZIONE

di Giorgio Cremaschi [articolo pubblicato su "Liberazione" oggi, 13.5.2011) Patto per la crescita. Questo è il titolo con cui è stato annunciato dalla stampa il documento votato poi a maggioranza dal direttivo della Cgil. La sintesi, per quanto brutale, chiarisce il senso negativo di questa scelta. La Cgil fa propria la priorità della “crescita”, sulla quale si stanno orientando non solo le posizioni della Confindustria, ma tutta la politica economica dell’Unione Europea, del sistema bancario, del Fondo monetario internazionale. E’ una scelta profondamente sbagliata che, al di là delle cautele e delle attenuazioni di circostanza, accetta che la crisi possa essere affrontata con il rilancio dell’attuale modello di sviluppo. (...)

Tutti vogliono la crescita, ma la crescita di che? Quella dei salari, quella dei diritti sociali, quella dell’area dei beni comuni e dell’economia sottratta a una produzione di massa che distrugge tanto la salute delle persone quanto quelle del pianeta, oppure la crescita del Pil secca e brutale? Non si scappa da questo punto e assumere oggi la priorità della crescita significa inevitabilmente diventare subalterni alla strategia della competitività, della produttività, del profitto a tutti i costi che oggi anima gli indirizzi della Confindustria e dei principali governi europei.
Non è un caso che da questa scelta derivi sul piano sindacale il secco ridimensionamento del contratto nazionale. Per la prima volta il direttivo della Cgil auspica un contratto “meno prescrittivo e più inclusivo” che, tolto il sindacalese, vuol dire un contratto nazionale più leggero, che abbassi il livello delle tutele e dei diritti nella speranza di allargare l’area dei lavoratori compresi in esso.
Questo significa sposare una vecchia tesi, mai provata dai fatti. Quella dei vasi comunicanti dei diritti, per la quale si spera di estendere un po’ di tutele ai precari, ai disoccupati, al lavoro nero, abbassando la qualità e la quantità dei diritti medi per tutti. Questa teoria alimenta la campagna contro il “privilegio” di chi ha ancora la tutela dell’articolo 18 e che, non essendo licenziabile, non può essere sostituito da un giovane precario. La Cgil non ha mai sposato queste teorie, e non lo fa tuttora, ma il documento apre inevitabilmente ad esse dal momento che indebolisce complessivamente il ruolo e il peso del contratto nazionale. Di cui vengono ridotte la funzione salariale così come quella normativa, in particolare sugli orari e le flessibilità. Si apre così la via alla cosiddetta articolazione della contrattazione, che nei fatti significa dare spazio alle deroghe “contrattate” dalle Rsu, soprattutto quando sono sotto ricatto occupazionale.
La Cgil respinge le clausole di responsabilità, con cui Marchionne in Fiat attenta alle libertà costituzionali dei lavoratori. Tuttavia accetta l’idea che ci sia una “esigibilità dei contratti”. Parola terribile questa, che nel linguaggio delle imprese significa una sola cosa: una volta che qualcuno ha firmato, non puoi più discutere, né tantomeno rifiutare.
Si apre così la via, come ha denunciato nel suo intervento contrario al documento Maurizio Landini, alla generalizzazione del sistema delle deroghe.
Oltre alle evidenti obiezioni di merito, c’è anche una fortissima obiezione politica a questa scelta della maggioranza della Cgil. Anche questa è stata argomentata nel direttivo, in particolare da Gianni Rinaldini. Che ragione c’era, dopo uno sciopero che ha dato un importante segnale di combattività di massa, che ragione c’era di proporre questa svolta? E’ stato detto forse nelle piazze del 6 maggio che si scioperava per il ritorno alla concertazione e per il patto sociale? E’ chiaro che questa scelta, giustificata con il solito motivo che la Cgil non può non avere una proposta, si dà una torsione negativa a tutto il movimento di lotta che si è sviluppato in quest’ultimo anno, a partire da Pomigliano. E’ tutto da discutere che questo movimento si sia sviluppato per arrivare al contratto leggero e a un nuovo sistema di regole finalizzato alla produttività e alla crescita. A me sembra, al contrario, che l’anima vera e profonda di questo movimento, sia stato il no al modello proposto dalla Confindustria e dalla Fiat, il no alla flessibilità e alla produttività come vie principali per la crescita, il no insomma al modello Marchionne non solo nella fabbrica, ma nella scuola, nella cultura, in tutta la società. Ci sono stati arretramenti in questa battaglia, difficoltà, sconfitte dolorose come alla Bertone. Ma l’anima vera del movimento di lotta è stata questa. Quella che chiedeva una piattaforma di cambiamento sociale fondata sui diritti e le libertà e non un nuovo patto con la Confindustria.
Con questa accelerazione moderata la maggioranza della Cgil ha riassorbito tutte le sue articolazioni interne e ha messo di nuovo ai margini la maggioranza della Fiom e la minoranza congressuale, che hanno votato contro.
Bisogna allora prendere atto che, pur tra conflitti e contraddizioni, è in atto un processo che punta alla sostituzione di Berlusconi con una concertazione politica e sociale di stampo neocentrista. La maggioranza della Cgil, con il suo documento, entra in questo processo politico. E’ vero che le confusioni del governo, le rigidità e gli applausi agli omicidi dell’assemblea della Confindustria, non rendono vicinissimo un nuovo accordo. Verso di esso però marcia la maggioranza della Cgil. Ed è questa una direzione di marcia pericolosa e anche sbagliata nella prospettiva, perché non solo l’Italia, ma tutta l’Europa è colpita dalla crisi del modello di sviluppo, dalle catastrofi sociali che provocano le politiche liberiste di risanamento quali quelle che stanno massacrando la Grecia, dall’assenza di una vera strategia di cambiamento sociale.
La mossa della Cgil può forse servire a rimettere nei giochi della politica la principale confederazione italiana, ma non affronta minimamente i drammatici problemi sociali del mondo del lavoro, la caduta dei salari e dei diritti, l’aggressione alla libertà dei lavoratori che si sta scatenando.
Il voto del direttivo della Cgil è sul piano sindacale l’equivalente degli indirizzi politici del Partito Democratico. Non coincide in tutto con essi, ma la direzione di marcia è quella. Alla base di quella scelta sta l’idea che si possa sostituire Berlusconi rendendolo inutile anche per le imprese, con un nuovo patto con questa Confindustria, questo sistema di potere economico, questo modello di sviluppo. Un’idea che comporta inevitabilmente la normalizzazione dell’opposizione sociale.
Di fronte a questo passaggio tutte e tutti coloro che, nel sindacato e nei movimenti credono e pensano ad un’altra prospettiva, oggi hanno il dovere di ritrovarsi per contrastare queste scelte e per costruire una piattaforma alternativa ad esse.

martedì 10 maggio 2011

Fischi plebei e applausi confindustriali





Appena in Italia qualcuno fischia qualche autorità o qualche esponente politico, economico, sindacale, succede lo scandalo. Tutto il palazzo si scatena per condannare i fischiatori e per assolvere i fischiati. Il fischio, contrariamente a quanto sosteneva il Presidente Pertini, non è considerato un’espressione di libertà ma una violenza. Si dimentica così che solo nelle dittature si applaude sempre.
Ci sono anche applausi che fanno scandalo. Quando dei giovani teppisti hanno applaudito un loro amico reo di aggressioni violente mentre veniva arrestato, c’è stata la pubblica condanna. Lo stesso avviene quando in un quartiere degradato c’è chi solidarizza con il criminale nel momento dell’arresto. Ma qui siamo nell’ambito delle condanne rivolte mondo all’emarginazione sociale e civile, si disprezzano gli applausi plebei.
All’assemblea della Confindustria la Presidente Emma Marcegaglia, ha affermato che la condanna per la strage della ThyssenKrupp è troppo pesante e che così le aziende sono costrette a lasciare il Paese. La platea di 5.000 industriali ha risposto tributando un applauso lungo e caloroso all’amministratore delegato della Thyssen, presente in sala, che è stato condannato per pluriomicidio con dolo eventuale. Questi applausi a un condannato per omicidio, sollecitati di fatto dalla Presidenza della Confindustria, hanno ricevuto pochissime condanne nel Parlamento italiano..Gran parte del mondo politico e purtroppo anche di quello sindacale, non ha detto nulla. Oltre che la libertà di licenziamento e quella di cancellare i contratti di lavoro, oggi lor signori hanno anche la libertà di applaudire i colpevoli di omicidio.
Pensiamo a questo e indigniamoci contro tutta l’ipocrisia politica e istituzionale che condivide o consente questo degrado.

                                                     La RSU FIOM-CGIL

lunedì 9 maggio 2011


Comitato centrale 9 maggio 2011

Al termine dei lavori del Comitato centrale sono stati presentati due documenti che sono stati votati in contrapposizione.
Il documento presentato da Maurizio Landini, segretario generale Fiom, è stato approvato con 106 voti a favore, quello presentato da Fausto Durante ha raccolto 29 voti a favore.
Si sono astenuti 15 componenti il Comitato centrale.

Documento presentato da Maurizio Landini, Segretario generale Fiom

Il Comitato centrale della Fiom-Cgil esprime grande soddisfazione per la riuscita dello sciopero generale del 6maggio, la straordinaria partecipazione nelle manifestazioni territoriali e il positivo rapporto instaurato con i giovani, i precari, gli studenti, i movimenti e le associazioni impegnate per il referendum del 12 e 13 giugno.
Tale risultato richiede alla Cgil di proseguire nella mobilitazione per riunificare le lotte sociali in corso.
Lo sciopero generale ha avuto la forza di rimettere al centro il lavoro, la democrazia, la lotta alla precarietà, il valore del Contratto nazionale e delle libertà sindacali messi in discussione dalla pratica degli accordi separati, dall'oltranzismo della Fiat, dalle concrete azioni della Confindustria e delle Associazioni imprenditoriali.
La riuscita dello sciopero generale rafforza la necessità di contrastare le politiche del Governo, al fine di produrre un reale cambiamento politico, sociale ed economico. La qualità del lavoro, la riforma fiscale, uno stato sociale davvero universale, una politica pubblica che coniughi sapere, innovazione, sostenibilità ambientale sono le fondamenta su cui costruire l'uscita dalla crisi per il nostro Paese.
Il Comitato centrale considera gravi le affermazioni fatte dalla Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, alle assisi di Bergamo, perché quando si propone che le imprese possono scegliere di applicare in alternativa il Ccnl o un Contratto aziendale, quando si dichiara che dopo la sentenza Thyssen nessuno farà più investimenti in Italia, quando si sostiene il Governo per impedire in modo truffaldino che si svolgano i referendum del 12 e 13 giugno, tutto ciò prefigura un'idea autoritaria di uscita dalla crisi, accompagnata da una radicale modifica dei rapporti contrattuali e sociali a danno delle libertà individuali, sindacali, della salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il rispetto delle leggi e dei Contratti nazionali sono per la Fiom la base su cui costruire un nuovo modello di relazioni e non, invece, un impedimento alla competitività.

Contratto 2008

Il Comitato centrale della Fiom-Cgil considera un fatto di notevole importanza che i ricorsi presentati contro l'accordo separato del 2009, abbiano visto emettere decreti, da diversi tribunali del nostro Paese, che confermano la validità del Ccnl del 2008, condannano per comportamento antisindacale le imprese che non lo applicano e che vogliono fare discriminazioni sui trattamenti economici.
Questo primo risultato rafforza l'impegno a presentare in tempi previsti la piattaforma per rinnovare il Ccnl del 2008, riconquistando un vero Ccnl unitario sulla base delle linee e del percorso deciso nell'Assemblea nazionale delle delegati e dei delegati della Fiom-Cgil a Cervia. A tal fine è convocata una specifica riunione del Comitato centrale per il mese di maggio 2011.
Il Comitato centrale della Fiom-Cgil condivide la proposta avanzata dalla Segreteria nazionale a Federmeccanica, Fim e Uilm per realizzare prioritariamente un'intesa sulla rappresentanza e la validazione democratica delle piattaforme e degli accordi nella nostra categoria, in alternativa alla pratica degli accordi separati.
Il Comitato centrale della Fiom-Cgil impegna tutte le proprie strutture a uno sforzo straordinario per realizzare tramite accordi aziendali e territoriali la conferma dell'applicazione del Ccnl del 2008, del resto già stipulati nelle aziende in numerosi territori, per migliaia di metalmeccanici.

Vertenza Fiat

Il Comitato centrale Fiom-Cgil conferma le decisioni, i giudizi e gli orientamenti già espressi sulla gravità delle scelte e delle azioni che la Fiat sta perseguendo nel settore dell'auto nel nostro Paese.
Il Comitato centrale Fiom-Cgil condivide la scelta compiuta dalla Segreteria nazionale di presentare presso il Tribunale di Torino un ricorso contro la Fiat, affinché sia accertata la violazione delle norme legislative in materia di trasferimento di impresa e del carattere antisindacale della Newco costituita a Pomigliano.
Il Comitato centrale Fiom-Cgil ribadisce la contrarietà alla chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. A Tal fine anche la Fiat in un ottica di responsabilità sociale deve fornire soluzioni industriali capaci di garantire continuità produttiva e difesa dei livelli occupazionali.
Il Governo e le Istituzioni coinvolte devono immediatamente convocare un tavolo per verificare le concrete fattibilità dei progetti presentati.
Il Comitato centrale Fiom-Cgil, in tale contesto, condivide le scelte compiute in questa fase negli stabilimenti Fiat, da Melfi alla ex Bertone, in particolare nel caso di quest'ultima, le scelte compiute e condivise hanno permesso di sventare il doppio ricatto della Fiat, di evitare il licenziamento di quei 1.000 lavoratori, di svuotare di significato un finto referendum che non permette un libero pronunciamento delle lavoratrici e dei lavoratori,mantenendo aperta la vertenza generale di tutta la Fiom nei confronti della Fiat: la Fiom non firma e contrasterà tale accordo separato.
Del resto la vera novità dell'azione Fiat sta nel tentare di applicare stabilimento per stabilimento un accordo aziendale separato, senza la firma della Fiom, sostitutivo del Ccnl, in cui non esistono più le Rsu e si limita il diritto di sciopero.
Per queste ragioni il Comitato centrale della Fiom-Cgil condivide la decisione del
Coordinamento Fiat di proseguire la vertenza Fiat a partire dagli stabilimenti meno colpiti dalla Cig, rivendicando e anticipando il confronto sulle scelte di politica industriale e di investimento.
E' inoltre necessario che la risposta all'attacco alle libertà e alle agibilità sindacali avviato dalla Fiat nei confronti delle delegate e dei delegati della Fiom diventi un'iniziativa di carattere generale, anche attraverso forme di sostegno di tutta la categoria.
Il contrasto alla strategia della Fiat e la riconquista di un vero e unitario Ccnl sono per la Fiom parti di un'unica azione contrattuale che richiede una forte unità di azione e solidarietà interna ad ogni livello e in questo spirito il Comitato centrale della Fiom assume la relazione e le conclusioni.
 
Lo sciopero è riuscito dappertutto, nonostante le difficoltà e l’attacco continuo ai diritti del lavoro e anche le debolezze nella sua preparazione. Lo sciopero ha mostrato una volontà di lotta che tocca milioni di persone. E’ un segnale importante e non scontato. Si vuole continuare, non ci si vuole arrendere, non si vuole accettare la politica economica disastrosa del governo e, assieme ad essa e corollario di essa, l’attacco ai diritti e alle libertà del lavoro condotto da Marchionne e dalla Confindustria. Chi ha scioperato, chi è sceso in piazza, lo ha fatto contro il governo, ma anche contro il padronato, senza particolari e sempre meno comprensibili distinzioni. Questo è il messaggio che viene da questa giornata. Bisogna continuare sia rispetto alle scelte del governo, sia contro l’attacco ai contratti e ai diritti. (...) Non è all’ordine del giorno un ritorno alla concertazione ma bisogna ricostruire il potere contrattuale e i diritti del mondo del lavoro, mentre si lotta per una diversa politica economica e sociale. Il governo ieri ha fatto capire che le responsabilità della crisi sono della Confindustria. La Confindustria domani dirà che le responsabilità sono del governo. La verità è che Confindustria e governo sono solidali entrambi nella responsabilità di aver affrontato la crisi economica con il taglio ai diritti sociali, con l’attacco al contratto nazionale e con gli accordi separati, con la ricerca del massimo guadagno mentre si taglia l’occupazione. Se la crisi si è aggravata è colpa loro e delle ricette che hanno utilizzato per affrontarla. Lo sciopero è anche un segnale chiaro che non si può tornare all’unità con Cisl e Uil fino a che queste organizzazioni non cambiano strada rispetto al governo e al padronato. Tutte e tutti coloro che hanno scioperato e sono scesi in piazza hanno mandato un messaggio chiaro: si va avanti contro il governo e la Confindustria anche senza Cisl e Uil.

sabato 7 maggio 2011

ANCONA 6 MAGGIO SCIOPERO GENERALE








Sciopero generale, la Cgil scende in piazza

SCIOPERO GENERALE DEL 6 MAGGIO

“Siamo in presenza di un’emergenza democratica.” Lo ha detto Maurizio Landini, Segretario generale della Fiom-Cgil, che ha preso la parola a Reggio Emilia nel corso del comizio con cui si è conclusa la manifestazione provinciale ivi organizzata nell’ambito dello sciopero generale proclamato per oggi dalla Cgil.
“La riuscita dello sciopero generale e la straordinaria partecipazione che si è avuta in ognuna delle decine di piazze in cui si sono svolte oggi le nostre manifestazioni - ha proseguito Landini - ci chiedono di continuare questa battaglia per il lavoro, la democrazia, i diritti nel lavoro e il Contratto nazionale, oltreché per cambiare il Governo di questo Paese e contrastare le azioni confindustriali. Dobbiamo difendere la nostra Costituzione. Occorre rappresentare i giovani e combattere la precarietà. Per questo la Cgil deve offrire un terreno di riunificazione delle lotte e dei diritti nel lavoro.”
“Bisogna combattere - ha sottolineato Landini - la pratica degli accordi separati. Servono un’intesa e una legge sulla rappresentanza. La democrazia, cioè il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di votare in modo libero le piattaforme e gli accordi, è la condizione per ricostruire l’unità sindacale.”
“Il contrasto al progetto della Fiat, che vuole uscire dal Contratto nazionale, cancellando le libertà sindacali - ha detto ancora Landini - continua perché ha un valore generale. Non è accettabile e non è vero che per investire in Italia sia necessario cancellare diritti e contratti e non applicare le leggi. La vicenda Bertone indica un’intelligente capacità dei lavoratori di uscire dal ricatto e di tener aperta e sostenere, insieme alla Fiom e alla Cgil, la lotta per aprire una vera vertenza in Fiat.”
“Denunciamo infine l’assenza - ha concluso Landini - di una politica industriale degna di questo nome, in assenza della quale il nostro sistema produttivo arretra e si corre il rischio di cancellare definitivamente migliaia di imprese e di posti di lavoro.”

mercoledì 4 maggio 2011

Prove di vendita per la Industrial così Marchionne rafforzerà Chrysler

Fonte: SALVATORE TROPEA - la repubblica | 04 Maggio 2011

Contatti con Obama e banche. Gruppo Usa, rating ok e vendite +22% Parte delle risorse ricavate dalla cessione, verrebbero reinvestite da Exor
TORINO - Arrivare alla Chrysler anche attraverso Fiat Industrial. E´ la mossa che studia Sergio Marchionne su uno scacchiere sul quale sta giocando anche il governo americano, e con le agenzie di rating Moody´s e Standard & Poor´s che gli danno una mano. Se glielo si chiede, lui continua a dire che non ci pensa nemmeno. Ma ci pensa, eccome. Al punto da avere affidato di recente a un gruppo di banche l´incarico di trovare un acquirente per la società che raggruppa CNH e Iveco dopo lo spin off di inizio 2011. Per Fiat industrial c´è stata già nella seconda metà del 2010 qualche avance da parte di Daimler, mai smentita con decisione dagli interessati, ma si cercano anche altri possibili acquirenti. L´idea trasmessa dall´ad del Lingotto alle banche è che sarebbe bene si trattasse di un gruppo dell´eurozona per evitare critiche aggiuntive a quelle sul trasferimento di Fiat negli Usa. In questa operazione Marchionne avrebbe il sostegno della famiglia Agnelli e, soprattutto, di quella parte che, dopo l´operazione Gm, è convinta che egli sia il migliore dei «venditori» possibili e che, avendo come obiettivo quello di monetizzare, è pronta a incassare almeno una parte di quanto si potrà ricavare dalla cessione di Fiat industrial. E non sarà una cifra di poco conto, trattandosi di un gruppo diversificato (camion, trattori e macchine movimento terra) presente su gran parte dei mercati mondiali. E al quale, da quanto si sa, sarebbero interessati alcuni importanti fondi d´investimento. Tutto questo per fare che cosa e entro quando? Ecco la seconda mossa di Marchionne, che porta a un recente contatto tra lui e Barak Obama. Propiziato dai collaboratori più stretti del presidente americano, in questo contatto il numero uno di Fiat-Chrysler avrebbe promesso di impegnarsi a fare grande l´industria americana dell´auto in modo da aggiungere punti importanti alla rielezione di Obama. Del resto la rifinanziarizzazione del debito che Chrysler ha col governo Usa (in misura più limitata anche con quello canadese) consentirà a Marchionne di restituire in anticipo 7 miliardi e questo è un passo che, in tempi di elezione, conterà molto in un Paese che non ama l´idea di uno stato imprenditore soprattutto se lo è con i soldi dei contribuenti. Tale disponibilità avrebbe avuto una sostanziale contropartita, nel senso che Obama avrebbe detto al segretario del Tesoro, Tim Geithner di mettere a disposizione del ceo di Fiat e Chrysler ciò di cui ha bisogno. Questo «amore reciproco» ruota attorno all´industria dell´auto ed è finalizzato a risultati non lontani nel tempo: al massimo la seconda metà di quest´anno. Questo spiega anche perché ieri Moody´s ha assegnato la valutazione «b2» con outlook positivo a Chrysler (che ad aprile ha aumentato le vendite del 22%, record dal 2008, con un boom della 500: +76%) riferimento all´emissione di bond per rifinanziare il proprio debito e «ba2» al prestito di 3,5 e 1,5 miliardi di dollari. Mentre S&P ha assegnato un «b+» con outlook stabile, business «debole» e rischio «aggressivo» ma con prospettive di un 2012 ancora redditizio per la società sul mercato Usa. Due giudizi che, ieri, in America, Marchionne ha letto come il riconoscimento degli sforzi fatti per il risanamento e per il piano di restituzione dei prestiti da «una società che da tredici anni è assente dagli schermi radar della comunità finanziaria». Ma se Obama mira alla rielezione, qual è la contropartita di Marchionne? Chi lo conosce bene assicura che si accontenta di ritagliarsi il posto di «conducator» di questa operazione epocale, diventare un Lee Jacocca in versione XXI secolo. Possibilmente con un finale diverso. Insomma il grande capo di un impero che punta alla conquista dei mercati mondiali. Per quale strada? La risposta dovrebbe fornirla appunto la vendita di Fiat industrial, i cui proventi in parte potrebbero andare alla famiglia Agnelli perché li utilizzi, come ha confermato il presidente John Elkann, in investimenti tramite Exor in Cina, India Brasile. In parte potrebbero essere però destinati a Fiat-Chrysler dal momento che, anche dopo la fusione, il nuovo colosso avrà bisogno di risorse per sostenere il suo sviluppo futuro. Soldi che solo in parte potranno arrivare dalle vendite dei nuovi prodotti lanciati in questi mesi.

Fiat. La Conferenza stampa di Maurizio Landini sulla vertenza Fiat e sulla situazione generale in cui tale vertenza si inquadra

martedì 3 maggio 2011

LA MOSSA DEL CAVALLO DELLA FIOM di Loris Campetti

  • Non si tratta di un colpo di teatro ma di una mossa del cavallo, difficile quanto coraggiosa: le Rsu Fiom della Bertone hanno chiesto ai loro lavoratori di votare sì al referendum truffa di Sergio Marchionne. Più che un referendum, un odioso ricatto: o accettate il contratto di Pomigliano che cancella il contratto nazionale di lavoro oppure rinuncio a investire sulla Bertone e vado a produrre altrove, le alternative in Italia o nel mondo non mancano. Come a Pomigliano e Mirafiori? No, peggio, perché la Bertone è stata presa dalla Fiat dopo sei anni di cassa integrazione, in amministrazione controllata. Ciò significa che se Marchionne riconsegnasse ai commissari «liquidatori» l'azienda, come ha già fatto sapere, verrebbero tutti licenziati perché gli ammortizzatori sociali sono finiti. E licenziati dallo stato, per di più, con la Fiat che se la caverebbe con un'ammenda.
    Un «atto di legittima difesa», lo chiama Maurizio Landini al termine dell'affollatissima assemblea nella fabbrica di Grugliasco. «Marchionne ci aveva puntato la pistola alla tempia e noi abbiamo tolto il proiettile», ci dice ai cancelli un operaio della Fiom, come del resto i due terzi dei dipendenti che hanno in tasca la tessera del sindacato metalmeccanici Cgil. Dunque, Pino Viola, Rsu Bertone, ha aperto l'assemblea nel silenzio generale per chiedere ai suoi una scelta generosa, e al tempo stesso ha chiesto alla Fiom nazionale di non firmare quell'accordo che neanche è un accordo in cui si scambia il lavoro con i diritti. E ha aggiunto che dopo il voto i 10 delegati Fiom (su un totale di 15) rassegneranno le dimissioni e chiederanno che le Rsu vengano rielette.

    Per un fatto, straordinario, di democrazia: «Gli operai ci avevano dato il mandato di difendere lavoro e diritti, noi non ci siamo riusciti, nessuna vera trattativa si è aperta - ci dice Pino ai cancelli - e dunque è giusto restituire la parola ai lavoratori, e non con un referendum truffa ma per una scelta democratica».
    Marchionne è pronto a liberarsi di ogni ostacolo, sindacato o fabbrica in Italia che non rispondano alle sue pretese. Gli investimenti li fa negli Stati uniti, è oltre Atlantico che vede e tenta di costruire il futuro della società Chrysler-Fiat. Basta fare un giro intorno a Mirafiori: alla porta 5, quella della palazzina centrale, sono stati sempre esposti due modelli Fiat, da qualche giorno invece ci sono due jeep Chrysler made in Usa. Il fatto è che Marchionne cerca di scaricare le sue scelte (di dismissione) sugli operai e sulla Fiom. Dello stesso parere è il segretario generale Landini, e questa convinzione lo rafforza nel sostegno alla decisione dei delegati Fiom della Bertone: «Non c'è una scelta per i lavoratori, qui alla Bertone, ma solo un diktat. Per questo noi sosteniamo la decisione di spuntare l'arma di Marchionne e, al tempo stesso, di non firmare nulla, anzi andremo avanti sul terreno giudiziario. La causa contro il contratto di Pomigliano sarà discussa il 18 giugno».
    Quando in assemblea, dopo Pino Viola, ha spiegato questa posizione, Landini ha raccolto gli applausi convinti di 400 lavoratori. Cosa che non è capitata ai dirigenti della Uilm e della Fim, spiazzati dalla decisione della Fiom. «La nostra è una comunità molto unita - raccontano gli operai ai cancelli - e non potevamo accettare di farci dividere dal padrone tra chi votava no per dignità e chi votava sì per disperazione». Durante l'assemblea, ai cancelli è arrivata la moglie di un operaio che aveva appena tentato il suicidio: «È entrato in depressione quando la Fiat ha detto che non avrebbe anticipato i soldi della cassa integrazione (poi finalmente il ministro ha firmato e il problema si è risolto, ma la Fiat non ha risparmiato ai suoi dipendenti neanche questa minaccia, ndr) ed è peggiorato quando intorno a lui le persone hanno cominciato a dirgli che doveva votare sì». L'operaio è ricoverato in prognosi riservata in ospedale.

    Come sussurra Luciano, un vecchio compagno della Cgil, «i tanti sì della Bertone dovranno pesare come un'enorme macigno nella coscienza di Marchionne e della Fiat».
    1070 dipendenti, operai e operaie specializzate in produzione automobilistica di alta qualità di cui quasi 300 in distacco in altre fabbriche, uniti nel difendere la loro azienda dalle mire liquidatorie e speculative del vecchio padrone per sei anni, vissuti a 800 euro al mese, tanto guadagnano anche ora questi cassintegrati. Eccola la Bertone che Marchionne vuole sterilizzare o vendere, dopo averla acquistata per 12 milioni dai commissari e averla capitalizzata per una cifra quattro volte superiore. Da Landini al delegato, dall'operaio all'operaia, ai cancelli dicono tutti la stessa cosa: «Questo non è un referendum ma un ultimatum. Non riconosciamo validità a un ultimatum ma non daremo alla Fiat l'alibi per scappare dall'Italia e metterci in mezzo alla strada». «Chi dice che la Fiom è spaccata in due non capisce o non vuol capire - aggiunge Pino - ma noi lo spiegheremo a tutti come stanno le cose. Dovevamo forse accettare di farci dividere dal padrone? Tutti noi pensiamo che il diritto di sciopero è sacro, e alla Fiom chiediamo di andare avanti con le cause e non firmare. Non è accettabile che sulle nostre spalle si scarichino responsabilità non nostre. Tra i delegati Fiom la scelta è stata all'unanimità, e i lavoratori stanno con noi».

    Qual è, chiedo a Landini, il significato politico della scelta alla Bertone? «Che non possiamo accettare i licenziamenti surrettizi, ma neanche una politica di falsi referendum in cui non c'è possibilità di scelta. La Fiom non cambia linea, né ce lo chiedono i delegati. Non ci stiamo a fare da alibi alla Fiat, non firmeremo e proseguiremo con i ricorsi alla magistratura in difesa del contratto, delle leggi, della Costituzione e dello Statuto». E voi, chiedo a due operai della Fiom che presidiano i cancelli mentre dentro si vota, cosa farete nell'urna? «Voterò sì perché ho fiducia nei miei delegati e nella Fiom, però dovrò bere molto per mandar giù il rospo», risponde uno dei due, l'altro acconsente. Qualcuno non ce la farà a votare sì, a fare la mossa del cavallo. È normale. Ma i sì vinceranno. Sì che invece non vanno giù a Vittorio Bellavita, segretario nazionale Fiom, che con Giorgio Cremaschi denuncia la scelta della Bertone. C'è anche qualche malumore più pesante, c'è chi parla, (straparla, secondo un delegato di questa fabbrica), di un «8 settembre» della Fiom. 
    Oggi si chiuderanno le urne, qualunque sia il risultato, Marchionne dovrebbe vergognarsi pensando a quell'operaio in prognosi riservata.