C'è una parola che va per la maggiore in casa Fiat, suona bene, muove l'immaginario collettivo. Questa parola è Newco, che in realtà vuol solo dire nuova società. Per fare una nuova società bisogna chiudere quella vecchia e quindi riassumere in base a nuove regole chi ci lavorava. Mica tutti. Le nuove regole e le nuove società, si dicono neanche a bassa voce capi e capetti al servizio di Sergio Marchionne (le mosche del capitale), servono principalmente a una cosa: defiommizzare la Fiat, fare le pulizie pasquali in tutti gli stabilimenti per liberarsi di ogni resistenza e intelligenza critica e autonoma. Roba da far rimpiangere i tempi del ragionier Valletta, che su ordine e con gli assegni dell'ambasciatrice americana Luce aveva cancellato il Pci e la Fiom dalle fabbriche del senatore Agnelli, spaccato il sindacato, inventato sindacati gialli. Adesso per Marchionne l'operazione sembrerebbe addirittura più semplice: il sindacato giallo c'è già, lo stesso inventato negli anni Cinquanta con il nome cambiato, da Sida a Fismic. C'è un sindacato ex fascista che è l'Ugl e ci sono due sindacati complici pronti per l'uso, Fim e Uilm che scimmiottano Marchionne, fino a sostenere che quel che dice il capo loro l'avevano già pensato. Defiommizzare. Fa una certa impressione l'idea che in un paio d'anni l'Italia si possa riempire di fabbriche gialle, almeno quelle non ancora chiuse. Perché se continua così, con la Fiat che in un mercato europeo in sofferenza continua a perdere quote perché non ha modelli e non perché c'è la Fiom, le cose si mettono male per chi ci lavora. Del resto, cosa ha detto Marchionne a «Che tempo che fa»? Che l'Italia gli abbassa la media del fatturato e dei profitti - ma non della sua busta paga. Per carità, la Fiat non vuole andarsene dall'Italia ma pretende alcune condizioni: tutto il potere, flessibilità totale della manodopera e dimezzamento dei diritti. Per via legislativa come sta facendo il governo e con le Newco alla Pomigliano. Newco in cui, nell'intenzione del Lingotto, i rompiballe che pretendono diritti non metteranno piede. A Mirafiori, il cui futuro è appeso a un mercato sempre più defiattizzato e alle decisioni di un despota, si potrebbe fare una Newco modificando non solo nome e leggi ma anche la proprietà: non più Fiat ma Fiat-Chrysler, o più probabilmente viceversa. Mirafiori non più quartier generale della multinazionale italiana dell'auto ma la più grande fabbrica Chrysler in Europa. Intanto si fanno le prove generali, si sondano gli alleati sindacali che non vedono l'ora di fare come a Pomigliano, magari aggiustando un po' l'accento. Ieri Fim, Uilm, Fismic, Ugl e addirittura l'associazione dei capi e quadri hanno fatto le assemblee nella fabbrica torinese e si sono trovate di fronte a una sorpresa: anche i loro operai pretendono tracce di democrazia, e magari un referendum sugli accordi che li riguardino. Oggi si terranno le assemblee della Fiom ma Marchionne se ne fotte, solo ieri ha ribadito che lui con la Fiom - che nel gruppo Fiat rappresenta il 35% dei dipendenti - non vuole discutere e trattare. Facendo così andare su tutte le furie la nuova segretaria della Cgil, Susanna Camusso, che già il giorno prima aveva dovuto incassare l'intollerabile rifiuto di Marchionne di aprire un tavolo con sindacati e governo sul suo piano industriale. Così gli sforzi, condivisibili o meno ma certo rispettabili di ricucitura con Cisl e Uil e di interlocuzione positiva con i padroni di Camusso rischiano di essere bluciati dentro un conflitto di classe in cui l'avversario vuole tutto. Ma non era finita la lotta di classe?
Loris Campetti
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