Caro Sergio
Le scrivo così mi distraggo un po'; parafrasando una famosa canzone di un noto cantautore rispondo alla sua lettera, che come operaio appartenente al Gruppo Fiat in Italia, ho appena ricevuto.
Ma questo non è il tempo delle distrazioni, perché in questo periodo bisogna avere gli occhi ben aperti alla luce degli ultimi fatti che stanno avvenendo in casa Fiat.
Secondo il mio modesto parere, conoscerà pure le realtà al di fuori del nostro Paese, ma non conosce abbastanza bene la realtà, il quotidiano delle fabbriche del Gruppo che Ella guida.
Si vogliono far ricadere sull'operaio i problemi che son venuti in seguito alla crisi mondiale e nel nostro specifico con il famoso WCM.
È a conoscenza del mancato coordinamento tra logistica e attività produttive? Non è muda (spreco) forse il fatto che qualche decina di persone fanno finta di cercare un codice o un particolare?
Non è muda il fatto che una linea di montaggio si fermi per il mancato arrivo di un pezzo?
Per non parlare poi di sicurezza. Al WCM lavorano persone senza alcuna qualifica, magari perché solo volenterosi o che non scioperano mai, ma che progettano attrezzature fatiscenti, che a volte mettono a rischio l'incolumità dell'operaio.
La crisi c'è, si sente ed eccome si sente, a dispetto di qualcuno che diceva che l'Italia era fuori dalla crisi. Ma come possiamo competere con certi paesi in cui il salario è meno della metà del nostro?
Ma perché proprio noi, in nome della crisi, dobbiamo ridurre i nostri salari già abbastanza penalizzati e soprattutto rinunciare ai nostri diritti conquistati dai nostri nonni e dai nostri genitori?
Lei dice che dobbiamo imparare a confrontarci con il resto del mondo, ma è una battaglia impari: in alcuni paesi si accontentano di un piatto di riso pur di lavorare!
Lei ci vuol far tornare agli anni 50. E non è un caso che è stato paragonato a Vittorio Valletta. La strategia della Fiat è chiara: far fuori quella parte di lavoratori che han detto No al referendum di Pomigliano (36%).
Lei voleva un plebiscito, ma così non è stato e per fortuna esistono ancora operai che non si sono lasciati intimorire o sottostare al ricatto del prendere o lasciare con una pistola puntata alla tempia. Il ricatto di qui si fa la Fiat o si muore non funziona.
Lei vuol fare accordi con le parti sindacali che dicono sempre sì e che sono d'accordo su tutto quel che gli si propone.
Gli va bene la riduzione delle pause, la riduzione della mensa nel caso di recupero della produzione, gli va bene l'aumento di produttività, l'aumento di flessibilità, la nuova turnazione con riduzione del tempo-riposo tra un turno e l'altro.
Gli va bene perfino che quest'anno il premio di produzione è pari a zero, mentre per gli azionisti c'è stato un dividendo.
Vuol abolire il diritto allo sciopero? Lavorare a testa bassa senza alzarla e basta! Chi protesta è licenziato! È questo il clima che Lei vuole?
Lei dice di volere il dialogo con le parti altrimenti non si va da nessuna parte, ma Le sembra giusto che degli operai debbano andare su di una gru o su un tetto per salvaguardare il proprio posto di lavoro? Siamo arrivati a questo punto.
Quando Lei è stato nominato amministratore delegato del Gruppo, si è presentato con un look diverso: con il suo ormai famoso maglione blu e mi son chiesto che forse era una inversione di tendenza, un a.d. dal volto umano.
A distanza di anni mi debbo ricredere e son sempre più convinto di quel modo di dire che recita: l'abito non fa il monaco!
Mi permetto di darle un consiglio: per un giorno o una settimana si tolga il maglione blu ed indossi la divisa aziendale e sotto falso nome (come hanno fatto alcuni esponenti di casa Agnelli), con una parrucca in testa e baffi posticci (altrimenti sarebbe riconoscibile) faccia una visita a sorpresa, una visita non programmata negli stabilimenti.
Come Lei saprà, con una visita programmata sembra che tutto funzioni a meraviglia ed invece in questo modo si potrà rendere conto di persona e delle situazioni fantozziane che avvengono nelle fabbriche del suo Gruppo.
Un ultimo consiglio: non fumi più le 50-60 sigarette al giorno; il fumo annebbia la vista e Le impedirebbe di vedere i problemi reali del suo Gruppo.
Distinti saluti.
Mi chiamo BUBOSKI(non e' il mio vero nome,ma voi chiamatemi cosi.)
RispondiEliminaAnch'io vorrei dire la mia.
Sicuramente la lettera scritta dal lavoratore,credo che non abbia bisogno di commenti,parla da se.Esprime preoccupazione e rabbia.Il mio messaggio e'questo:ora piu che mai dobbiamo essere uniti,il tempo dei giochi e' finito da un pezzo.Qui non riguarda solo NOI,ma riguarda TUTTI,e chi pensa di stare in una botte di ferro,vi assicuro che fa un errore madornale.Qui non si tratta solo di difendere il nostro posto di lavoro,ce' qualcosa di piu profondo:si tratta di difendere i nostri diritti,di non farci togliere quello che abbiamo costruito con tanti sacrifici.
Per il momento mi fermo qui,comunque anch'io vorrei dire due paroline a Marchionne,anzi porgli una domanda:SIGNOR MARCHIONNE,
QUEL MAGLIONE CHE TI PORTI SEMPRE DIETRO(SE LE POSSO DARE DEL TU??!!)E CHE TI SI VEDE SEMPRE IN TELEVISIONE,NON E' ORA CHE LO METTI A LAVARE??
NON SE LA PRENDA SIGNOR MARCHIONNE,E' UNA BATTUTA!!!
CORDIALI SALUTI DA
BUBOSKI.
Intanto (fresca fresca ( arriva questa notizia:
RispondiEliminaREPRESSIONE FIAT
TERZO OPERAIO LICENZIATO
Giovanni Musacchio ieri alle 14.00 stava
entrando nello stabilimento Fiat Powertrain
di Termoli. Ma all’ingresso gli hanno detto che
c’era una lettera per lui: licenziato. Il 22 giugno
scorso Musacchio aveva partecipato alla
manifestazioni di Pomigliano in occasione del
referendum. Fiat non ha gradito la trasferta
allegando alla lettera le fotografie del
dipendente apparse su siti e giornali,
contestandogli di aver chiesto un permesso per
motivi personali, mentre poi quel giorno sarebbe
andato a protestare in Campania. Per i sindacato
è “un atto ignobile e di abbaglio clamoroso”.
Precisa Vittorio Granillo dei Cobas: “Musacchio è
rimasto con la figlia malata, c’è il certificato
medico a dimostrarlo. Solo più tardi, in serata, è
andato a manifestare. Fiat, non riuscendo ad
avere consenso, passa alla repressione”. Fiom ha
deciso due ore di sciopero per venerdì 23 e un
(C.P.)
incontro con i parlamentari per il 28.
da "Il Fatto Quotidiano"21072010